Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

Sempre nella dimensione della mascherata e del gioco di parole, un altro raccordo emerge dalla onomastica dei personaggi. Se «Fortunato» configura, per effetto della vicenda, un caso abbastanza banale di enantiosemia - tutto fuorché «fortunato» può definirsi il suo destino; «Montreson, mette in capo al suo antagonista riferimenti un po' più complessi. Alla lettera, «mon trésor», con un accento in più, fa circolare l'idea di qualcosa di prezioso e di occultato, da andare a cercare nel fondo della terra; eccoci dunque riferiti all'ordine del «sotterraneo» di cui ho già parlato. Ma il «tesoro» perseguito dal narrante è nient'altro che la vendetta. Il nome proprio contiene l'azione e come una battuta, un doppiosenso, dice ciò che non dice, purché se ne intenda la lettera. Con questi due, s'incrocia un terzo nome, quello di un supposto rivale di Fortunato nella «connoisseurship of wine»: Luchresi. Qui si apre un piccolo problema di grafia. La mia edizione dei racconti, Everyman's Library, porta ripetutamente la forma: Luchresi, così da escludere che sia un refuso. Ma Luchresi, nome ipotizzato italiano da Poe, è in qualche modo un assurdo, con il gruppo «eh» precedente la «r», nella normale grafia della nostra lingua: tanto è vero che di solito i traduttori rettificano in Luchesi o Lucchesi. Ma pure, Luchresi si dà, nel testo. E allora suggerisce che l'anomalia onomastico/ortografica abbia una funzione: di dissestare lievemente e fugacemente il testo sul piano dei suoni e della grafie attesi, come allusione a ciò che può avvenire in superficie e influenzare il senso globale del racconto. _ Un altro filo della tessitura il lettore è invitato a dedurlo dall'uso di formule in lingua straniera: qui il latino: «nemo me impune lacessit», «ignoramus, «in pace requiescat». La propensione di Poe a ricorrere a citazioni e in generale a lessici stranieri - privilegiatamente, al francese - è troppo nota per dovere essere richiamata; ma forse 197

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