Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

La grande riflessione romantica sulla natura e l'intuizione creatrice, mediata dal linguaggio poetico, che si era scontrata con una profonda discontinuità della parola (Coleridge) come un tratto di divisione, una distanza dal significato, si organizza nell'impresa di Hopkins e supera la difficoltà, non con le forme dell'incantazione e del naturalismo vitalistico assunte dal romanticismo, ma con un ritorno alle grandi radici del pensiero occidentale: Parmenide, Platone, e il Cristianesimo della patristica, in particolare di Duns Scoto. L'assunzione nel corpo glorioso di Cristo di ognuno dei tre regni separati, la natura, le parole, l'energia del poeta poetante, è l'arco di volta, l'ardito ponte gettato con il ben temperato strumento della rima dai sonetti della natura e di Dio, tutti del 1877, e dal poema epico sacro «The Wreck of the Deutschland». D'un salto quei mondi perfettamente organizzati in se stessi si congiungono in una scrittura che ha affinamento ed energia da un lungo processo storico confluente, e ora elettrizzato nell'istantaneo convogliarsi sulla pagina d'una «presenza reale»: è la scrittura dell'Incarnazione e della Resurrezione della carne11 • È il miracolo del Verbum. Ma è un attimo. Un anno. Una decina di sonetti. Poi c'è come una perdita di spazio, i sistemi si richiudono su di sé: se· l'energia divina non attraversa con il suo stress, con la sua grazia (come un forte accento nella battuta) simultaneamente mondo, parola e poeta, ogni cosa raggela. All'estensione gloriosa del creato sensibile, dove si incideva direttamente la scrittura poetica (che si incide direttamente sulla superficie della terra, Wordsworth)18 si oppone ora la dilatazione di un tempo sospeso, vuoto, nel quale l'evento miracoloso della grazia manca, lasciando «eunuco del tempo» il poeta senza opera (50)19 • ... quenchèd faster than it carne, Leaves yet the mind a mother of immortal song. Nine months she then, nay years, nine years she long 69

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==