Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

punto di snodo e di origine, che si stacca dall'isteria d'angoscia, di tre connotazioni, della nevrosi che ne esce, della perversione che lo affianca, della psicosi che lo manca, e tuttavia tutte e tre lo rappresentano, parlammo, l'abbiamo ricordato poco fa, delle diverse modalità di identificazione sulle quali esse si reggono. Ebbene, una piccola parte di ciascuna è residuo per lo strutturarsi dell'altra. Possiamo dire per esempio che qualcosa della perversione concerne tutte e tre. Quando i fiorentini, come ci racconta Pinzi nel seminario che ci ha attraversato, tiravano sassi contro il David, grande, gigantesco, tutto bianco, così facendo, questo David veniva a rappresentare anche Golia, perché era tanto grande, e perché, evidentemente, i fiorentini gli tiravano sassi. Nella mia immaginaria illustrazione di Sussi e Biribissi, va bene, un dito scambievolmente puntato poteva rappresentare la metamorfosi avvenuta, il mutamento intercorso, ma restava pur sempre una commistione tra il grasso con il dito puntato e il magro con il dito puntato, giacché il nome, Sussi o Biribissi, all'inizio era stato connotato, per il magro di oggi, con la grassezza, e per il grasso di oggi, con la magrezza. Che tali spostamenti non siano da nulla lo vedremo in seguito, perché molto intorno al nome del padre e alla psicosi vi si articola. Del resto Carroll stesso (vedi L'oggetto della raffigurazione di Anceschi in questo numero) impedì di pubblicare l'illustrazione del mostro Boojum perché, diceva, se connotazione del suo apparire è lo svanire del suo scopritore dalla storia, il rappresentarlo in disegno nel libro comporterebbe la scomparsa del lettore. La didascalia sta per il margine dell'irrappresentabile, ciò che mi diceva un analizzante in difficoltà nel riferire un sogno: qualcosa tra la voce e la parola scritta. E dalla didascalia emergeva la dedica nascosta, all'analista che aveva scritto: « Lo scritto e l'a,-voce ». 12

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