l'ordine civile - anno II - n. 10 - 15 maggio 1960

b I l'ordine civile Un ultimo problema si aggiungeva ai precedenti, troppo difficile perchè si potesse tentare già di risolverlo, ma che bisognava conservare da parte. Questa filosofi.a che Cartesio aveva tròvato nella scolastica, come vi era entrat.a? Attraverso la Grecia, certamente, soprattutto attra– verso Aristotele, ma, giustamente, era proprio Aristotele che Cartesio detestava nella scolastica della quale egli non riteneva che gli elementi cristiani. L'esistenza di un solo ,Dio infinito, ·semplice, sovranamente li– bero, creatore dell'universo a titolo di causa efficiente onnipotente, ivi co~preso l'uomo .fatto a· sua immagine e somiglianza dotato di un'anima puramente spirituale libera da qualsiasi materia e capace di sopravvi,·ere al proprio corpo, non una sola di queste conclusioni di Cartesio si può ritrovare in Aristotele; al contrario tutte si trovano facilmente nella scolastica. La filosofia greca è dun-que uscita dal medioevo diversa da come vi era entrata e, lungi dal venire dopo i •Greci ,e quasi come non vi fosse nulla fra essi e lui », Cartesio è venuto dopo il Medioevo quasi come se i Greci non fossero esistiti. Ora è alla teologia cristiana che la fìlosona deve il .fatto di aver subito una trasformazione così profonda. La teologia dunque non ha semplicemente contenuto della metafisica, essa ha dovuto necessariamente produrne. Questo doppio mutamento della filosofia greca in teologia cristiana, poi della teologia cristiana in filosofia moderna si accordava male con l'opposizione che si vede co– munemente fra le due discipline. Diveniva dunque necessario risalire sino a questa antica filosofia dei teologi per esaminare la natura e il contenuto. Il senso di questa necessita mi impose •di iniziare lo studio serio di San Tommaso d'Aquino, soprattutto delle sue opere· teologiche, le sole in cui si ritrova esplicitamente insegnato quel corpo di dottrine metafi– siche distinte da quelle di Aristotele e delle quali si può dire che, attraverso Cartesio, sono divenute come un bene comune della filosofia moderna. Da questi studi nacque un modesto corso da debuttante, « Il tomismo », che non trovò editori a Parigi ma pubblicato a Strasburgo nel 1919. Il libro resterà come un monumento elevato dall'autore alla propria ignoranza delle questioni di cui parlava. Incidentalmente è una curiosità tipografica. Delle critiche di cui questo sag.gio fu l'oggetto me ne sono rimaste presenti tre. Una, molto pertinente, veniv~ da ·Maurice de Wulf che rim– proverava al libro la reale insufficienza della parte propriamente me– tafisica. Promisi allora di tenerne conto e spero d'averlo fatto in seguito. La seconda era che il libro segue l'ordine teologico iu uua esposizione della filosofia di ·san Tommaso; ci torneremo sopra. La terza, che let– teralmente mi stupì era di un teologo delle Facoltà cattoliche di Tolosa. Protestava contro la pretesa di esporre una « filosofia di San Tommaso d'Aquino», come se esistesse una dottrina che gli fosse propria quando egli non ne aveva avuta altra che quella condivisa con i suoi contempo– ranei. Insomma tale critica dava ad intendere che sarebbe stato possibile esporre la cosiddetta filosofia di San. Tommaso traendola indifferente– mente o dalle sue opere o da quelle di uno scolastico qualsiasi. Questa critica - immagino - ammetteva con lo storico Maurice de .Wulf !;esi– stenza di una sintesi scolastica costituita. principalmente dalla tecnica in– tellettuale di Aristotele adottata da tutti gli scolastici e che in effetti fu per essi come un « bene comune ». L'origine di questa visione storica si spiega abbastanza facilmente. Gli stessi maestri cristiani che, per le ragioni già viste, desideravano al– lora costituire una filosofia libera da qualsiasi attacco teologico, facevano semplicemente rifluire .il loro ideale dottrinale sul passato. Per non ta– gliarsi fuori dalla tradizione la adattavano alle loro esigenze e si co– struivano una filosofia medioevale tanto indipendente da qualsiasi teo– logia come volevano fosse la loro. Non vi è nessuno sforzo inutile nella storia; ciascuno storico può riferire del passato solo ciò che ne ha colto dal punto di vista dal quale lo ha considerato. il solo modo di sapere se la filosofia di San Tommaso fosse· vera– mente la stessa di quella degli altri scolastici era di compararlo a qual– che altro teologo. Così nacque lo studio su « La filosofia di San Bona– ventura» pubblicato nel 1924. Il lavoro era agevole grazie all'eccellente edizione di tutte le opere del Santo curata dai Padri francescani di Quaracchi. D'altronde le e;posiziòni di questo teologo sono così •ben ordinate e così perfettamente chiare che il suo storico deve spesso con– tentarsi di tradurle. La dottrina era manifestamente diversa da quella di San Tommaso. Le nozioni fondamentali di essere di causa, di in– telletto e di conoscenza naturale erano differenti nelle due dottrine; dunque ormai noi possedevamo almeno due filosofie medioevali e tutto andava per il meglio quando Padre Mandonnet, O.P., sopraggiunse a sconvolgere i dati del pro 1 blema. Storico di gran razza P. Pierre Mandonnet era anche domenicano quanto è possibile esserlo e il suo intellettualismo gli ispirava una sfi– ducia pronunciata, talora un poco comica, verso tutto ciò che era f;an– cescano o inclinava verso l'affettività. Dinanzi alla dottrina di San Bo– naventura, il cui linguaggio aristotelico dissimula appena l'ispirazione agostiniana, il verdetto di ·P. Mandonnet fu pronto e :fermo: come espo– sizione dottrinale il libro valeva •quello •che valeva ma il suo autore a.-eva sbagliato titolo. Non vi è filosofia irì una dottrina nella quale le frontiere fra la ragione e_ la fede sono così mal delimitate; il titolo corretto del libro avrebbe dovuto essere « La Teologia di San Bonaven– tura ». Padre Mandonnet non negava però che il Medioevo cristiano non fosse stato capace di .farsi un'idea precisa della filosofia. Al contrario c'erano stati certamente un filosofo e una filosofia degni di questi titoli, ne pag. 21 San Tommaso d'Aquino, O. .P., e la filosofia tomistJ Tutte le altre dot- trine erano delle teologie. San Tommaso solo aveva saputo praticare esattamente la distinzione dei generi, pensare •da teologo in qualunque materia di teologia e da filosofo in tutto ciò che riguarda la filosofia. Dunque il medioevo cristiano ha avuto veramente un filosofo, ma uno solo. Così, partito da un Medioevo senza filosofi, avevo, per un istante, creduto di trovarne due, ma dal momento che P. I Mandonnet mi por– tava via San Bonaventura, non me ne restava che uno. La situazione , era tanto più imbarazzante per il fatto che, mentre un teologo mi af– fermava che San Tommaso non aveva avuto una .filosofia particolare, un ; altro teologo mi affermava al contrario che egli era stato il solo del suo tempo ad averne una. Erano due colossali improbabilità. Era certo che vi fosse autentica speculazione filoso.fica in Tommaso d'Aquino, ma come credere· che non ve ne fosse in Sant'Agostino, in Giovanni Scoto Eriugena, in Sant'Anselmo? ·C'era piuttosto motivo di sospettare che il lealismo domenicano, di cui avevo più d'una prova, trascinasse, in tale questione, .P. Maudonnet al di )à delle frontiere della storia. Era difficile orientarcisi e d'altronde la situazione diventava un po' ridicola poichè non bisogna dimenticare che m'ero messo in cerca di filosofi ,per chiudere l'immenso buco aperto dal Medioevo nella storia della filosofia. All'inizio dell'impresa non prevedevo nessuna resistenza da parte dei rappresentanti della tradizione scolastica. Pensavo piuttosto di far loro piacere, ma m'ingannavo nei calcoli e cominciai a rendermene conto quando Padre Mandonnet mi lasciò a tu per tu con il solo San Tommaso d'Aquino per colmare una lacuna di tredici o quattordici st'coli. Ero a questo punto quando un altro frate predicatore venne a com– pletare la di&fatta delle mie ipotesi. Intellettualista e ragionatore come il suo maestro, P. Mandonnet, il Padre Théry, O.P." aggiungeva a queste qualità una indifferenza completa per le idee ricevute. Non solo non amava molto quel povero Ruggero Bacone il cui nome bastava a irritare Padre l\,landonnet, ma non si curava dei « cosa potranno dire?» intellet– tuali anche all'interno del suo Ordine. Fu ,proprio lui ad aprirmi final– mente gli occhi. ;Parlando .di una nuova edizione del « Tomismo » Padre Théry fece semplicemente notare che in effetti la dottrina di San Bona– ventura era una teologia, ma aggiunse che era esattamente la stessa cosa anche quella di San Tommaso d'A,,quino. In entrambi i casi si estrae dalle loro teologie un certo numero di tesi, si accomodano in forma di filosofie e si onorano i loro autori del titolo di filosofi. In effetti le loro opere sono delle teologie ed essi dei teologi.· Si tratta - concludeva con- verve - di teologie mozzate. ,Era la verità più semplice e più immediatamente evidente che si potesse concepire e, non appena gli fu presentata, il mio spirito se ne impadronì avidamente. Avevo commesso il tipico errore dello studente di filosofia che, constatando una lacuna inesplicahile nell'insegnamento della storia della filosofia, s'imbarca nell'avventura di ridurla o addi– rittura di colmarla. -Dunque avevo, prima di tutto, messo al sicuro un filosofo medioevale, poi due, ma Padre Mandonnet mi aveva portato via il secondo lasciandomi solo il primo ed ecco che Padre Théry mi portava via il solo che ,Padre ,Mandonnet m'aveva lasciato. Non mi resta– vano che teologie. Avevo dimostrato la tesi di Victor Cousin. Una sola cosa mi restava da fare, riprendere dalle fondamenta lo studio del problema tenendo conto di tutti i suoi dati conosciuti. Dap– prima una serie di tesi su Dio il mondo e l'uomo tali da poter essere state insegnate, in quanto alla loro sostanza, tanto .da filosofi moderni che da teologi del Medioevo; poi il fatto sorprendente che l'insieme di queste tesi, espressamente formulate, non si incontra che nelle opere teologiche -di San Tommaso, di San Bonaventura e di altri dottori sco- 1 astici; infine quest'ultimo fatto, più curioso ancora, che nessuno di questi autori abbia mai tentato di esporre tale insieme di tesi secondo l'ordine propriamente filosofico, andando dalle creature a Dio, ma che l'abbiano sempre esposto, nei loro Commentari sulle Sentenze e Somme di Teologia, secondo l'ordine propriamente teologico; andando da Dio alle sue opere. Si cerca un nome che convenga a una dottrina del genere, presa con tutti i caratteri che la distinguono dalle altre. Non sembra essercene ,che uno: teologia. La ragione principale che svia tanti storici, filosofi e teologi dal chiamare teologia ciò •che preferiscono chiamare filosofia è che, nel loro spirito, la nozione di teologia esclude quella di filosofia. A sentir loro, delle verità propriamente filosofiche, dipen– denti alla sola ragione, non potrebbero trovare posto in teologia dove tutte le conclusioni dipendono dalla fede. Ed è vero che tutte le con– clusioni del teologo dipendono dalla fede ma non è vero ,che tutte si deducano di là. rDunque era l'autentico senso della parola teologia che bisognava ritrovare, ivi compresa la definita concezione, che essa com– porta, del rapporto fra fede e ragione in una filosofia cristiana. Il lettore mi sarà grato di risparmiargli il resoconto dettagliato delle tappe intellettuali che mi condussero finalmente a veder chiaro in tale confusione. Desidero pi;rò far osservare che la storia mi aveva impegnato e che fu la storia a darmi l'avvio di soluzione. ·C'era stata molta ingenuità nelle mie prime decisioni d'applicare semplicemente a Tommaso d'A,quino, a San Bonaventura e agli altri teologi del Medioevo, gli stessi metodi che Lucien Lévy-Bruhl e Victor Delbos applicavano allo studio di Car– tesio, di Humè o di Kant. Evidentemente questo ,bastava a pregiudicare la questione, dato che parlarne così supponeva dato per pacifico eh~ si trattasse di filosofi. Vi era però del ,buono in questo errore di prospet-

RkJQdWJsaXNoZXIy NjIwNTM=