Il piccolo Hans - anno XI - n. 42 - apr./giu. 1984

nella difforenza fra l'Ebreo e il Greco, che forse è l'unità di ciò che •si chiama storia» (1967). Qual è allora il rapporto che lega un certo numero di questioni (e di autori: da Blanchot a Jabès a Derrida... in un reciproco rinvio di testi, l'uno presenza e fuga dell'altro, in una con-sonanza stordente...) al nome e all'opera di Emmanuel Levinas (n. 1905) che rappresenta, qui, un luogo di intersezione «magistrale» nell'ambito di una tramatura, di pensiero e di parola, «che ha abbandonato il luogo greco»? Convocheremo innanzitutto la «figura» cardinale in cui è condensato il ·lungo travaglio riflessivo di Levinas, a partire da De l'Existence à l'Existant ,e da Le Temps et l'Autre, attraverso En découvrant l'existence..., sino ai culmini di Totalité et Infini e di Autrement qu'etre: l'immagine del VOLTO. P:rieparata dalle cadenze solenni di un tramonto epocale dell'egologia - «L'inquietudine solipsista della coscienza che •si guarda, in ogni avventura prigioniera di Sé, qui ha il suo termine: la vera esteriorità è nello sguardo che m'interdisce qualsiasi captazione (...) Chiamiamo volto l'epifania di ciò che si presenta direttamente ed esteriormente ad un Me» (1949) -, essa così emerge: « La modalità secondo cui si presenta l'Altro, eccedente l'idea dell'Altro ì:n me, noi la chiamiamo volto »4 (1961). Un -salto all'indietro - logico-strategico più che cronologico - è necessario per interpretare differenzialmente ,questa ,somma figurazione eterologica. Infatti, rispetto alle due grandi tradizioni «ermeneutiche» mo­ ,derne - di Husserl e di Heidegger -, la posizione di Levinas è, dall'inizio e per sempre, ambivalente, nel senso che della loro totalità viene accettato il metodo (il «linguaggio») ma respinta la sostanza (il tèlos): come ben ,dice Mura, tre sono schematicamente i bersagli critici generali di Levina:s, nell'ambito del secolare pensiero oocidentale dell'essere, ivi compresi Husserl e Heideg27

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