Il piccolo Hans - anno XI - n. 42 - apr./giu. 1984

zione previa sul metodo scientificamente corretto, né un appello alla discussione razionale come salutare fonte di liberalizzazione. Differentemente da Popper, Wittgenstein non si ritiene in possesso di alcun criterio di demarcazione tra ,scienza e metafisica, e non privilegia in alcun modo l'approccio per prove ed errori di una « razionalità critica». Lo scontro con Freud presuppone invece un'attrazione, la decostruzione propone il compito di una genealogia: il problema reale, cioè il disagio prodotto in Wittgenstein ,dalla pratica di Freud, che ne suscita una « ammirazione' perturbata '»4, sembra aver a che f.are con le « ragioni » della mitologia. E come « il disagio estetico ha un' perché', non una' causa '» (LC 75), questo disagio di Wittgenstein non è precisamente individuabile o imputabile a una ragione metodologica, ma solo chiaribile - addentrandosi nelle pratiche e nei cerimoniali da cui è suscitato. Da dove trae dunque la sua persuasivi , tà il rituale di riduzione a ragione della mitologia? E perché il suo dispositivo fa perno su immagini, tanto influenti che sembra impossibile liberarsene? 3. Forse non è un caso che i percorsi di Freud e Wittgenstein vengano incrociandosi proprio in rema di mitologia, attraverso il comune confronto critico con Frazer. Per Wittgenstein è un significativo banco di prova della critica al riduzionismo: cercando di applicare una esplicazione lineare ai riti etnologici mediante il ricorso a una monocmde eziologia dell'errore, Frazer cerca in sostanza di renderli plausibili ai detentori del suo sistema ideologico di riferimento. Contro l'esiguità anche immaginativa di questa operazione, Wittgenstein tratteggia un metodo di « antropologia ,speculativa» o « etnologia fantastica» imperniato •su esperimenti mentali che non intendo no dissolvere le forme di vita in individuazioni immaginarie, ma provocare osservazioni grammaticali 5 • Ricercare invece l'essenza profonda e sottostante 12

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