Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

teatrali (Spiele) ossia, quelle produzioni poetiche che richiedono un appoggio a oggetti tangibili e che sono suscettibili di venir rappresentate, e i giuochi (Spiele). Donde, a indicare la commedia e la tragedia, Lustspiel (letteralmente: recita o giuoco piacevole) e Trauerspiel (recita o giuoco luttuoso), e l'attore è lo Schauspieler (giocatore che dà spettacolo)» (5, 376). Sono temi che Freud aveva anticipato, circa due anni prima, in Personaggi psicopatici sulla scena: «L'assistere come spettatore al 'ludo' scenico dà all'adulto ciò che il «giuoco» dà al bambino, la cui esitante attesa di poter emulare l'adulto trova in tal modo soddisfazione»... «e gli autori e attori teatrali glielo consentono, permettendogli di identificarsi con un eroe...di sfogarsi in tutte le direzioni nelle varie scene grandiose [sottolineatura mia, M.S.] di cui si compone la vita colà rappresentata» (5, 231-232). In particolare, rispetto alla lirica e all'epica - aggiunge Freud - «il dramma... mira a scandagliare più nel profondo le possibilità affettive... Si potrebbe addirittura caratterizzare il dramma mediante questa sua relazione con la sofferenza e l'infelicità...» (5, 232). Su questo sfondo sembra assumere una sua pregnanza e significatività l'uso linguistico, da parte di Freud, di tutta una serie di espressioni connesse al teatro e alla sua tecnica differenziata nell'ambito della produzione letteraria. Così l'impiego frequentissimo di «scena» (Szene) nella descrizione di casi clinici, a partire da quello della «Signora Emmy van N» negli Studi sull'isteria (1,217), ove anzi Freud riferisce che la sua paziente «durante la narrazione vede davanti a sé le scene corrispondenti, plasticamente e a colori naturali, ... con tutta la vivacità della realtà», e insiste su questa caratteristica («assicurandomi di nuovo " di vedere spesso davanti a sé quelle scene vivacemente e a colori» (1, 218), sottolineando che «questo ricordare con 19

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==