Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

La nostra protesi entra all'inizio, all'affacciarsi dell'angoscia che coinvolge per il piccolo Hans e per esteso per chi si affaccia a ciò che ho chiamato il « luogo della fobia», il dilemma terribile sull'animato e sull'inanimato. La protesi che viene dopo appartiene all'ortopedia e ha dei tratti naturalistici, la protesi che viene prima appartiene al design. Una sedia è animata o inanimata? Ha il fapipì o non ha il fapipì? e la mamma? E così che Vietar Hugo disegnando a margine dei suoi scritti, disegnando chiuso nella sua casa, mobili su mobili, vi inseriva, nello schienale di una sedia, la struttura di una grande H, l'iniziale del suo nome. Chiarimenti sul luo g o della fobia. Abbiamo chiamato il luogo della fobia « prima rappresentazione esterna dell'apparato psichico». In Il fondamento psicotico della nevrosi ne ho illustrato la funzione, mancata, rispetto all'instaurarsi di una psicosi. E, facendo questo, ho preso implicitamente le distanze tra questa rappresentazione, e il simbolico. Questa rappresentazione infatti, benché mancata, o proprio perché mancata, si ripresenta continuamente nel discorso dello psicotico. E per discorso intendo, globalmente, tutto ciò che egli dice e fa, per rappresentare per sé e presso di me ciò che ha mancato. In questa rappresentazione, aggiungo, che lo psicotico agisce e il nevrotico ripete, avviene l'incontro rarissimo di due filoni che procedono in genere paralleli e quindi separati se non in un ipotetico, ma reale; punto all'infinito: il filone dei ricordi e il filone dei desideri. La cui separazione determina il fallimento, in un'analisi che non ne tenga conto, dell'interpretazione come spiegazione, che non rispetta 7

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