possa indicare approssimativamente la data deve risalire a quando avevo meno di quattro anni: sedevo sulle ginocchia di Carolina nel salotto, e mentre lei mi sbucciava un arancio una mucca passò di corsa davanti alla finestra: io ebbi una gran soprassalto e in tal modo mi feci un brutto taglio, del quale conservo ancora la cicatrice». Questo ricordo, questo primo ricordo del piccolo Darwin, nasconde qualcosa. Esso sembra dipingere con fedeltà il luogo della fobia, molti particolari corrispondono: l'età, un evento che si svolge al di là di uno schermo (una barriera) non impenetrabile, la presenza dell'animale. Qualcosa però lascia perplessi. Innanzitutto il fatto che ciò di cui si tratta sia uno spavento. La caratteristica affettiva (e affettata) del ricordo che si riferisce all'istituzione del luogo della fobia non è mai la paura, piuttosto una certa baldanza, il buio e la solitudine sopportati per tutta una notte, il dolore fisico affrontato senza lacrime, la strada attraversata senza guardare né a destra né a sinistra. Il fobico non farà poi che tornare, in analisi, a quel luogo per riconfermarsi del coraggio manifestato, per escludere che vi sia stato inganno. Un fobico si differenzia principalmente per il fatto che, strettamente parlando, non sembra avere altro da dire, nella sua analisi, che ridescrivere la scena e il luogo della fobia. Come a riproporsi l'unico, grande problema: perché in quel punto per lui è fallito quel grande artificio, quel colpo di genio che è la scelta di una nevrosi? Ciò che di diverso, a questa ripetuta descrizione, egli aggiungerà, a parte i sogni, ai quali però non è lasciato altro compito che di disegnare la mappa di quel luogo, siano circostanze, siano fatti della vita attuale, siano ricordi del passato, sembrerà aggiunto solo per far piacere all'analista, vanamente cioè. Ebbene nel ricordo di Darwin sembra che non di coraggio, ma di una paura si tratti, una paura ammessa ma a che scopo, in cambio di che cosa se manca ogni traccia di 101
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