Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

da sempre avverto il fascino, senza possedere, purtroppo, gli strumenti teorici e critici mediante cui affrontarla, se non per interrogativi ed accenni: i nessi di corrispondenza e le forme specifiche che fanno della parola«immagine», o dell'immagine parola. Una problematica, vorrei precisare, che mi si è posta non a partire dalla semiotica, ma dalla lettura della freudiana Interpretazione dei sogni, ove ai processi di trasformazione dei«pensieri» in«immagini», e al processo inverso per cui, nella«narrazione» del sogno le immagini si trasformano in linguaggio (con tutte le sue segmentazioni e articolazioni) sono dedicate pagine tra le più teoreticamente stimolanti. Che in questo ambito di indagine si possa inserire il «lavoro» svolto dall'illustratore sui testi«scritti », su«testi di parole» mi sembra sostenibile. Vorrei spiegarmi con un esempio probabilmente, entro questo discorso,«capitale ». Si è molto discusso sulla natura del Furioso, sui suoi ascendenti nel ciclo bretone o in quello carolingio, se si tratti cioè, sia pure nella sua forma specifica, « parodistica», di un poema cavalleresco o di un romanzo d'avventure - e, più particolarmente, di avventure amorose, di amore. Così necessariamente schematizzato l'interrogativo non dovrebbe che avere una risposta univoca. Se si assume lo schema di Propp sulle funzioni narrative, la rispondenza con la fabula del Furioso è puntuale, anche se - secondo una modalità propria dell'Ariosto - dislocata, allusa, apparentemente nascosta, e, soprattutto, con una sottile curvatura rispetto allo stereotipo, per cui se la meta, le nozze, sono per l'eroe, Ruggiero, un destino, (anzi un«voler del cielo», III, 19), per Bradamante, invece, appaiono come il coronamento di una passione intensamente vissuta, e, direi, attiva. Ma, a parte ciò, lo schema è quello tradizionale: l'eroe, per raggiungere la meta deve passare attraverso pericoli e prodezze di ogni genere; uno schema condito di 95

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