Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

que bisbigliate sono molto piccole. Le parole che hanno significati speciali, i nomi propri, sono ingrossate nel tratto o messe in corsivo, ma il tipo di carattere è sempre lo stesso. Alcuni autori hanno personalizzato la grafia dello scritto differenziandosi dai colleghi in modo spesso originale. Per esempio Claire Bretecher adotta il corsivo (come in una lettera), ma non fa variazioni da un personaggio al1'altro. Nessuno ha mai sperimentato diverse grafie, cercando di suggerire i toni della voce, le inflessioni dialettali, il timbro acuto o baritonale di una certa parlata. La rinuncia a questa sperimentazione è tuttavia ben motivata. Ci sono molte difficoltà obiettive. Prima di tutto non è facile trovare un carattere tipografico diverso per ognuno dei personaggi. Ammesso che si riesca a risolvere questa difficile operazione, è chiaro che la fatica sarebbe sproporzionata al risultato. Per non parlare dell'ulteriore fatica imposta al lettore continuamente sollecitato a decifrare caratteri diversi. La già citata Bretecher è certamente responsabile di questo inconveniente (il carattere è lo stesso, come si è detto, ma è poco chiaro, almeno per me). Infine insorge un'ulteriore difficoltà pressoché insormontabile. Mi riferisco alle traduzioni in lingua straniera. Già sono pochi gli specialisti in « lettering » che si adattano bene a seguire le grafie originali! Personalmente ho pessime esperienze in questo senso. Spesso ho notato brutte grafie nelle traduzioni al punto di compromettere quasi una buona visualizzazione delle tavole. Vorrei fare anche qualche eccezione in positivo: l'edizione giapponese di un mio libro (ahimé per me incomprensibile, ma forse proprio per questo!) mi ha fatto esclamare « come sono belle le parole disegnate! ». Al disegnatore non resta allora che una possibilità per « personalizzare » in qualche modo le parole dei fumetti. 160

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