l’ordine civile - anno II - n. 13 - 1 luglio 1960

pag. 8 con accuratezza di organizzazione militare, l'impresa Fbica. Tale imprern, decisa nell'autunno d-el 1911, fu accoha con un fervore indicibile dal popolo ita,liano, perché era stata ben orchestrata dalla propaganda, trovava un governo com• patto e consapevole dei propri progetti, e un desiderio nella massa di vendicare l'onta di Adua e dimostrare a amici e nemici che l'Italia sapeva fare qualcosa da sé sul piano inter– nazionale. cc Tripoli bel suol -d'amore » fu lo slogan nazio-na,listico e colonialistico più famoso fra gli italiani e, alle attese, cor– rispose fino dai primi mesi, una ·realtà confortante : tutta la lunga costa libica, da Ras Agir al golfo di Bomba, venne occupata e si comineiò anche una lenta penetrazione. I tur~ chi, presto impegnati nella guerra. balcanica, non opposero seria resistenza e più ancora avrebbero perduto se non fos– sero intervenute pressioni. internazionali. Infatti le forze ita– liane avevano occupato, per ritorsione e garanzia-,. ,le isole greche ( in possesso df>i turchi) del Dodecàneso, e minaccia– vano fortemente la costa asiatica dell'Asir e dello Yemen e lo stesso cuore dell'Impero ottomano,. come dimostrò l'auda– ci~simo raid nei Dardanelli. Così, alla pace di Losanna· del 1912, la Libia, seppur decurtata nei territori -meridionali dalile solite invadenze franco-britanniche, passò sotto la so- v!"anità italiana. • • Si assistette allora allo spettacolo, fra il 1913 e il 1915, in cui la bravnra dei soldati fu battuta dal lavo-ro clei poli– tici, anche perché i politici eran nel frattempo ·in parte mu– tati. Così la tradizionale incompetenza in fatto di politica indigena portò ad afouni fondamentali errori: l'essersì ini– micati la potente setta religiosa dei Senus-si; l'aver fatto una azione contradittoria fra alcuni capi~trihù; l'aver usato al– ternativamente e .eon incredibile cecità ora la vio-lenz-a ed ora l'arrendevplezza verso esponeritI, sempre infidi, del· mon– do indigeno. Le conseguenze furono che la Li'bià, nel settore tripolitano e fezzanese, fu occupata, mentre la Cirenaica ·re--· sisteva duramente in armi. Lo scoppio della guerra europea e il conseguente disinteresse mi 1 litare per ii settore coloniale portò a un capovolgimento della situazione nei due settori libici: pace in Cirenaica, mediante trattative in parte· equi– voche, e ·abbandono ignominioso e cruento ·di tutto il· Fezzan e la Tripolita·nia, meno due punti costieri; conseguente sca~ dimento del prestigio naziona,le presso gli indigeni e perdita di ogni possibilità di rendimento delle fatiche, del sangue e del danaro profuso. Passò la guerra, venne la vittoria, e la situazione, m~11- tenutasi stabi,lizzata a prezzo di abilità e sforzi politici e fi– nanziari non lievi, avrehhe potuto assai facilmente ristabi– lirsi, senonché una malintesa politiea libertaria, frutto del disordine che regnava in Italia, fece beneficiare la ribellione indigena dei dissensi nazionali e ·scadere del tutto quel poco di prestigio che ancora avrebbe potuto e•sserci. Il regime tri– po 1 litano era illusorio e in Cirenaica gli accord_i si mantene– vano a prezzo di concessioni sempre più pericolose. Sopraggiunto il fa~cismo, il terreno coloniale si prestò egregiamente a svolgere una politica di prestigio spirita a fondo. Trovati gli uomini. l'azione militare e la politica di forza, ridettero il possesso della Tripolitania utile in due anni, ma ·precipitarono pnò l'instabile e-quiolibrio cirenaico. Occorsero ancora circa sei anni di costose e in parte anche sanguinose operazioni hdliche, ma alla fine, tutto· il territorio libico, fino agli estremi confini desertici, nell'estate 1<130, era in saldo possesso itali.ano e la -azione di valorizzazione eco-nomico-migratoria cominciava con mezzi" efficaci. Non si può negare che se la violenza non -fu lesinata, neppure l'av- ibliotecagi . o 1anco l'ordine civile vedutezza e il danaro furono contati per conquistare persone e terre e il risultato. fu e •sarebbe stato ancora più completo se non fosse sopraggiunto il flagello della guerra mondiale. Le mire imperiali, ormai la parola era entrata nel gergo comune, volgevano ben più oltre. I territori africani non ba– stavano e non soddisfacevano certo aille esigenze demografi– che della patria. Da ciò venne l'idea di approfittare della sitliazione morale del paese dinanzi a1le altre nazioni e al tempo stesso dell'ultima possibilità di fecondo sbocco in Africa: la conquista dell'Etiopia. Mentre l'Eritrea, in si 1 len– zio, aveva continuato a vivacchiare rendendosi qua,si auto– noma economicamente, la Somalia, grazie specialmente alla tenacia di alcuni coloni· fra i qua-li un principe sabaudo, ave– va dimostrato possibilità reali di sviluppo. Però tutt-o -ciò era troppo poco per le necessità nazionali e per le ambizioni del· regime ail potere in Italia. Sorse così l'idea dell'impresa etiopica. Le sanzioni so– cietarie non stroncarono l'iniziativa e, nonostante alcuni fo. colai di circo~critta guerriglia, in sette mesi l'Italia si con– quistò un impero. C'era drivvero terra per tutti e possibilità di vi-ta. L'iniziativa privata e la buona· volontà, immediata– mente applicate, dimostrarono come il territorio etiopico avrebbe potuto risolvere tanti problemi nazionali, ma altre complicazioni erano all'orizzonte internazionale. E' inutile rifare la storia più recente: con la guerra perduta, tutto fu perduto sul terreno militare. Sul terreno politico forse non poco avrebbe potuto esser salvato, perché le· popolazioni indigene, senza eccezione, rimasero calme e fedeli. L'imposizione delle dure condizioni di pace tolsero l'ultima eventualitit di un piede a terra, anche in forma de– mocratica, dell'Italia in Libia; l'Eritrea fu sacrificata alla Etiopia, la Somalia invece ci venne affidata in cc trusteeship 1> <lall'O.N.U. col ,vantaggio di gravare sul :bilancio italiano di alcuni miliardi senza il minimo utile, se non quello di man– teneTe l'ossigeno a un piccolo numero di coltivatori di ba> nane. Al momento della liquidazione definitiva di ogni pre• senza italiana in Africa quale è la situazione? _ La Libia, che ha scoperto la sua incredibile ricchezza mineraria, è il campo delle competizioni finanziarie inter– nazio~~li e l'ItàE-a potrà solo forse avervi una presenza uma– na, non sgradita, ·e qualche margine di interessi: nulla più. L'Eritrea mantiene in paee i pochi italiani rimasti, che non sono sgraditi ospiti; -la .Somalia segue una sua d·irezione, che sfuggirà del tutto all'influsso it;iliano, sicché non si potrà avere_ alcuna garanzia per il mantenimento dei residui inte- 1·essi economici nazionali. Un bilancio veramente tutt'altro che allegro. Se consolazione può essere il considerare disgrazie evi– tale, si potrebbe osservare che la difficilissima situazione del nord Africa francese, è una conseguenza della nostra prema– tura estromi.~sione dalla Libia, e che le difficoltà che avrà l'lnghirlterrn in Africa orientale saranno i relativi riflessi della nostra assenza nei territori, che avreb-bero equilibrato i suoi interessi. Magro conforto davvero, se si pensa ai circa 60.000 morti delle campagne coloniali e ai miliardi spesi e alle umiliazioni patite. Unico serio elementlJ positivo potrà essere un orienta• mento, svincolato da presenze sovrane, di larga collabora• zione con i paesi d'Oriente e specialmentl:' del bacino medi, terraneo, ove gli italiani possono esser ancora ben visti e dove hanno già ;;apulo dimostrare le loro capacità. Tutto ciò, per svilupparsi, presupponi'! però una oeulata, tempestiva, opportuna, intelligente azione del governo nazionale, /

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