Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

Quello che qui cade, intercorre, attiene alla verità e alla nevrosi. Ma anche le pseudogeometrie di Flatland raccontano una storia analoga: segni di una « pulsione di sapere », sono anche segni isterici. Le illustrazioni che chiamavo di « accompagnamento », rimandano a un sapere già stabilito, che viene convocato a favore di qualcuno. I disegni abbottiani non presuppongono nulla, fingono direttamente una mathesis mistificatoria, né somministrabile né apprendibile. Chi apprende che cosa? Il disegnino finale, en cul-de-lampe, iscrive in uno sbuffo di vapori che si disperdono il cartiglio: « L'edificio senza fondamento della mia visione si dissolve nell'aria, nell'aria sottile della stessa materia di cui son fatti i sogni ». Non pretendo che questa elencazione disegni (verbo quanto mai a proposito) una linea coerente di sviluppo, ma credo che metta in luce via via nessi di originalità crescente fra testo e immagine. Uno spoglio del Tristram Shandy a questo fine dà reperti non numerosi ma significativi. Alcuni usi sono, a rigore, ancora tipografici: piogge di asterischi, variazioni di corpi, maiuscole, spazi bianchi, intere pagine vuote intercalate; i capitoli XVIII e XIX dell'ottava parte mancano, ma un bianco ne evidenzia l'assenza. Un'altra pagina bianca al capitolo XXXVIII della parte sesta adempie a una funzione differente: somministrare carta al lettore che voglia schizzare, a suo gusto, la vedova Wadman - « please put your fancy in it » intima Sterne. Voltato appena foglio, ci si imbatte in cinque righe di ghirigori, quanto più capricciosi possibile, destinati a rappresentare il procedere della narrazione nei precedenti volumi. Siamo già fuori dagli stratagemmi tipografici; ancora di più con gli altri due inserti: il quadro nero che corrisponde al chiudersi degli occhi di Yorick morente; e il campione di carta marmorizzata che fa da paragone alla 20

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