l’ordine civile - anno II - n. 13 - 1 luglio 1960

VANGELO SECONDO L~CA ( V, 1-11 ). Quarta domenica dopo Pentecoste. Mentre la gente si accalcava intorno a ·Gesù per udire la parola di •Dio, egli stava presso il lago di Genezaret. E vide due barche ferme alla riva, dalle quali erano scesi i pescatori per lavare le reti. Salito su una di esse, che era di Simone, gli chiese di staccarsi un po' da terra. E stando seduto insegnava alla folla dalla barca. • Quando cessò ·di parlare, disse a Simone : « prendi il lar– go, e calate le vostre reti per la pesca ». E rispondendo Simone gli disse: « maestro, abbiamo faticato tutta la notte, e non abbiamo preso nulla: però sulla tua parola calerò la 'rete». Avendo fatto questo, presero una tale quantità di pesci che la rete si rompeva. Allora fecero segno ai compagni dell'altra barca che venissero ad aiutarli. E vennero, e riempirono tutte e due le barche in modo che q,uasi affondavano. Avendo veduto questo Simone Pietrò si gettò ai ginocchi di Gesù, dicendo: « esci da me, Signore, perché sono un pec– catore». Infatti lo sbigottimento aveva circondato lui e tutti quelli che erano con lui, per la pesca dei pesci che avevano fatta; e così pure •Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo, che erano compagni di Simone. E Gèsù disse a Simone: « non te– mere, d'ora in poi sarai pescatore di uomini ». Ed essi, tirate a riva le barche, abbandonata ogni cosa lo seguirono. Dinnanzi ai miracoli compiuti da Gesù, i Vangeli mettono frequentemente .in rilievo, come reazione da parte di coloro che ne furono testimoni, il senso ,di paura e di sbigottimento : « lo sbigottimento aveva circondato lui e tutti quelli che erano con lui, •per la pesca di pesci che avevano fatta ». li nostro modo di reagire alla narrazione di •un miracolo è invece completa– mente diverso: presenta, come costante di fondo, un tranquillo e tipido atteggiamento di riconoscenza per la· misericordia di Dio. Ma è certo che se fossimo posti oggi dinnanzi al ripetersi di uno dei grandi prodigi operati da •Cristo - la resurrezione di Lazzaro, o il moltiplicarsi dei pani, o la guarigione- di un lebbroso, il nostro primo e più forte moto sarebbe di terrore per la rottura di tutte le regole che garantiscono la possibilità stessa della nostra vita soltanto umana. Ebbene, questo con– trasto fra il nostro modo di vivere e il nostro modo di acco– starci alla parola di 1 Dio misura la nostra incapacità di vera– mente sentire la presenza e la •potenza di Gesù Cristo. Il primo sentimento che emerge dallo sbigottimento di Pietro è l'inadeguatezza della sua persona e della sua vita din– nanzi all'opera messianica di Gesù: « esci da me, Signore, per– ché rono un peccatore ». La ferrea necessità che domina il mondo della· natura sta alla potenza liberamente trasformatrice .e redentrice di Dio come la dura legge della nostra impotenza e della nostra miseria sta .alla libertà e alla gioia dei figli di Dio. la « morale». dei miracoli di Gesù è in questo paralleli– smo, anzi in questa sostanziale iden-tificazione, fra l'interiore dell',uomo e la re~ltà universale. E' tanto impossibile che un morto risusciti e che un mare deserto si riempia improvvisa– mente di pesci, quanto è impossibile- che un uomo si liberi dalla sua miseria. Per q~esto, a Pietro pieno di paura e schiavo del suo peccato, Gesù dice: « non temere, d'ora in poi sarai pesca– tore di uomini ». Una pesca altrettanto incredibile, altrettanto assurda, quando non per una sola ·notte ma per due millenni si è faticato invano, ~enza ·prendere nulla. Che la barca che getta le reti, sulla parola di Cristo, per pescare uomini pòssa davvero finalmente e improvvisamente riempirsi fino quasi ad affondare per il peso di una pesca IL VANGELO so~rabbondante, non è meno impossibile del miracolo che ci racfonta il Vangelo di oggi. Noi crediamo che sia abbastanza fac11e santificare la nostra vita, mentre saremmo invasi dal ter– rore se il miracolo del lago -di Genezaret si ripetesse sotto i nostri occhi; in mezzo, sospesa nell'impensabile, lasciamo la Fr~messa della redenzione del mondo. Ma le tre cose sono una, altriettanto impossibile, altrettanto certa, al di là dello scoraggia– mento per la nostra inutile fatica e al di là della sbigottimento per la terribile potenza di Dio. VANGELO SECONDO MATTEO (V, 20-24). Quinta domenica do– po Pentecoste. « Se la vostra giustizia non sarà più grande di quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno del cielo. Avete udito che agli antichi è stato detto: "non uccidere: e chiunque ucciderà sarà condannato in giudizio". Ma io vi dico che chiunque è preso dall'ira contro un suo fratello sarà co~dannato in giudizio. E chi dirà a un Sl!O fratello "stupido" sarà condannato nel Sinedrio. E chi gli dirà "malvagio" -sarà de– gn6 del fuoco della Geenna. Se dunque stai per fare la tua offerta all'altare, e in quel momento ti ricordi che un tuo fra– tello ha qualcosa contro di te, lascia la tua offerta davanti all'al– tare e va prima a riconciliarti con il tuo fratello; e poi ritorna, e fa la tua offerta »: In un passo del Vangelo Gesù, riferendosi al « discorso della montagna » dal -quale è tratto ,questo brano ,sulla giu– stizia necessaria per entrare nel « regno del cielo », parla dei suoi « comandamenti minimi ». Un impegno per il quale un atto di disprezzo verso il prossi,mo è colpa più grave ,di quanto sia per qualuuque moraile, anche rigorosissima, l'omicidio, è ancora qualcosa di « minimo », dunque, nei confronti del- 1 'impegno che Dio vuole da noi. , Dio vuole -da noi un impegno che supera enormemente l'ambito della « morale ». Questo significa i1llinguaggio para– dossale usato· da Gesù fin dal «· discorso della montagna », con 1 le s 1 ue capovolgitrici beatitudini. Che verso un altro uomo -lo uomo debba avere una infinita tenerezza non è e non può di– ventare certamente né un comandamento morale né l'articolo di un codice, ma può essere solo la conseguenza dello scon– vo1lgente bi,sogno di una perfezione assoluta. di .un amore in– tenso fino allo .spasimo .. Come supera l'ordine « morale », così l'impegno cristia– no supera àddirittura l'ordine « religioso ll: anche i1 dovere ( pur sempre qualcosa che è oggetto di una legg-e, di una norma) che ci porta dinnanzi aU'altare scompare di fronte all'(èsÌ!stenza di una vicinanza senza ombre con· il proprio fra– tello, àl bisogno di stare con lui secondo il « dulce est fratres hahlitare in unum >l del salmista. Non importa se sono io ad ave~e qualcosa contro il mio fratello, o ,se è il mio fratello ad avere qualcosa contro -di me, -non importa· chi ahbia ra– gio+e o più ragione, chi sia ,l'offeso o l'offensore, importa che i due fratelli si ritrovino e non serbino neppure il :ricordo del << qriarlcosa » che li separava. Questo ,è il ·« minimo » che ,è nec~ssario capire e volere per ·poter intendere la parola di e -1 n~to. Ma i cristi,ani, se .giunti· dinnanzi all'altare si ricordano di tina- lite con il loro fratello, lasciano l'altare e vanno alla polizia per presentare la loro denuncia, e tornano tranquirl– lamf n te all'altare in attesa che il giudice li -chiami a deporre. I GIORGIO ZUNE,SI Direzione, redazione e amministrazione: Roma • Via di Porta Castello, 13 • Tel. 561.279 . Direttore: GIOVANNI BAGET-BOZZO - Redattore 1 respons~bile: DOMENICO DE SOSSI . Aut-0riuazione del Tribunale di Roma n. 6923 del 30 maggio 1959 ABBONAMENTI: Annuo: L. 2.000 • Sem.: L. 1.100 • Trim.: L. 600 Tip. ABs-GuF . _Roma - Via Banchi VeCl!hi 12 • Telef. 652.576 ibl10 ecagIno 1a e

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