Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

della quale si dice, nel commento per l'edizione critica curata da Giovanni Pozzi, che «non ha nulla da invidiare» a quella dell'Ariosto. Eccola (aggiungo i due versi iniziali dell'ottava in cui trabocca): Con cor tremante e con tremante piede fugge la tapinella e non sa dove. In ciò che 'ntorno ascolta, in ciò che vede, vede di novo orror sembianze nove. Lieve arboscel cui debil aura fiede, lieve augellin che geme o che si move, lieve foglia che cade o che si scote di terror doppio il dubbio cor percote, e per deserti inospiti fuggendo, così co' suoi pensier tra sé discorre: [ . . . ] La fuga di Psiche comincia con l'ott. 216, che ricalca, come ha puntualmente indicato il Besomi, l'Udine. All'ott. 233 ancora s'aggira ed erra. L'ott. 217, secondando la «composizone a intarsio» (Besomi), riprende Apuleio senza abbandonare Udine, ma anche l'Ariosto, la cerva in fuga (quasi smarrita e saettata cerva/ fugge per boschi) che, beninteso, riporta altre cerve erranti e fuggitive. Ecco dunque che all'ott. 229, dopo novantaquattro versi, Marino ripiglia felicemente quel fugge nella stessa sede privilegiata, che lo fa più scattante, di nuovo rimemorando il Furioso. Come Angelica, la tapinella, primo dei tre diminutivi dell'ottava, è in balia del caso, che tanto può nel Furioso (ma già nel Decameron): e non sa dove richiama cioè e non sapeva dove di I 35 del Furioso, dove conclude un bellissimo enjambement (Quel dì e la notte e mezzo l'altro giorno/ s'andò aggirando, E NON SAPEVA DOVE). Niente di strano allora se tutta la rima ariostesca dove: muove: nuove ritorna nel Marino. Il sintagma il dubbio cor, saldamente legato in Ariosto al motivo (soprattutto dantesco, Inf. I) della paura e della speranza (tema e speranza il dubbio cor le 170

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