Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

In questa forma contorta, labirintica, capovolta, capziosa Darwin giunge alla scena presente, si affaccia alla scena del mondo con la sua, rudimentale, teoria rivoluzionaria, una teoria che mostra, in una reduplicazione di natura fotografica, come l'origine della vita e l'origine del pensiero sono la stessa cosa. E questo non in base a un parallelismo spinoziano tra ordine e nesso dei pensieri e ordine e nesso delle cose. Ciò che Darwin scopre è l'integrazione di scienza e fantasma dovuta al rappresentarsi dell'apparato psichico non in uria mitica Natura originaria ma nella struttura piatta, illustrata, del luogo della fobia. Non è vero, come ripete Bateson, che la mappa è diversa dal territorio. In realtà la mappa è il territorio. Perché mai, se no, sogneremmo di abitare in una carta geografica, di traversare un fiume ma su una barca disegnata, di esistere in definitiva nel disegno? Se Darwin può assistere (teoria della luce), vedere, il disvelamento del fallo, positivizzato, muovendo tra lo scoglio della castrazione e l'argilla della perversione, questo è reso possibile dal costituirsi del luogo della fobia come scienza. Scienza però ai suoi albori. Scienza, potremmo anche dire, degli albori, o del crepuscolo, in cui la linea che si staglia netta, racchiude l'ombra: scienza non tanto galileiana, quanto di Newton e di Keplero, scienziati a part time e per il resto maghi, costretti a ciò dal ripercuotersi dei rapporti delle leggi dell'attrazione e delle orbite sulle strutture, cliniche, della psiche. La caduta dei gravi non può prescindere da ciò che duro e morbido, pesante e leggero significano per il perverso. E i moti dei pianeti non sono indifferenti ai giri delle pulsioni, proporzionali anche ad essi. Così Darwin, durante tutta la sua vita, è talmente attratto dagli albori di una scienza da tradurla in una scienza degli albori, in una scienza cioè dell'emergere e precisarsi di una forma, come nello sviluppo di una fotografia, di 134

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