Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

lor, è volutamente paradossale, per certi aspetti ossimorico; si tratta della rappresentazione, largamente basata su reminiscenze ovidiane, della « follia » amorosa, che conduce l'innamorato, pur consapevole del proprio errore, a comportamenti contraddittori e privi di senso. Ecco i passi centrali del testo di Folquet (vv. 11-30): E si conosc d'Amor que mos dans li'a sabor, que so don ai largor mi fai prezar petit e ponhar ad estrit, en tal que si ·m defen: so que m'encaussa vau fugen e so que ·m fugh ieu vau seguen; d'aisso no sai cossi ·m posca garir qu'ensems m'aven encaussar e fugir. Ar aujatz gran folhor: qu'arditz sui per paor, mas tan tem la dolor d'amor que m'a saizit qu'aisso ·m fai plus ardit de mostrar mon talen a lieis que ·m fai vellar durmen; doncs, ai per paor ardimen, aissi com sel qu'estiers no pot gandir que vai totz sols entre cinc cens ferir 17• Ed ecco come si opera la « traduzione » figurativa. Gli ultimi versi qui sopra citati (28-30) vengono risolti nell'immagine del protagonista in abbigliamento cavalleresco che affronta da solo un folto gruppo d'armati, reso ardito dal suo stesso timore. Quest'immagine resta isolata, al margine superiore destro della carta 56 (tav. 16); tutte le altre miniature, invece, si susseguono in basso, da sinistra a destra, senza soluzione di continuità. La prima figura è quella dell'amante-poeta, seduto in atteggiamento di sconforto; accanto a lui, ieratica e immobile, l'immagine del dio d'Amore, originalmente raffigurato come un serafino, 180

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