Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

coglierlo, ma esso stesso, in quanto sguardo, non vive che come plusvalore di produzione, credito dell'occhio. Insieme allo sguardo è messa fuori gioco la sua proposta conoscitiva (di riconoscimento) e gnoseologica. Biblicamente, conoscere significa conoscere carnalmente; l'amplesso negato dalla vergine (da Conchita) rende impossibile ogni antropomorfismo gnoseologico, ponendo l'escluso di fronte al mistero apertamente esibito ma doppiamente inconoscibile. D'altronde anche Conchita nella sua negazione gira sul bianco i buchi neri colti dallo sguardo di Mateo; mentre quest'ultimo dice: « guardavo il suo corpo apparire punto per punto, ai limiti della biancheria...», Conchita già gli oppone il bianco delle sue brache « di castità», l'« orribile corazza di tela» (pp. 83-4). Barriera tanto più significativa dal momento che non è affatto la castità il proposito di Concha, « la cui condizione e il cui animo eran tali da escludere qualsiasi idea di virtù corporale» (p. 86). Non a caso Lucini (Scritti critici, Bari, 1971, p. 147) definisce l'opera di Louys « un inno alla lussuria bianca». Il progetto virtuoso cui Concha aderisce non è infatti quello della sposa che si concede, ma quello delle nozze incorporee, esse stesse apoteosi di verginità. Così, anche il biancheggiare della nuda (immacolata concezione) è dato dal fascio di luce su cui essa si inpesta, fascio lunare, opera al bianco. « Moteur mariée» che concatena eventi ed essenze soprannaturali, macchina spirituale che tuttavia evita sempre il grande volto (anche il grande volto di dio dunque). Infine: messa a nudo del volto in un corpo decapitato. Guardando la cosa con gli occhi dell' escluso (colui che cerca di interpretare un ipotetico « sporco piccolo segreto»), ciò che tiene vincolato lo spettatore alla visione è l'opinione secondo cui egli identifica se stesso con il principio maschile fecondante mediante l'identità sguardo = raggio di luce. Ma questo è falso, perché è piuttosto lo spettatore stesso a far parte della macchina vergine come riassorbimento del surplus di visione. 194

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