Il piccolo Hans - anno XI - n. 42 - apr./giu. 1984

che l'us,cita. La Genesi e l'Esodo sono ris,chi infiniti ed eterni» {1970). Jaibès collega erranza a differenza: « Questa non appartenenza è anche ciò che mi avvicina , a1l'essenza dell'ebraismo. L'ebraismo, in un certo senso, non è che un int , errogativo po, sto alla Storia (...) Interrogare, per l'ebreo, è mantenere sempre aperta la questione della differenza» (1980). B1anchot, ,soprattutto a proposito di Levinas: « L'ebreo è l'uomo delle origini, che nel riferirsi alle origini non resta ma ,si allontana, e così proclama che la verità dell'inizio sta nella separazione (...) Parlare a qualcuno significa acoettare di non introdurlo nel sistema delle cose da ·saperie, anzi riconos,cerlo come ignoto e :accoglierlo come estraneo •senza cost'I'ingerlo a intaocare la sua differenza. In questo senso, 1a parola è la terra promessa in oui l'esilio ·si realizza come soggiorno (...) Parla:rie è cericare l'origine del senso nel prefisso di parole come esilio, esodo, esistenza, esteriorità, estraneità (...) Un p11efi.s, so che indica nella divaricazione e nella separazrone l'origine di tutti ,i '' valori positivi 11 » (1969). E un eminente psicoanalista di matrice ebraica (ma la psicoanalisi non è forse l'irruzione dell'« ebraicità» nel logos greco, l'Altro svelato nel luogo del Medesimo? 2 ), Salomon Resnik: « Nella relazione naricisistica, l'altro esiste solo ,come facente parte di un unico mondo polarizzato intorno ad un Io egocentrico che include l'altro nel proprio campo (...) L'incontro con l'altro è collegato con la capacità di oat • egorizzare lo ,spazio-tempo (...) La differenziazione che marca la separazione dall'altro si concretizza nel dolorie per l'ailterità (...) Comunicare con l'altro significa riconoscere la sua assenza immediata e la presenza mediata del mondo» 3 • E allora De11rida, in conclusione al suo capitale saggio su Levinas: « Siamo ebrei? Siamo greci? Noi viviamo 26

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