Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

Laocoònte » 36 • Il cavaliere dell'Apocalisse non può colpire che mulini a vento, fondali di teatro o marionette. Dopo che Pierrot è stato ghigliottinato per le sue malefatte, scrive Baudelaire nel suo saggio sull'essenza del riso, « il torso nudo scorciato, mosso dalla monomania irresistibile dell'arraffare, si drizzava, facendo sparire trionfante la propria testa come un prosciutto o una bottiglia di vino, e, tanto più destro del grande San Dionigi, se la cacciava in tasca » 37 • E ancora, analizzando il grottesco, Baudelaire nota a proposito delle Maschere (Cassandra, Leandro, Pierrot, Arlecchino, ecc.): « Tutti i loro gesti, le loro grida, le loro smorfie vengono a dire: è il volere della fata, ci trascina il destino, niente dolore; andiamo! lanciamoci! » (ibid. p. 152). Il destino, la Moira diviene una farsa che ricorda le busse senza conseguenze che si scambiano i burattini di cui ha parlato Finzi a proposito del Wilhelm Meister di Goethe: 58 « La père-versione del perverso mi sembra piuttosto il rovesciamento grottesco di Totem e tabù. Se il fuoco nel sogno di Dora ha la funzione di riattualizzare l'Edipo nella situazione presente di Dora e i gioielli sono il corrispondente diderotiano dei genitali femminili, l'evocazione dello spettro del padre nel Meister genera a sua volta un incendio che brucia il giorno seguente alla recita un'intera casa, anzi più case senza che niente perisca (a parte alcuni elementi della scena)... Tutto rimane immobile e immutato. Le case, le vite degli uomini non sono investite dall'affetto... Quest'incendio che non brucia ma entra a far parte dello spettacolo, riguarda solo, per il perverso, la rappresentazione» 38 •

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