n;:irsi e rientriare in se stessi, come nel viaggiare. Che del vi , aggio ha anche la faticosità, la richiesta di sforzo fisico: quell', aggiustare il ,corpo ,a posizioni differenti, quel 1egge!'e « con la penna 1in mano» che rtanto affaticava Virginia Woolf. Il terna del viaggio mi riporta a Ruskin, che fu grande viaggiatore, oltre che grande lettore, sicché lettura e viaggio si intreociano in lui quasi naturalmente. « L'idea di leggere un edificio allo stesso modo in cui leggeremmo Mihon, o Dante, e di estrarre dalle sue pietre lo stesso tipo di godimento che otteniamo ,da,i versi, non ci passa mai per la test• a, neppure per un momento», scrive Ruskin nelle Pietre di Venezia; ma in realtà è proprio una pratica di lettura dei monumenti quella che egli vuol sperimentare e diffondere; una lettura che li sottragga al loro ruolo di monumenti: ,simboli di un passato che si affaccia dominatore sul presente, schiacciandolo. Se nella lettura del •libro è il presente a conta!'e, l'esperienza del proprio sé presente che fa il lettore, lo spettatore in visita ai monumenti fa, o faceva ancora quando Ruskin iniziava il suo. insegnamento, l'esperienza assolutamente contmrir a: imparava a valutare l'insignificanza del proprio presente, e , ad accettare il domim.io del passato su di esso. I: l monumento-tipo era la P:iriamide: la forma stessa piramidale è1 fatta per resistere all'ingiuria del tempo, e all'interno di essa - vera via d'accesso all'al di là - la cerimonia del tempo si consuma in tutto il suo orrore. Sensibile e delicato com'è, Ruskin fugge inorridito dal chiuso ,sepolcrale ,delle Piramidi, e circola l1iberamente per i canali e de calli di Venezia, ·spinto dal desiderio di disegnarne e descriverne tutta la complicata fioritura architettonica, ·soprattutto nella varietà gotica, convinto che una delle principali bellezze di quello stile sia il suo manifestarsi come assoluta esteriorità: una certa sua mutevolez'.lia e variabilità come di fogliame nel gioco 194
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