l’ordine civile - anno II - n. 21 - 1 novembre 1960

ipag. 22 ne, Savonarola ,procede neHa predica– zione librandosi sempre più negli alti insegnamenti della Fede e della mora-, le cattolica, impern:iandosi sulla figura di Mosè, invocando l',esempio deì Santi Patriarchi Benedetto, Francesco e Do– menico, adducendo la -dott-rina canoni– ca _di Papa Innocenzo Hl ,circa la po– sizione della Chiesa di fronte all'ispi– razione personale dei cristiani. Savo– narola sente avvicinarsi l'ora del mar– tirio, sempl'e bramato ·e costantemente preannunciato, e nell'uhi:ma predica del 18 marzo 1498, applicando a sè un tratto di Geremia, espone il suo stato d'animo incoercibilmente sospinto dal– lo Spirito Santo. Da un commentatore • 'intelligente e di buon ,gusto, questa pa- gina è stata avvicinata a una sinfonia _di Beethoven; ma più propriamente ri– suona ,del med·esimo canglore delle trombe dei Profeti antichi e degli An- geli dell'Apocalisse. • Nella predica del 7 marzo, -giorno fèstivo di S. Tommaso .d'Aquino, ab– biamo una delle più convint•e pagine ad elogio del grande Dottore comune e ufficiale della Chiesa cattolica. •« Io non sono nulla, pure quel poco che so, lo ho perchè sono ,sempre stato nel– la sua dottrina. Lui ,fu veramente pro– fondo; e quando io voglio diventare pie-colino, ,lo leggo e pumi che lui sia g,igante e io nulla ». Le ,parole ,con cui Savonarola termina questa predica ri– v-elano l'intima struttura del suo spi– rito di grande teologo tomista e di gran– de predicatore apostolico: « U Signo– re non fa cose grandi senza grande ora– z10ne >>. Le 23 prediche ·ispirate principal– mente all'Esodo, sono tra le più belle e tra le più sante di Savonarola. Siu– diate attentamente e senza prevenzio– ne, con il sincero de,siderio di auinge– re alla verità e non di •cogliere in con– tradizione un nemico aborrito, queste prediche danno il vero profilo e le giu– ste proporzioni dd Dottore, -del Pro– feta e del Martire di ·Cristo Re alPal– ba dei tempi nuovi. Persino Ma,chiavel– li, ,che era tra ,gli udi,tori, scrisse ·di Lui: « Di un tant'uomo s_e ne debhe parlare con riverenza » ; ,e Michelange– lo Buonarroti, che pure fu tra i pre– :senti alle prediche, rimanendo fedelis– simo alla memoria del ,suo profeta fino alla tarda età di quasi novant'anni, ne espresse lo spirito nel suo Mosé di San Pietro in Vincoli e nel Giudizio uni– yersale della ,Cappella Sistina. La de– ci,sione di Papa Giulio li di far dipin– gere il Savon-arola nella disputa del SS. Sacramento tra i Douori ,della Chie– sa, ha grandissimo peso. La lettura meditata e studiata, con ansia di ,cuore e sudore della. fronte, di queste •pre,diche di Savonarola, può es– sere decisiva per divenire ·cristiani sul serio, di retta coscienza ,e di ,carattere ad·amantino, onde Papa S. Pio X, pro– clamandosi, in una famosa pubblica udi·enza, ammiratore del Frate, aggiun– ge che ccdi Savonarola •ce ne vorl'ebbe– ro ancora· molti ai nostri gicfrni ». GIACINTO SCALTRITI O.P .• Memorie regali Un diffuso rotocalco milanese vien pubblicando in qzleste settimane. le me– morie di Mohammad Reza Pahlevi, Scià di Persia. Leggo che - queste me– morie si pubblicano contemporanea– mente anche nei maggiori giornali del mondo. Nonostante che l'uso e il costu– me dei tempi ç,i abbiano abituati •a ri– tener ovvia e comune qua.lsiasi mani– festazione collettivq ed individuale del 7 l'umanità, di fronte all'ennesimo "me– moriale", ,che zin sovra.no va dando alle • stampe, non ho sapzito e potuto evita– re. un certo "choc". Vuol dire che il ,sottoscritto non è· ancora comple– tamente anestetizzato alle prese al ba– vero della vita. é":è nel mondo ancora qualche tana pròlifica, ,da cui sbuca a quando a quando ·il fenomeno che la– scia •a bocca a,perta. Ed è buon segno, per me. Significa che non ci siamo defi– nitivamente esauriti, che l'originalità non è morta e che lo stzipore, a tener dritti gli orecchi, fruscia ancora in que~ sto mondo appiat-tito, che i nostri {{ÌOr– ni hanno ancora -il potere di operare miracoli. V'è per un verso ragione di ~allegrarsene. In fondo; riconosciamo– lo, la varietJ, il diverso, tutto ciò che può procurarci zin urto,' una sensazione nuova ed imprevedi_bile è zin sa:sso sca• gliato sulla superficie delle consuetudi– ni, delle monotonie quoti.diane e accet– tiamo con festa e co.n tanto d'occhi il grazioso scompigliQ • di noi stessi. A.ssuefatti alla debilit'ante e proterva alluvione del niemorialismo indiscrimi• nato, s'era giunti al punto ,di non leg– gere più nulla di quel rigurgito stuc– chevole ed insipiente di rivelazioni a colori, che ogni sconosciuto si sente in diritto di fare a scopo di lucro e di pubblicità. ,5iffatta documentazione, che doczimenta soltanto la capacità di mendacio· e di esibizionilsmo del tem– po, per wna larga percentuale di perso– na è cascame propagandistico e per me un rotocalco, rivelazioni piccanti o squallide, panegirici e l!amentazioni fu– nebri su Tizio e Caio I che conte,nga, letto che abbia le cronache letterarie a volte quelle politiche o altro di vera• mente interessante specie se firm~to da rispettabili penne, zin rotocalco finisce di esistete, - per il resto equivale all'oasi del nulla. I Le memorie dello Scià però han po– sto sotto la sedia del mio agnosticismo una castagnola e mi son sentito addo·s– so ,uno squasso. Ma co,-me, mi so",i det– to, pure lo Scià cii si mette ora? E questa domanda riassumeva una filza di malinconici interrog(,ltivi. Perchè lo fa? Cosa ha da rivelare? Non fu detto trop•po di lui e delle sue donne? I so– vrani non ,dovrebbero di~porre dello sto• rico personale o quant·o meno di un affezionato cronista, alla ciii penna af– fidare eventualmente le memorie ,deUe , proprie im1;prese,delle proprie beneme– renze verso i sudditi, verso la scienza, verso la politica? E m•i ve,nivo anche chiedendo se per ai,ventura_ questo mo• narca avesse disposizioni letterarie da l • d" • ·z· I • or 1ne civi e far valere o se invece s'erà dato a scri– vere per trastullo e passatempo. Ma il quesito che mi fingevo di rivolgere al regale autore delle odienne memorie era questo: "Co.rn pensate di ricavare, Maestà, da cotesta scrittura? Al di fuo– ri di un rilancio pubblicitario del vo– stro nome, quale vantagio, quale giova– mento nè discenderà per la vostra per– sona e per il 1Jostro impero?". Non mi sapevo e non mi so rispon- , dere ·ed un senso stretto di malinconia torna ad agguantarmi ,nel constatare di re e principi che hanno le confessioni facili, che dicono scopertamente di sè, come indistinti, comunissimi mortali. Mentre a me piacerebbe ·ancora indo– vinarli, più che_vederli; chiusi nella fa• vola di misteriosi segreti, d'impenetra– bili, inviolabili lontananze. Ho sempre pensato che ad un sovrano si addica il silenzi~. Il silenzio parrebbe la veste preziosa di ogni dignità, di ogni deco• ro. Quando il silenzio non funge anche da ottima maschera per cancellare una incapacità, un difetto, una miseria. Non che lo Scià abbia alcunchè da nascon– dere. Non lo so. A me piace vederlo per/ etto come un re anche in questo momento. Ma io godevo a,ncora dei nii-• ti, dell'ingtm-ilo illuminato ,delle! neb– bie, dei palazzi sepolti nel verde -om• braso e clandestino dei parchi immen• si, dove l'imnwginazione ingenua e stu– penda delle fiqbe collocava re e regine, ' principi e principesse, circonfusi di fe• \ licità proilJite. di fortune. e sventure so– vrum{lne al di. sopra delle opinioni Ta• gionate, delle interpretazioni politiche, delle roman.Jicherie compassionevoli del divismo, del rotocalchismo insaziabile di superficialità e di mediocrità. Sen– tite M ontaigne : "Quello splendore stra-' ordinario che lo ( il re.) circonda, lo circonda, lo nasconde e ce-lo sottrae; la nostra vista vi si spezza e vi si offusca, trovandosi colmata e fermata da quel– la forte luce". Ne vengono come di– strutte le qualità "vere ed essenziali" dell'umo, ma si salva il monarca. Quando un sovrano mi rivela la sua giornata. le sue minute occupazioni, butta all'aria e spacca l'incantato bos– i'olo di vetro istoriato della sua esisten– za. e- scopro banalità come queste che un rè si alza alle s,ette e mezzo, che mentre fa il bagno e .~i rade prende "a rif let– \ere su qualche particolare a,ffare di Stato" e che fa colazione da solo con succhi di frutta e pane tostato, mi sen• to un de.fuso, mi avvilisco e piango co• me zin bambino sui frantumi di un gi-o– cattolo per tanto tempo accarezzato. E finchè si rimane sul piano ,di un diario quotidiano amorfo e antimagne– tico, nulla di male, perchè in fondo si rispetta una ·verità, che pur impoetica per chi ha zina certa opinione dei, so– t!rani, sempre verità è; ma quan,do mi accorgo che _la verità è ,cont-esa o discus-' sa, come lascia s1lpporre un altro rato• calco che pubbZica "la vita sentimenta• le dello Scià rivelata da u,n suo intimo", allora la necessità del silenzio mi appare • sempre più una cosa incomparabile. Scriveva ancora Montaigne: "Il più' scabroso e difficile mestiere del mon-:

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