Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

Dall'Ariosto al Marino, dal Marino al Tasso Fugge tra selve spaventose e scure per lochi inabitati, ermi e selvaggi. Il mover de le frondi e di verzure, che di cerri sentìa, d'olmi e di faggi, fatto le avea con sùbite paure trovar di qua di là strani vfaggi; ch'ad ogni ombra veduta o in monte o in valle, temea Rinaldo aver sempre alle spalle. Non ho molto da aggiungere alla spiegazione di Giuseppe De Robertis; il quale, rilevata la cabla capfinida con l'ottava precedente (ma seguitiamo Angelica che fugge . II Fugge...), indica le «novità», legate a «un ordine di simmetrie»: «La strofa si muove al centro, nei quattro versi mediani, con un giro perfetto, su una sospensione del periodo che matura proprio nel mezzo, coll'inizio del quinto verso; e s'apre coi primi due versi, con quell'idea di fuga spaventata, si conchiude con gli ultimi due, col dare la ragione sensibile della fuga stessa. Ma c'è una simmetria e una regola più segreta (nei versi in sede pari, l'accento ribattuto sulla sesta e settima sillaba, a rendere, forse, l'impressione dello spavento, che di tempo in tempo si rinnova più viva; e nei versi dispari, un andamento narrativo, a preparare per via di contrasto la foga, l'impeto, dei versi pari). E per rinsaldare la simmetria: il primo e il quinto verso, tutti e due comincianti con un forte accento, sulla prima sillaba 165

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