l’ordine civile - anno I - n. 11 - 1 dicembre 1959

"costituzionalizzazione,, delle ·aziende e partecipazione • operaia Due giovani economisti lombardi, Piero Bassetti e Gia~ corno Corna-Pellegrini, hanno dedicato un loro singolare volu– -. me allo studio del « potere >> in Italia. Per lo meno insolita . è stata difatti l'idea di presentare il loro peniiero, robusto ·e nutrito di cultura moderna, in una forma discorsiva sem– plicissima, veramente per « l'uomo della strada )), illustran– do l'esposizione con efficaci cc vignette )). Non so perchè ab– biano scelto questa strada, immagino che sia per fini di educazione democratica. Certo ayrebbero potuto tenere il discorso ad un livello molto impegnativo, se lo avessero desi– derato. Ma anche così fanno meditare tutti, non solo il cc si– gnor Brambilla >): perchè il quad1·0 della cosiddetta vita democratica è acuto, abbastanza completo ( vorrei dire, anche abbastanza inesorabile). Sono nudamente rappresentati tutti i « poteri >) che ogni giorno, in modo aperto o occulto, deter– minano tutti ·o ·qu:.asi gli atti, ed anche i pensieri, del misero « signor Brambilla )) : partiti e sindacati, giornali, burocra– zia, azienda ... E poichè gli autori sanno cogliere questo pro– cesso anche nella sua dinamica, il lettore, il « signor Bram– billa ))' si· trova a dover medita1·e non soltanto sul suo poco soddisfacente pres_en_te, ma su un avvenire che appare anche più preoccupante - anche se Bassetti e Cor_na-Pellergini, per conto loro, sembrano credere che la diffusione dell'istruzio– ne ( che aqcompagna il rapido- progresso tecnologico del nostro tempo) produrrà un sempre maggior controllo popo– lare sull'esercizio del potere in tutte le sue forme. Tra i capitoli più interessanti ci permetteremo di sce– gliere ( come spunto di un discorso che in breve ci porterà ben oltre il libro in· esame) quello sul potere aziendale. Quest'ultimo può essere ·utilmente considerato da due diversi punti di vis.ta , cioè in quanto si. esercita verso l'interno, sui dipendenti, e in quanto si esercita verso l'esterno, ossia sul Paese. Da questo secondo angolo visuale, ci interesseranno particolarmente atti quali la corruzione di politici e di buro– cratici, l'acquisto di giornali e riviste· per sottili forme di propaganda, la pubblicità in forme irrispettive ,della dignità umana. Ma dal primo punto di vista la nostra attenzione sarà -attratta soprattutto dagli atti di abuso ,sulla personalità 1del dipendente: la scelta è ampia, si va d·alla sopraffazione del superiore ( « il piccolo tiranno che ci è vicino e che, nella società moderna, è più temuto del grande tiranno lontano )) - . cito a memoria Mannheim), alle discriminazioni nelle assunzioni, nell'assegnazione di -compiti, nelle promozioni, alle tante iniziative per cc integrazione aziendale )) ( gite, viaggi, ecc.) che spesso sono concepite anch'esse con intendi– menti di sottile corruzione, o di inganno. A difesa del povero « signor Brambilla )), i due autori invocano la « costituzionalizzazione dell'azienda )), dove « per costituzionalizzazione si intende un processo per effetto del quale più limitata dovrà essere la zona di esercizio di poteri discrezionali da parte dell'imprenditore. Ciò tenderà ad avve– nire, ed in parte è già avvenuto, prima di tutto nell'ambito dei rapporti tra l'azienda e il suo personale. I vari sistemi di valutazione sistematica dei meriti, di definizione delle re– tribuzioni, d'avanzamento di carriera regolati a priori, tutto questo ed altro ancora che già si affaccia sul piano da un lato delle rivendicazioni sindacali, dall'altro delle concessioni delle imprese più illuminate, fanno chiaramente vedere in quali direzioni si giungerà ad una progressiva limitazione del– la discrezionalità dei poteri imprenditoriali. E' necessario cioè giungere "a fare dell'azienda, non più un'unità operante sotto l'esclusiva responsabilità e sotto l'esclusivo interesse del datore, ma una comunità aziendale in cui tutti i compo– nenti, dal datore stesso ai dirigenti ed ai lavoratori, operano BibliotecaGino Bianco di Luciano Cavalli secondo regole di responsabilità e di libertà mutuamente con– cordate e limitate· dai contratti co.J.lettivi di lavoro" {De _Mar.ia) )). E', questa di cui sopra,. un'indicazione abbastanza gene– rica. Di per sè, non ci porterebbe molto lontano, ma. è lo spunto che ci riconduce ad un·o dei « temi >) a cui i collabo– ratori Jle « L'ordine civile >> sono ritornati. più spesso: la cosiddetta partecipazione operaia. Per la verità, anche noi siamo restati per ora abbastanza nel vago. Nè arebbe facile essere più concreti e risoluti, quando tutte le esperienze sino ad oggi consumate sono poco documentate, apparentemente non perfettamente riuscite, in qualche modo contradittorie tra loro - e~ comunque, si riferiscono a condizioni gene– rali ben diverse da quelle del nostro Paese. Tuttavia, non vi è dubbio che bisogna partire dallo studio di queste espe– rienze, proprio perchè sono le sole esperienze disponibili: e non è detto che non sia possibile mettere un po' d'ordine in questÒ cumu~o di fatti, magari scartando, o sottoponendo a verifica, gli elem~nti di informazione meno sicuri, e pro– curandosene altri. Ordinandoli con me~odo noi possiamo trovare -un principio di risposta ai nostri principali interro– gativi, che, se non mi sbaglio, sono questi: i tentativi di con– sultazione, di cogestione e di gestione sociale hanno prodotto veramen_te la 1 partecipazione attiva dei lavoratori? quali risul– tati pratici hanno prodotto questi tentativi? e quali sono state le loro conseguenze, da un lato, per la lotta pe1· il potere, dall'altro per la integrazione nella più vasta società? Cominciamo da quest'ultimo punto ( ma si ricordi sem– pre che noi cerchiamo soltantò di dare delle indicazioni di lavoro, e non pretendiamo di trarre delle conclusioni in que– sto articolo). Cominciamo dai paesi occidentali con un regi– me e un goyerno capitalistici. In Austria e in Germania pare che· questi esperimenti abbiano prodotto una specie di particolarismo aziendale, nel senso che le forme di cogestio– ne adottate avrebbero indotto i lavoratori ad occuparsi piut– tosto dell'interesse della loro fabbrica - in quanto anche interesse. loro - che degli interessi del ceto operaio nel suo insieme. Dove i ;rapprésentanti operai sono eletti_ direttamen– te ( vedi, per esempio, i Comitati d'im•presa tedeschi, dal 1952 in poi) semlira che essi siano stati assimilati, e persino- cor– rotti, dal ceto imprenditoriale: frequenti i conflitti latenti od aperti con i sindacati. D'altra parte, anche dove i rap– prèsentanti fossero per la maggior parte scelti dai sinda~ati, essi venivano in genere assimilati, ·almeno psicologicamente, dalle direzioni: vedi, per esempio, i consigli di amministra– zione tedeschi in cui sono inclusi rappresentanti di lavora- 1:ori. Risultati analoghi pare che abbiano dato sinora gli espe– rimenti francesi di questo dopoguerra, ( dove il presidente dei comitati di impresa era il titolare dell'azienda). In Inghilterra, i comitati di consultazione mista del secondo dopoguerra sono stati sviluppati e protetti dai labu– risti. 'Eppure il partito laburista e, soprattutto, i sindacati, ne diffidavano, e i lavoratori non se ne interessavano che troppo poco. Dove non erano- ben controllati dai sindacati, i Comitati di consultazione diedero luogo all'accusa di « rom– pere il fronte operaio >> nell'interesse particolaristico delle singole aziende; e, dopo l'ascesa al governo dei conservatori, molti si sciolsero. In America, infine, vi sono stati solo te1=1tativi ed esperi– menti isolati: in compenso, essi sono gli unici, o quasi, che siano stati studiati seriamente da psico-sociologi ( French, Coch, etc.). Basti dire che si inseriscono tutti nel quadro di soluzioni autoritarie e « manipolative » ai problemi umani dell'industria. ·

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