Il piccolo Hans - anno XI - n. 42 - apr./giu. 1984

studio Si-lhouettes si richiamava a Wittgenstein, e la funzione stessa che ho definito per la psicoanalisi di quel richiamo, di; quella sorpresa improvvisa, dell'apparizione di una forma rappresentata da un disegno, un profilo, un contorno che si staglia preciso, in un momento dell'analisi e nella costituzione del soggetto. A rappresentarmi quel nesso tra linguaggio naturale e le azioni primitive - fuggire, sorprendere, afferrare - di cui parla Darwin, e del rapporto di questo nesso, che ho messo in luce nel seminario di quest'anno, con l'angoscia. Nella triade suggerita, Wittgenstein, Darwin, Freud, come l'interesse di Wittgenstein per la psicoanalisi non sta certo in quello che lui dice di Freud, ma in come, io psicoanalista, posso leggere Wittgenstein., così nel 1926, dopo la Metapsicologia e Al di là del principio del piace:t1e, una figura appare sullo sfondo di Inibizione, sintomo e angoscia, senza essere mai citata, ma, mi sembra, indispensabile ad essere individuata se si vuole provare a formulare, a partire da un'opera anche non perfetta come è questa di Freud, una teoria dell'angoscia. Anche questa figura è un richiamo e una tendenza: ripropone i desiJderi giovanili di Freud, fugacemente riapparsi nell'InteI1p:t1etazione dei sogni a far da chiave con il motivo dell'« erbario», e diviene, nel 1926 un'indicazione di sviluppi possibili. È la figura del Naturalista. In filigrana, anche se mai esplicitato, allo studio sull'angoscia, « sedimento di antiche esperienze traumatiche», è il nome di Darwim. Ciò a cui stiamo per approdare è che l'angoscia non è una trasformazione automatica della libido repressa, ma qualcosa legato all'indicare e all'intendere. Intendere, tendance di Hyppolythe Taine. Il poeta Hopkins che ci parla di « mettere a nudo i nervi e i muscoli del linguaggio ». Darwin che ci parla di una scienza divenuta abbastanza << familiare » da essere « poetica». Wittgenstein che indugia su questa familiarità 6

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