so ripetitivo, certi di poter forzare l'esclusione che ci separa da esso. Ma il divenire di questo amore segue lo svolgimento del paradosso di Zenone, per cui il più lento non è mai raggiunto dall'inseguitore più veloce - che parte sconfitto. Così, quella debolezza apparente, non ineriva alla capacità di difendersi da parte dell'amato, ma è essa stessa un effetto dell'allontanamento che separa l'amato da noi, come le emissioni elettromagnetiche da una remota galassia sono deboli perché ci giungono indebolite dalla distanza che ci divide da essa. Eppure l'amante (noi) non può che cçmvincersi ancora di più che basterà ancora uno sforzo, ancora un fare forza, per annullare questa distanza e cogliere l'offrirsi dell'amato, possederlo, custodirlo nel proprio mondo, proteggerlo nella propria coerenza e, infine, sfamarlo. Non diversamente il terapeuta vorrebbe strappare l'anoressica al suo profilo, cioé nient'�ltro che sfuggire all'incanto della sua« debolezza costituzionale», rompendo la distanza in cui questa cagionevolezza Io tiene - cercare dunque di profittare del mondo possibile impalpabilmente tratteggiato dal suo divenire, ma con ciò stesso spezzando quel profilo. Questo perché la debolezza costituzionale cui siamo di fronte - debolezza che è un effetto della distanza - mantiene inalterato il possibile senza mai farlo sfondare nella concretezza dell'attualità. L'oggetto d'amore (di terapia dunque) passa nel nostro cielo obbedendo a regole di cui non sappiamo nulla, se non che su di esse noi non possiamo nulla; ci resta soltanto di tentarne delle previsioni, di dare delle leggi di questo comportamento (così come si fa in astronomia), ma proprio questo ci dà l'impressione fallace che basterebbe un nostro gesto per infrangere quelle regole. Crediamo di poter essere noi a decidere (un po' come per il concetto di causalità in Hume), ma è un'impressione illusoria, illusione ottica dovuta alla distanza. Ottimismo che prelude ad una disillusione radicale. 187
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