Il piccolo Hans - anno XII - n. 48 - ott./dic. 1985

ry... » «se non era lecito (e auspicabile) inventare la teoria ondulatoria», e qui cade l'omissione che ci fa pensare che Darwin ritenesse di avere lui stesso inventato la teoria ondulatoria, e tale è infatti, l'abbiamo visto, la sua teoria dove l'elemento fluttuante (come l'aria, si dice nell'Origin) è la superficie terrestre. Con questo suo interesse per i fenomeni della luce e della visione, con l'audacia di sostenere un procedimento mentale consistente in una vacillazione sperimentale della mente, Charles Darwin rivela di essere in realtà l'erede del nonno Erasmus il quale iniziò il suo studio delle leggi della natura vivente, la Zoonomia appunto, dalle ricerche sull'occhio (la retina e gli «spettri oculari») e, lungi dal ridursi come voleva Coleridge alle misure di una sartina, descrive manifestazioni come il sonno, l'estasi, la vertigine, l'ubriachezza, il grido e le lacrime, «anomale» come i «mostri» cui il nipote Charles conferirà, riconoscendo le leggi della Variazione, una sorta di nuova legittimità scientifica. A ondulazioni dell'apparato psichico rispondono, corrispondono, senza bisogno di proiezioni-introiezioni, ondulazioni della luce, ondulazioni della natural selection. E il fuoco in cui convergono è il movimento della mano, quel movimento che Darwin per le piante rampicanti e parassite chiamerà di nutazione, della mano che scrive: «Pray forgive me and my pen for running away with me and scribbling on at such lenght». È una vera preghiera questa che Darwin pone in fondo alla sua lettera su Sedgwick, una preghiera alla sola cosa che non tentenna: non la barba di Dio ma l'inflessibilità della lettera, che è poi la stessa lettera d. E tuttavia esistono delle barriere. Al va-e-vieni delle pulsioni risponde qualcosa nel campo dell'Altro. Senza la nozione di barriera saremmo costretti a ricorrere ai rozzi concetti di proiezione e introiezione, concetti che non per 111

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