Il piccolo Hans - anno XII - n. 47 - lug./set. 1985

Diciamo allora che didascalia, e dedica, rendono più familiare ciò che altrimenti avrebbe conseguenze terribili. Pena la scomparsa. Forse per questo Sterne, che tra l'altro, introduce tra le righe del Tristram Shandy, negli a-capo, proprio il disegnino a tutto nero di una mano con dito puntato, nel faticoso e duraturo, giacché gli occorrono parecchi volumi, venire alla luce dell'infante Tristram, al quale verrà dato per errore della domestica il nome più odiato dal padre, sente il bisogno di dedicare ripetutamente il suo libro a questo o a quello, e anche di sperimentare la Dedica Vergine, quella cioè in cui si può introdurre qualsiasi persona, a suo piacimento. E la storia di questa nascita, e di questa nominazione, non è continuamente riportata, come un respiro asmatico, all'istante di una generazione che fu, tragicamente, scambiata con la carica del meccanismo dell'orologio? Ma se tra Sussi e Biribissi s'infilava il gatto a redimer la questione, la funzione in Tristram Shandy dello zio Tobia non è meno importante. Di capitolo in capitolo, di interruzione in interruzione, la figura dello zio Tobia trova un suo spazio che a intermittenza riappare. Il nostro amico luogo della fobia, ed ecco zio Tobia, mentre Tristram cerca di nascere, di assumere un nome, e ancora di essere generato, costruire in fondo all'orto un luogo strano, fatto di fortificazioni mobili, di misurazioni, di sbarramenti, che permettono di individuare « dove » (dove l'aspirante consorte tremerà al pensiero di mettere un dito) zio Tobia è stato ferito. Ma questo di zio Tobia (e nel doppio senso del «dove» confluiscono filone dei ricordi e filone dei desideri, nel luogo della fobia, il disegno della mappa e il soprassalto della ferita), è uno degli hobby-horses degli uomini, gli hobbyhorses sapete, quei bastoni con teste di cavallo che usano i bambini ( « anzi, se tocchiamo questo argomento, signore, gli uomini più saggi di tutti i tempi, non eccettuando lo 13

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