Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

2. Freud e le lettere Su «Freud e la letteratura» esiste ormai una imponente bibliografia, che non mi propongo certo di ripercorrere qui. Semmai mi limiterò, invece, traendo spunto, se occorre, da talune «voci» più recenti di tale bibliografia, a cercare di mettere in luce alcuni punti, o questioni, particolari, al livello più assai dell'empiria che della teoria. Colpisce anzitutto il fatto che Freud, sia stato forse tra tutti gli scienziati - ivi compresi gli scienziati-umanisti del seicento e del settecento - quello che maggiormente abbia tenuto presente la produzione letteraria, non soltanto esemplificando o rafforzando questa o quella sua affermazione con citazioni da poeti, narratori, e drammaturghi, ma avvalendosi della produzione letteraria come oggetto diretto di studio e di interpretazione, o addirittura come occasione di ulteriori sviluppi e precisazioni della propria teoria: non solo quindi come conferma della esperienza clinica - che è quella, ovviamente, fondante - ma come messa a fuoco, sia pure sempre, altrettanto ovviamente, soltanto ipotetica, in attesa di conferma, di tale esperienza. Si può anzi avanzare la supposizione che, in una temperie che proprio le sue opere avrebbero contribuito, se non a rompere, certo ad elidere, proprio il suo così frequente ricorso alle «fole», o addirittura «corbellerie»• degli scrittori abbia ulteriormente contribuito - come concausa certo minore - a quelle Resistenze alla psicoanalisi che egli ha preso in esame nel suo scritto del 1924 sulla «Revue Juive» (1O, 45-48). Le recenti ricerche critiche e teoriche sulla letteratura mirano a distinguere in maniera· sempre più netta tra testo narrativo, testo teatrale, testo poetico, fornendo basi rigorose a quella tripartizione che, del resto, il buon senso aveva sempre compiuta5. Freud, che muoveva da altri interessi e preoccupazioni, tendeva a unificare il fatto lettera12

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==