Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

Questi quadri, lo dico francamente, realizzano appunto, e col pretesto dell'arte, quel che in pratica non posso attuare con Roberta... ») L'arte non è un pretesto, un artificio per mettere in scena qualcosa - che non esiste nella realtà - di cui tutti possono godere, ma in solitudine (cioè: non tanto da soli quanto in una eclissi di soggettività che la presenza dell'altro non permette; e ancora bisogna notare la lieve distanza, quasi uno scivolamento, da questa solitudine « impudica » alla solitudine « desertica »). Le creazioni artistiche cercano di produrre quel reale che si trova aldilà della rappresentazione e del suo luogotenente, dell'Automaton dei segni. Un capolavoro, forse, è ciò che riesce a produrre questo reale nell'unico modo possibile: attraverso i segni ma aldilà di essi, in una forma qualitativa che investe direttamente il soggetto choccandolo, come nell'allucinazione (teoria benjaminiana della creazione artistica come choc in Baudelaire). Se l'allucinazione « pone in essere e prende come tale ciò che non è, per cui non presentifica solo nel senso di rappresentare, bensì produce la presenza » 29 non si può non vederne l'accostamento con il feticcio (che è, insieme, produzione di quel nulla che è il fallo materno e segno della sua assenza) e con la cosa che emerge in certi trompe l'oeil, ad esempio nelle nature morte di un autore del barocco napoletano, Giuseppe Recco, dove, dalla penombra in cui giace un'accozzaglia di corpi e di oggetti ammassati sul tavolo di una cucina ma completamente « disumani » si stacca luminoso gettandosi verso il riguardante il senso tattile del viscido (!) con un'intensità tale da produrre angoscia (o estasi). Certo la pittura, attraverso il suo medium che è l'immagine, è privilegiata nel produrre questi fenomeni allucinatori; ma basta far notare come Baudelaire sappia far sorgere delle sensazioni tattili, olfat53

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