scuote, ott. 39), al Marino serve (soprattutto?) per una �orta di bisticcio tutt'altro che affascinante (di terror doppio il dubbio cor percote); la rima scote: percote rimena poi scuote: percuote (caduta come prima la /u/) dell'ottava ariostesca (: gote). Dobbiamo pensare che altro ha lavorato nel�a memoria del Marino. Non poteva non essere derubato il Tasso della fuga d'Erminia (non occorre render attenti su quel che a sua volta il Tasso prende dall'Ariosto). Basti la prima quartina di G.L. VII 24: E se pur la notturna aura percote I tenera fronde mai d'olmo e di faggio, / o se fera od augello un ramo scote, / tosto a quel picciol suon drizza il viaggio. La costruzione dell'ottava marinesca è in funzione della sua prosecuzione nell'ottava successiva, dove i «pensieri» fioriscono in tre domande (altre verranno) di cui ognuna occupa due versi; sicché, mentre alla prima proposizione «musicale» o tematica (vv. 1-2) tien dietro un'altra coppia di versi, col v. 5 si tende un enunciato dal collo lungo che è figura ritmico-sintattica della suspense. L'avvio chiastico, a cui risponde per figura il v. 8 con la sua scoperta imbottitura labiale, già dichiara la «natura» particolarmente parassitaria del trovare mariniano: verso-incrocio di memorie petrarchesche, ariostesche, tassesche, con se mai passo in luogo di piede (racconta Parronchi che bollono calce e sangue nell'impronta/ del PIEDE umano, in L'arca, era stato cambiato da Montale in bollono calce e sangue nell'impronta/ del PASSO umano, per tornare però, convinto dal nostro amico fiorentino, a piede); ma ecco, nel quinto del Furioso, un avvìo di ottava (41) catturante: Con cor trafitto e con pallida faccia, / e con voce tremante e bocca amara... Ottava, quella del Marino, chiusa nella stretta del chiasmo (a quelli dei vv.l e 8 s'aggiunge, con nuova sede di sostantivi e aggettivi, novo errar sembianze nove 4), eppure procedente senza urti netti di emistichi; non solo nessuna collisione di 6a e 7a fa groppo drammatico, ma nessun 171
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