Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

la 'comicità'; e qui dov'è enunciata, nel «sublime» della corte infernale, la lettura può attendere a quel motivo d'ironia, d'irrisione per le faccende (non solo politiche, certo) di questa terra, che è difficile, e un po' imbarazzante, ignorare. Del resto, come tutta la storia, per simulazione e gusto di rifarsi alle maniere dei favolatori, si dà per letta «nelle antiche memorie delle fiorentine cose», l'ironia e una malizia innegabile sono già lì, in quel «santissimo uomo», che viene introdotto come vogliono le carte e i racconti orali, poiché proprio a lui è toccato, nel bel mezzo delle sue orazioni, e «mediante quelle», d'aver visione dell'inferno e delle perfezioni che laggiù, nientemeno, si celebravano. Duplice ironia20 nella figura di un sant'uomo «abstratto nelle sue orazioni»; tutto quel gran concilio infernale ne deriva una vena irridente, che d'altra parte torna fuori esplicita nel paradosso con cui Plutone chiude il suo serissimo ed elevato discorso: «vi abbiamo chiamati acciò che consigliandone ci aiutiate e siate cagione che questo regno, come per lo passato è vivuto sanza infamia, così per lo advenire viva». La sorte «cadde sopra Belfagor». Non si trovò alcun demonio che «voluntariamente prehendessi questa impresa» di uscir nel mondo «sotto forma di uomo» ad appurare le cose di persona, per poi riferire con certezza, e dalla sorte, cui allora si fece ricorso, tutti si sentirono minacciati, poiché, se nutrivano qualche dubbio sulla conclam�ta cattiveria delle donne, della vita sulla terra ne sapevano abbastanza per desiderare di starsene alla larga. La contrarietà è di quelle che sbrogliano il senso di tutta la storia, e toccò, con la cattiva sorte, a Belfagor in questo modo: ancora che male volentieri pigliassi questo 44

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