l'ordine civile - anno I - n. 1 - 25 giugno 1959

La Città e Un dato di fatto della situazione italiana, lo si consta1ta da ogni parte, è il venir meno dell'interesse per la politi~a. Non crediamo sia un fatto di natura esclusivamente poli– tica. E' certamente possibile avviare un'analisi su questo pia– no per rendersi conto delle ragioni politiche ( come delle componenti culturali) che sono responsabili di tale dato di fatto; è anzi necessario. Quello che vorremmo ora dire è un poco diverso, poichè ci sembra che il disinteresse abbia moti– vazioni, se non forse diverse, più profonde. Cerchiamo di spie– garci. Il cittadino si rende conto che i partiti così come oggi sono non rappresentano in alcun modo lo strumento per la formazione e la gestione di uno Stato che corrisponda ai suoi ideali civili. I casi di maggior evidenza sono dati proprio dai due partiti che nel ,dopoguerra sembravano più di altri dispo– nibili per una identificazione di questo tipo: la DemocrazÌa Cristiana e il Partito Comunista. In essi, dietro le facciate congiunturali, sono venuti di fatto a mancare, tanto l'ideale della costruzione di uno Stato che nelle sue linee ordinatrici si ispirasse ai principi ·cristiani, quanto l'ideale della rivolu– zione socialista. D'altro canto una seconda constatazione s1 impone. La tradizione culturale italiana, unitaria pur nelle sue due grandi componenti '( diciamo ,Croce e Salvemini), ha visto via via ca– dere ogni sua possibilità di partecipare al governo della cosa pubblica ed anche di influenzarla in modo responsabile e de– terminante. Dal Partito d'Azione al Partito Radicale, con qualche forzatura, questa linea è presente al cittadino; e i cosiddetti intellettuali, i custodi della verità, si vedono re– spinti a posizioni marginali della vita pubblica ( ed altra e continua « respinta » hanno subìto quelli che credevano di poter combattere una nuova battaglia, per la verità e per uno Stato secondo il loro pensiero, nei partiti a grande appoggio popolare). Questa recente storia può essere analizzata, anzi deve es– sere studiata e analizzata, come si accennava. Il passaggio dal– lo Stato liberale italiano allo Stato democratico, attraverso il fascismo, la seconda guerra mondiale e la resistenza, non è' stato finora oggetto di studi tali da renderci chiaramente co– s~i~nti del patrimonio culturale e politico a nostra dispo– s1z10ne. Ed oggi quando non sia succube di situazioni confuse o quando non aecetti la clientela, ognuno sembra avere solo due scelte: di starsene in disparte, o di partecipare, forte delle sue mani e della sua coscienza pulite. Ma nei due casi il vero problema viene eluso : che è quello della costituzione di uno Stato di tutti, in cui tutti i cittadini possono riconpscersi. Ma quali idealità per questo Stato? Quali strumenti per la sua edificazione? Il disinteresse e il disagio, come dicevamo, non trovano radice solo in ,deficienze politiche e culturali del momento. La radice è, crediamo, altrove, o piuttosto v'è una radice più pro– fonda, ,che va ricercata nella concezione stessa del vivere ci– vile, e in dimensioni storiche più ampie, una radice che ci porta a riconsiderare la storia europea degli ultimi secoli e che ci porta tra gli altri, ma non secondariamente, a Ma– chiavelli. Al grande uomo di pensiero si rifà tutta la concezione politica italiana ( e non sono italiana). In Machiavelli, vor- il ,,p . . r1nc1pe,,· di Claudio Leonardi remmo sottolinearlo, è presente e operante un elemento dram– matico: formatosi alla grande cultura classica, erede in certo modo dell'umanesimo fiorentino, Machiavelli aveva di fronte la caduta dell'ultimo tentativo di costruire la Città secondo le concezioni medievali ( Savonarola), come la caduta delle forme signoriali e principesche che avevano preceduto a Firenze l'esperimento savoµaroliano. Nella storia fiorentina di questi decenni assistiamo ad una concentrazione storica im– pressionante, ad una sintesi, vorremmo dire, di vicende che altrove si disporranno lungo alcuni secoli. Machiavelli sente nella storia e in sè un elemento contraddittorio, che determina l'aspetto altamente drammatico del suo pensiero: l'impossi– bilità di conciliare l'ideale classico della res publica, del cit– tadino che trascende la propria individualità nella cosa di tutti, della politica strumento di viver civile e di uno Stato secondo la legge naturale, secondo ragione, di conciliare que– sto ideale con la realtà fiorentina e italiana. ·Cadute tutte le concezioni, gli rimane la scelta del suo cc Principe ». Poichè l'ideale va salvato, che si salvi con qualsiasi mezzo, e la poli– tica si crei sue leggi, trovi in sè la sua moralità poichè più non coincide con la moralità naturale, e i criteri secondo ragione siano contraddetti poichè non secondo ragione vive l'uomo. La storia si è poi ripetuta, e le concezioni politiche occidentali ,( talvolta anche quelle di alcuni cristiani, vicini a Machiavelli per la sfiducia nella natura umana) si sono rifatte alla proposta di Machiavelli, che tendeva a dissociare la re– sponsabilità del potere e della politica dalla responsabilità di tutti da un canto, e dalla morale naturale dall'altro. Ma al dramma è seguita la buona o cattiva amministrazione. Ma– chiavelli è in fondo rimasto solo, nessun altro con eguale ri– gore e responsabilità s'è posto ir problema che la civiltà me– dievale, giunta alla fine, lasciava aperto: la costruzione di uno Stato secondo ragione, secondo la legge di natura, con unanimità e inequivocità morale. Q~esto il problema di Ma– chiavelli. Ma non nei suoi epigoni e nelle e< burocratiche >i sue c~ntinuazioni e attuazioni. La riduzione machiavellica è stata accettata e attuata, non il suo problema, che il dramma de– nunciava. La riduzione è stata così sistematicamente applicata, creando il vero manicheismo moderno : da una parte la poli– tica in cui tutto si risolve e che unica conta; dall'altro tutto il resto, cui si dà cittadinanza solo in quanto serve la politica o non la danneggia o infastidisce ( cultura, religione, ecc.). La politica è diventata la prigione degli uomini di oggi; gli sche– mi ideologici e organizzativi di cui essa vive non sono più gli strumenti per il dominio della natura, per la liberazione dell'uomo; sono strumenti di morte spirituale, sono più forti dell'uomo stesso. Nel sistema ,così come è dato, l'uomo non vede oggi più nulla che trascenda la politica e possa darle un limite. In •questo, ci pare, il disinteresse contemporaneo alla po– litica ha radici profonde. Esso rappresenta anche la richiesta di una politica e, più, di un vivere civile, di un ordine in cui o·gni cosa abbia un suo posto. Ai cattolici, come agli altri, ma a loro in particolare in quanto eredi di una tradizione, può essere chiesto di dimostrare come sia possibile, fuori del machiavellismo come dell'integrismo, pensare una politica e un vivere civile ~costruiti .sulla legge naturale e sulla ragione·.

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