tutti gli ingredienti d'obbligo, gli incanti, le fate buone e quelle cattive, le tentazioni, gli equivoci, gli scambi di persona, i travestimenti. Che si tratti di un poema « arturiano » ( e rinascimentale!) dell'amore, ce lo dice, del resto, con il colpo d'ala strutturante di una correzione rispetto alla prima edizione, lo stesso primo verso del poema, ove « le donne » e « gli amori » inglobano, con la loro posizione dominante ai due e. stremi del chiasmo, i significati interni, « i cavallier », « l'arme ». Quanto a Dorè, da parte sua, per quanto se ne può ricavare dai disegni, non sembra aver.avuto dubbi. Interessa però la tecnica, il procedimento, attraverso il quale ha voluto sottolineare questo carattere « amoroso » del testo. Non si è cioè limitato a una soluzione quantitativa - le scene d'amore sono, numericamente, nei suoi disegni, solo · di poco inferiori a quelle di duelli, tornei, battaglie - ma ha voluto lasciare un segnale, reso emergente dal suo stesso simbolismo, inequivocabile: la folla degli « amorini », dei puttini alati che ritornano in decine di disegni e che, presi tutti insieme, costituiscono l'immagine più rappresentata, e quella su cui, pur nella sostanziale ripetitività che le è propria, sembra essersi più sbizzarrito. Questa folla viene incontro fin dal grande disegno di copertina, che, come tutti gli incipit di una serie narrativa, merita speciale attenzione. Campeggia, al centro, la possente struttura dell'ippogrifo (vi torneremo!) che si leva, con le sue grandi ali, su un paesaggio composto di grandi alberi chiari, di architetture, di verzure e di acque. Sulla destra, in basso, quattro donne vagamente botticelliane, fanno gruppo; dietro di loro un giovane suona il liuto, un uomo, in acconciatura saracena, sembrà guardare il mostruoso uccello. Sulla sinistra una coppia, un altro giovine in posa meditativa. Altre piccole figure, che ritroveremo variamente in tutta la serie illustrativa, ammiccano con la loro presenza: un cane (un levriero?), un paggetto che so96
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