l’ordine civile - anno I - n. 11 - 1 dicembre 1959

pag. 8 i cittadini. Soluzione per questo problema verrebbe trovata, secondo De Stefanis, nell'ordinamento regionale, previsto da.Ila Costituzione. La documentazione allegata è interessan– te, e come anche per le sue seguenti tesi, assai accurata. Il secondo tema trattato è lo sviluppo economico, piena occupazione e non lotta contro la disoccupazione, moderniz– zazione dell'ag,ricoltura, trasformazione del mezzogiorno, au– mento del reddito nazionale. L'obbiettivo concreto da rag– giungere, afferma De Stefanis, per realizzare lo sviluppo economico, è dato dall'aumento delle fonti di energia. Pro– blema interessante che però, a parer nostro, non si risolve come sembra voler ci·edere De Stefanis, con la semplice na– zionalizzazione delle fonti di energia. Ci vuole tutta una politica economica che miri a sviluppare i vari settori della produzione, segnatamente, il settore energetico. ,Ci vogliono investimenti, e pertanto leggi che li favoriscano, specialmen– te nelle aree sottosviluppate, abbondanza di risparmio da tra– sferirsi fino all'ultima lira nel campo degli investimenti. Aumentare tutte le, attività primarie è essenziale, perchè senza questo non si potrà 1nai . mettere mano con successo a quelle attività terziarie, segnatamente ai massicci inter– venti nel settore scolastico, che tanto stanno a· cuore, e giu– stamente, al De Stefanis. Più energia, più acciaio, più acido solforico, questi sono gli aspetti che De Stefanis avrebbe dovuto illustrare più am– piamente ai suoi amici. A parte il giudizio di merito, dire nazionalizziamo le fonti di energia, si è detto troppo poco. Intervenga lo Stato dove e quando è necessario, a -condizione che ciò dia il massimo sviluppo al settore industriale, solo attraverso questa voce si potranno risolvere tanti problemi, primo fra tutti quello della disoccupazione, l'antica piaga d'Italia. Ve1·amente dalle relazioni politi-che e dai vari inter– venti, farebbe veramente piacere trovare più economia e meno politica. Ma del resto ta-le appunto criti-co va fatto un po' a tutta l'attuale classe dirigente italiana. Certo, la scuola è il problema centrale, ma a dei giovani che nel futuro potranno avere un ruolo direttivo, nello Stato, è bene ricor– dare che, la p·reparazione delle classi dirigenti vede ~n tutti i pa·esi più progrediti, un grande sforzo soprattutto sul piano della formazione tecnica. Ma a questo punto, ci chiediamo, lo sforzo organizzativo compiuto dal movimento giovanile, sforzo che indubbiamen– te è approdato a risultati relativamente soddisfacenti, ha creato veramente le premesse per quella sempre maggiore cliffusione e per quel sistematico miglioramento qualitativo dei quadri? Quali sono le reazioni effettive della massa dei giovani al lavoro sistematico di questo gruppo di elementi volonterosi? Basandomi sulla esperienza ed anche sulle taci– te affermazioni di alcuni dirigenti, si può dire che tali risultati non sono davvero entusiasmanti, anzi sembra· che tutti gli sforzi lascino quasi indifferenti la maggioranza di quei giovani, che pur recandosi a votare, darà il voto alla Democrazia Cristiana. Perchè succede questo? A parer nostro, ii movimento giovanile democristiano non ha saputo dare ai giovani nes– sun::r nuova base ideologico-politica sufficiente, che già essi non avessero per la loro educazione cattolica. L'affermazio– ne è grave, ma ci sembra evidente ·che alla penosa carenza di ideali politici della gran massa ·dei giovani, il movimento giovanile democristiano, non ha saputo trovare alcun rime– dio. Non che non ci abbia provato\ tutta l'attività di De Ste– fanis è idealmente coordinata su una base di antifascismo e di professione di ideali deJnocratici. }Via la stragrande mag– gioranza, direi anche la totalità dei giovani, i quali non siano stati politicizzati, cioè educati da un partito, non è antifascista, per la semplice ragione che del fascismo non gliene importa niente. L'antifascismo poi di carattere dottrinale, quell'antifa– scismo cioè che considera il ventennio come « rivelatore » delìa decrepitezza e dei vizi della società italiana~ quasi sup• pures-cenza cioè di germi -dannosi, dovuti alla secolare mise– ria, all'ignoranza ai difetti del nostro risorgimento, forse alla dominazione spagnola e alla controriforma, ( e ·magari, già che ci sia1no, alle invasioni barbariche e ai patrizi è ple– bei), il concetto del fascismo come rivelatore, dicevamo, an– che se avesse una base reale, e a parer mio in parte ·ce l'ha, non può essere ca·pito da-i giovani. Per i giovani, se il fascismo fu una colpa, essa ricade Bib-liotecaGino Bianco L'ordine civile interamente sulla classe dirigente pre-fascista, che non seppe opporsi al fascismo, che lo giustificò con la sua incapacità, che aspettò le truppe anglo americane per tornare sulle piaz– ze; il giovano non può capire cioè le critiche di una classe diri.gente che rimprovera il fascismo i difetti che essa stessa dimostra di avere. Questo sul piano intellettuale. Se si cen– de in un piano più popolare il problema è anche più chiaro. Secondo noi si è trascurato principalmente il fatto che il fascismo, piaccia o non piaccia, fu un fenomeno a sai più popolare di quanto si tenda a far credere; almeno peria– mo che sia così, altrimenti ben triste stima si dovrebbe avere di un popolo di 40 milioni di persone che si sia fatto sog– giogare, senza quasi comhattere, da una piccola minoranza. La piccola borghesia italiana fu profondamente legata al fascismo, -che la faceva· sentire grande a poco prezzo, lo abbandonò quando la terra cominciò a scottare troppo. Del resto quello che noi affermiamo e comprovato da delle pre– cise inchieste condotte dallo stesso movimento giovanile. La C.I.S.E.R. nelle sue indagini sulle opinioni dei gio– vani, arrivava a delle conclusioni veramente sorprendenti. Mentre infatti si registrava una netta convergenza sulle posi– zioni di centro sinistra, sul fascismo la maggioranza si espri– meva favorevolmente al ventennio, pur condannando la guer– ra, ( che non vedeva· per niente come shocco necessario del fascismo), al secondo po.sto si classi•ficarono coloro che oltre ad esprimersi favorevolmente sul ventennio approvavano la guerra, un ultimo gruppo era antifascista dichiarato. Tutto ciò deve far pensare perché qui sarebbe troppo facile lamen- tare l'ignoranza dei giovani sul fascismo. . Il giovane generalmente parte senza pregiudizi nei suoi ragionamenti. Comincia sempre inconsapevolmente col con– siderare che in ogni cosa c'è una parte di bene e una parte di male, una parte di vero e una parte di falso. Facendo dell'antifascismo, si è psicologicamente errato con una con– danna inappellabile ed jndiscriminata, perchè appena si può constatare che nel ventennio qualcosa di buono, magari pic– colo, fu fatto, il giovane è portato a dar poco credito a tutte le altre, magari fondatissime, accuse. Più ci accaniremo indi– scriminatamente contro il fascismo, più i giovani si chiede– ranno perchè mai ce l'abbiamo tanto con questo fantasma del passato; in fondo gli facciamo tutta propaganda gratui– ta. E se poi i giovani democristiani del movimento giovanile non hanno nessun altra solida ha~e ideologica, dobbiamo dire che questa -si tratta di ben misera cosa. I tempi varino molto in fretta, i giovani guardano al futuro non al passato. E' stato sempre così. E se cade il mito antifascista, ci i chie– derà~ cade anche il patrimonio ide~le della resistenza, si mi– nano i principi della nostra costituzione. Noi la pensiamo diversamente. I valori ideali della resistenza, laddove vera– mente ci furono, rappresentano un momento stabile dello pirito umano, perché ·per l'amore -della libertà, caddero i greci a Maratona, ed i socialisti ungheresi nella rivolta del '56. La nostra carta costituzionale non fu -certo la prima che fu ispirata da simili nobili ideali, gloria ne ia a coloro che ,seppero ,darcela. -Ma costoro appiano -0he gli .antichi Ro– mani, non celebravano il trionfo per gli eroi delle guerre civili; e che questo infelice periodo della storia d'Italia, i gioV'ani lo vedono con occhi diversi dai loro. Del resto la storia ci insegna che è stato sempre così. L'ansia di rinno– vamento dei giovani si volge al futuro. Si tratta di un'ansia di rinnovamento economico, perchè la maggioranza soffre nelle strette di una indigenza quasi incredibile. Il « Free /roni want >> è il primo passo perchè si sviluppi una prohle– ma tica spirituale, si dia impulso ad una più ampia attività sociale, sia resa possibile una maggiore lealtà civile. M-a so– prattutto c'è l'ansia di un ideale, perchè lo spirito dei gio– vani è naturalmente generoso. De Stefanis, nella sua relazione politica del settembre ·59 prima del convegno di Firenze, parlando dei problemi di politica internazionale, affermava che: « L'Italia deve tende– re, proprio per la scelta di politica interna a realizzare al più presto, gli Stati Uniti d'Europa, creando una autorità politica sovranazionale che eserciti in piena sovranità i prin– cipali poteri degli stati membri ad essa delegatì >>. Non cre– diamo di non ingannarci affermando che, se il primo para– grafo d-el progra•m·ma del movimento .giovanile fosse il ri– po.rtato enunciato, una nuova era si aprirebbe ,per le sue for– tune, e ben altre aderenze ra-ccoglierehbe fra i -giovani.

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