La Nuova Europa - anno II - n.26 - 1 luglio 1945

► -- 1• luglio 1945 --------------LA NUOVA E V llOP A'------------------ 9 __ RICORDI di un .CONTROLLORE N ELLA vita, st sa, accade talora he uno si trovi a dover fare Quello che non s'aspetta. A me è acca– duto pi_ùd'una volta, e una fu a, tem• po dell'altra guerra, quando ebbi a far parte dl una commlSsl.onemilitare dl controllo in una paese tra nemico ed am1oo, tra neutrale ed alleato. Quel Pomeriggio di gennaio del 1917 ~a stazione di Lamia era lnsolltamente affollata di gente del luogo venuta ai, l'arrivo del quottdiano treno di Atene per assistere ad un avvenimento storico destlnato a far eDOCanegll annali della piccola città di provtncla. E l'aspetta• tlva non fu, credo, del tutto delusa quando si vide scendere una singolare comitlva nella quale erano rappresen· tate almeno due razze e due col'lUnen\l. .Veniva innanzi un tenente dell'esercito francese in uniforme con Indosso una pelle Intera di pecora che gli dava un aspetto fra gonfio cd irsuto. Dietro a ~ui l'attendente in divisa azzurrina, e àue segretari in abito civile. Infine, tre giganti senegalesi dalla pelle di un nero ebano che strideva malamente col rosso scarlatto dei copricapi. C'era an• che un ufficialetto italiano, sottotenente di fanteria, senza séguito alcuno. oosl minuscolo e di poca prestanza che pa• reva messo 11apposta per rendere l'lm• magine del suo paese nella parte con• g(ornate 1nuun, troppo.piene di noia e mor.i > del sas.c;laccumulati fu trovala mtnt, tanti fucili, tante paia di scarpe di maltnconla: malinconia di Jungh: la nwltlna dopo, tutta coperta dl ghlr tanti pacchi di chiodi per Jmbullettarlc: pomeriggi domenicali trascorsi in so- Jnnde di fiori con la scritta e I Venlze• non uno di più, non uno dl meno. Tanti Illudine ne).la nu'Ua stanza d'albergo, listi di Atene>. Ma sull'esempio dl Ate,: uomini a Léchena, tanu ad AmaU::i,tan• nuda come una cella, col pensiero plù ne l'anàtema fu eseguito anche altrove. li a Py~gos. Ispezioni frequenti, sopra• che mai rivolto alfltalta... e in una piccola borgata ln quel dl Pyr• luoghi unprovvist: umlllazioni che la• A PasqUa fui trasferito a Patrasso: ~o:~g ~~:S':x,C:~!am~~s~l ~~~~n~~ ~~jk}a~~r~~;::~~ c~m;;~~~:;!;a 1~~: ambiente più arioso, vita plù sOCievole, « Pietra di anathema del tradltore della mandante della piazza. Questi era te• colore più «veneziano». Vi troval, e patria Eleuterio Ventzelos, qut eretta nuto a rispondere ad ognl domanùa. facemmo amicizia, un itallano di Smlr• dalla comunità dl Let.Iinòt: ta Lega de- Ma la sua parola - parola di soldato ne, genovese di ori&ine, 1rancese ùt gli eptstrau òi Pyrgos, maledicendo Il - non era creduta; sl procedeva alla educazione e di coJtura, autore, fra l'al• traditore Ventzelos e 1 suol complici». verifica. La più sbrigativa e la più tro, di un romanzo .(Alberto Reggio, Tanto divisi erano gll antmt, - e forse «sentita» e1·aquella degli ufficiali En• Les conc(usions de Prodrome Zécas: !a divisione aveva radici profonde, e tro quindici minuti dovevano esser tut• Rornan de moeurs grecques contempo- r~g.ionlremote che sfuggivano agUstes 1 ti presenti in caserma, schierati tn or• ra1.nes,Par.Jg\,Perrin, 1921).. Il Pel,opon• s1 contendenti. Venlzelos era cretese. dine di grado. L'ufficiai.e ispettore )l neso non era meno realista e germano• Venizeli.sta,repubbHcana, lntesofila era, conta\.·a, ruolino alla mano: n tenente filo delle provincie settentrloha!i. Le con Creta, Ja Grecia i.nsulare e Ja levan• passava in rivista 1 colonnelli, 1 mag• leghe degli eptstrati .(militari in congc• Una; costantiniana, monarchica e ger• glori, i capitani. Io, assistevo in sottor– do, riscrviStl). operavano in silenzio. manofila era, col Peloponneso, la Grecta dine, e vedevo .tampi di odio accenderst Costantino era il. e figlio de!l'aqulla ». continentale. Non erano queste, ancora negli occhi di Quei rudi soldati E ml :Venize\os era detestato come «tradito• una volta le due anime storiche della domandavo:· Pcrchè? Ha l'uomO 11di, re de!la patria», e con lut l'Intesa, e Grecia a par\ire dalla «Invasione del ritto di umiliare un altro· uomo? Jm1 con lei il Controllo. L'odio contro li Dori :t? non era questo ancora una voi• moralità della guerra. Diritto del ptù Cretese esplodeva in fonne ataviche e to 11mlllenarlo dualismo fra lo spirito forte. M'indignavo di dover lo partecl• strane. Ad Atene la suprema autorità dorico e lo jomco, tra la Grecia euro• pare a Quelle scene. Non era un'obtc, ecclesiastica aveva decretato e pronun pea .e la mcdltcrranea, la indoeuropea 7.lonedi coscienza: era altra cosa..... ~i· ctafo l'anàtema contro di lui, aggtun• e la minoica? Ciò non h'npedl natural• curo! sempre cosl Questi Italiani: sem• gendo alla malediZione .la Japldazione mente, che di li a qualche mese, co- pre umanitari, sempre disposti a inte• in corpo-re vìlt. Sopra una testa di toro stretto 11re ad abdicare, sl celebrasse nerirsl, incapaci di odiare, imbelU, In• posta sul terreno Il Metropollta stesso nella stessa Patrasso una cerimonia et• capaci dl ritorsione, neppure verso chl aveva scagliato la prima pietra, e dopo vile per tnneggiare a Venizelos « padre magari u disprezza e deride (lngleSi e lui ·la folla degli epistratl, tumultuosa· della patria>. Francesi erano, in Grecia, almeno te• Il\el1te,- singolare contamlnazione di Il lavoro del controllo mt era più muti: nOI.no, tutt'altro). costume barbarico e di llturgia blbllca sgradito che mai. Lo scopo era sempre Per fortuna non sono, gll Italiani, .O!capro espiatorio} che, anche per la quclfo, le partt erano invertite. Lassù tutti cosl. - Per fortuna? Ce ne fu uno notorietà della evittima», meritò dl es• al nord Sl trattava di constatare che che si sbracciò a tnlettare odio nei cuo sere segnalata e illustrata da un etno- non cl fosse rimasto nulla: nè un uomo ri immemori e refrattari, e proprio al• logo illustre tn una Iivista dl Londra nè una cartuccia. Qua, nel Peloponne• la Grecia volle « spezzare te reni». - (J. G. Frazer, The Cursino o/ ventze. so, bisOgnava verificare che ci rosse E le spezzò, sl.. all'Italia. Los, in New Europe, 1917).• La e grave tutto, e che tutto restasse 11:tanti uo- · UAFFAELE PE'l'TAZZONI sueta del parente povero. =======================================" Così, più o meno rassegnati a quella spettacolare accogllenza, cl avviammo, fosl e declSI con U nostro passato, seguiti dalla !olia, e facemmo li nostro GUE 1 DRA E CULTURA con un'opera dl assimllazlone lenta e ingresso in città: l'ingresso della Mis- J.\. serena, facendo che a poco a poco, .sione mHi.tare del controllo intera\• col temp0, con }o studio, con la me• ·)eato nel capoluogo del nomo di FtioU• dttazione di quelle cose nuove sva• de e F'ocide. La bHssione dipendeva di· S I sente dire speSSis.stmooggt e si lito: perchè dovrebbe essere umano so- pori quanto c1 è estraneo. restt in f~~,~=~iJ!o~~,J~;i~~itasu!~~~;t/~l · {:,g~e ~~~~~~~ 0 ;~: 1;"~~i \~~~: ~°nci~e~~~ c~~hta:~;b~ ~~~~eq~~~~ noi, acquisito per sempre, solo quan- Bulgarl e Tedeschi In Macedonia. La tàndo, anche noi .tetterau - artisti e dell'uomo politico e non quella placida lo può essere nostro. Ancora una volj Grecia, agitata da vecchie e nuove pas- critici - dovremmo mutare e cercare dell'uomo di scienza? Ora, dunque, la ta, non mutamenti rivotuzlonart dl stoni Politiche, era divisa in due cam• basi nuove al nostro lavoro e nuovt. fine di una dittatura •e questa guerra princlpt e di basl, ma maturazione di pi: l'uno, capeggiato da Venl:relos, ave• prtncipL · vinta e perduta ad un tempo, e tante noi, perchè non dal pr1nclpt non dal• va tatto causa comune con l'Intesa; lo, dopo aver sentito plù volte lJ con- lag1ime e tante rovine, tutto questo le basi, non dalle tecniche, ma solo )'altro, fedele a re Costantino, parteg sigllo, ho fatto un esame di coscienza non deve e non può mutare la mia po. da noi, dalla nostra vivacità dl cuJ. giava per le Potenze centrali. Neutrale rigoroso e sottile, e confesso che non Stzione innanzi alla critica e all'arte: lo tura e di, spirito potrà nascere qua(, dl nome germanofilo di !atto, i~ gover- riesco a capire ln che dovrei oggt cam• l!On posso che praticarle e amarle coi che cosa, dl gran<le O di piccolo poco ~c:.e:e:;~s~a~~o~~17! :~1~:s~~~~f.1~~:: ~~ede;:r~mlila;~mv~tt~On~i d~ g~~f~ me rima. coni10 stesso ~mordtteRf~e, importa. di nostro che è quello che sa· di rturare tutte !e lruppe greche che non sapevano scrivere una novei• ~~~st~ ~:!3 h~ 11 tin~~~5:;gn~ vifu. S~ conta. ' dal settentrione e accantonarle a sud la od un saggio senza parlare dell'Ur· mal, amarle dl un amore ancora più Se lo avessi oggi l'autorità di parlare dell'Istmo di. Corinto, perchè fosse libe- be e della nobiltà della Stirpe, della ll.mace, teli.ce che in tanto variare di consigliando a quanu lavorano per la rato da ogni possibile minacela a~le sua· missione nel mondo e dell'ordine cose e di event\ ml sta consentita la nostra cultura, io direi: l'autarchia spalle feserc\to di sa1onicx::o.A,lcunl nuovo che st andava lStaurando In Eu• gioia di queste cose Immutabili. la pu• culturale è schtocchezza e rozzezza, coi ufficiall dell'Intesa, distaccati tn vari ropa; e che sl occupassero di Mazzini ruzza d1 questo ).avoro senz'tre. sa da Starace e da Alfieri; ma anche ))O.$tf d1 controllo, dovevano a3:5lcurarst o De Sanctts, di Dante o dl Tolstol, n C'è però, a guardare ancora plù sotU?· la curiosltA trrequleta del nuovo, l'am• ~~: ~~~~~i,~nde~i ~~!~~:~~tad~i!l ~~~e;::1::ir~r~we-so~~!\~~ld~:1Y•~r; mente, un punto in cul davvero tbguer• mlrazlone trragtonevote dell'esotico efietUvi. Tutta questa gente deve oggl cambiare ~:~~~,:~ 1 ::1~\;n':~~e~~: 0 11;~\!esti:~; l'impazte~r.a febbrlle dei .d\\·ersor è roz: · Lamia era lt posto più v1.clno alta mente e !lnguaggto, e cambierà; e molt\ nt. abbiamo accumulato entro nO\ un'e• zezza, sa dl ragazzo O cafone. ~on ab• zona di operazioni, e forse il più peri• hanno glà cominciato; ma questi non spcrtenza cosl rtcca e dolente di affet· biamo 1mpazlenze, non preciplt1amo gli coloso. Circa un mese prima un uffl• oontano; non erano essi non dico 1 ti, abbiamo tanto visto e patito, che non eventi. non cerchiamo di costruire nuo– ciale dell'Intesa sulla strada di Lartssn sacerdoti, ma nemmeno t famull della siamo più quelli dI prima; qualcosa in vi edifici se non siamo nuovi noi stessi. era stato preso a fucilate da ignoti. Le cultura e dell'arte; erano, se mal, l noi non dico è mutato ma si è matura• Lavoriamo. studiamo, v1.vlamo; acco– autorità greche erano con noi corrette, famuli della pollUca spicciola, ed è na: to. siamo maturali noi stesst, e uni> suamocl rispettosi all'opera di cultura, ma gelide. La popolazione, appena pas• turale che mutino di colore e d'interes- scritto:e Io leggiamo oggl con un ant• qualunQue essa sia; sforziamoci. supe• sato il primo momento di curiosita, sl Sl con quella e che fiutino l'aria, tn• mo plu tonnentat~ e. comples~, con rtormente egoisti, di assimilarne solo n rivelò, qual'era e quale si .mantenne poi qulett. le orecchie a ventola da lepre una capacità qulnd1 più acuta d inten• buono ed II bello· lasciamo maturare . ~~~ela~~~~ 1 ~;~ 0 ~not~r~: 1 ~~. ~~=~ ~[!zz~~! aaiirf?lle~n~i~;; 1~~0 13~~~tfg1~~ ~:f~n~ ~Y;e~:a~lt!io~f~!n~i ~I~~!~~: noi stessi. Cosl.soio cosl. l'opera nostra jé poche gelosamente custodite; e posso mondo è crollato intorno a noi, è vero; non solo perchè questi ha affinato Il avrà un giorno la pienezza succosa del dire, per congiunta personale esperien• ma non era quella la nostra; e nol oggt, suo gusto. -ma perchè appunto è più frutto che senza sforzar le stagioni, per za, che la farne di un controllore in se mal, saremo più liberi di essere nol uomo e questa guerra cl ha fatt\ uomt: una vicenda regolata di soli e di geli, paese neutrale assomiglia abbastanza veramente, di riscaldare la pagina, an: ni tutti, quasi, che ogni anno fosse val• assorbendo dalla terra e dal cielo, sl a quella di un controllato In paese CO•che quella di critica, anche quella dt so per tanti. stacca maturo dall'albero. ~~~i~:tn~~ll~ll~~:i ~~~~~g~uri~i:cr ~!~~~g~aos~r:{c~~~~i:i~~~ :;~,~1°:.e il! av!1:a~;n:~':/1~~~~S:·n~1i. ':5i°s~:r;~ GIUSEPPE PE'l'ltONlO ~~s:rr~rl 1 :~:ei:en~a:iaU: ~~:~::~, ~ 0 e~~~vc~~o;;;h:r~~~~ cg~r~~faru~· ~ld~.n~n~;r~clta l~;!!;~u~uf:ur:, ::,-----------...-. 1n ogni movimento, controllali not stes• umiliante, ma chi voleva capire, caplva, che nelle nostre letture. Oggi. la ba,r· ~::~;:- .... ~~ ~.:...,:.. ··"' si, anzichè controllanti. chè le nostre convinzioni non le apri• riei:a ~ crollata ,.. ~X· . · L, ES [L [ O Fortunatamente li rnto cal)Oposto e ,vamo tutte, ma ,210~..I!Ull1.•.:::1v:1~•~.' di li.b.'~~:~atl. e traduzlont, gior• f.OJl~l! ln!,n~ ~i:~~ U di ........~:-...., ,,., .uvl~civamo se mat, a nall, riviste ci avvicinano alle cultur4; greco e di latino; e fra c{crcs di cultura che I censori, di solito grosst. non ca1 anglosassoni. cl a\'vlclneranno domani D[ DON S T UR Z O affine (lul archeologo, oggi professore pissero troppo. alla russa. Ora, è naturale che da Quc• alla Sorbona} non mancavano argo- Ma Poi, ml èlomando, è proprio neces• ste letture, da questa folla dl libri so• LEGGIAMO nell'Osservatore Roma~ menti al conversare. E la Grecia era sarlo che le nostre convinzioni rel\gto• clall e Politici oltre che letterarl, noi ~1 no del 28 che Don Sturzo, tn un ~;i~aPifsg:,.~~ 0 ¼~~~~~ ~ 1 t ~~~~~i::~ ~:m:~~a~~t~~~~~~eia~~c:~i~~n~n d~~e;: f ft:ie~~a q~~t 1 f~: uctin:i6h~u~~~ J~ cratlc;n~::iHg:l~ ~nm!~ori:i~~e ad~~ festrema punta dell'Eubea; e se Salivo so discreto, sl: chè scrivendo, <!.lquai• leggere un poeta ~ d'intenderlo, per lo York, ha detto: « Qu.ando lddio mi pe·r,, In cima alla Cittadella, lo sguardo spa• stasi cosa si scrive, l'uomo lmpefl'la tut• meno una tecnica nuova dl accostarsi metterà di ritonzarc nei m.io paese ... ». ziava fra Tessalla e Beozia, e fissanpo l'Intero se stesso, senza resecare alcu• ai poeti e scrutarne e afferrarne u se• DunQue Dori Sturzo desidera di rt~ )'Eta di fronte avevo l'Othrys da una na parte di sè, qualunque problema greto· cht sa che non si scopra un; 1 tornare, vorrebbe tornare. Perchè aue~ ~a~~~t~· ~a~~!l~raPa~~~~;n~b~~;;a~~aiJ°J~°ur~i~u~i•ùsia~tfa~[~.\~ ~~~fI;i~~~- e~~ tecni~~ nuova d'impostar~ e condurre !~dd1!f~tf:;'~~7or:O°t:nf Jfa!~t:f!~o~ palpito luminoso, come Il r:ichlamo ta• tutto me stesso con quel medesimo ant• un romam.o.?' un racconto. di tradurre sembra che L'aroome11tonon sia vait~ clto di un gran nome fatidico: le Ter- mo con cui altre volte m'impegno in in arte la Vha. do: H clima d'ltatia probabilmente oli rnopili. Ed era pur pungente lo sumo• un problema polltlco o mi pongo di Mà pure c'è qu[ nascosto un perlco• sarebbe propizio. Diciamo la verltù: U Io - e un po' tOrmentoso: un Po' il sup• fronte al Divino. Ma 1n questo senso lo: che a certe novttà, appunto per Quesito noi ce l'eravamo posto da un pll7.lodt Tantalo - a ricercare la Gre 1 soltanto. perchè poi la cultura richiede Quello che vi è in esse di nuovo, et sl pezzo,· non. lo form11lavamo per un na• eia antica sotto la nuova, e indovinare anche altri affetti, tutti suol, eguali abbandoni senza rlflesslone e ritegno, t1mlle riserbo. Ma ora che Don Sturzo Lamia sotto Zitùni, l'Acropoll sotto la per· tutti, in Qualsiasi religione o par• 1mpaztent1di saggiare anche quel mo- stesso ha rotto il oh1accio, c-i-ediamo Cittadella, la scolpita umanità di qual• uto si mUiU, tali che non. mutano di sostituendoli a quelli usati nnora. di dover parlare. Noi pensiamo che 1, che antica stèle sotto le lapidi ar~be· per vittorie o scon.ntte. A Indagare E' sarebbe danno davvero, percli(}quel ritomo di Don St·urzo, ol_trechè deslde~ sche del cimitero turco, e p~1:scguhe l un .problema di storia Q dl critica, a modi naturali n forse In quella cultu- :a;t~if~aaf~Jia~~;~~!J~/d~~~a~~:~ 1 tgl~a;~ {!~~~~: n~tt ~~~~it!~~:C~v;!tf~ puu~~~r:~!r~n uann~ofeagiJt!m~:;~~~~~or~~~~ra, 1~ quella civiltà e In quegli sptrl· chè esso 110 ,i st sia verificato ancora. ta del minareto, e rievocare Leonida cultura e dell'arte, un ardore paziente ti. male si converrebbero 3 noi, nu• E' U?L 111terrogatfvo 1L cui i!lteresse P 01 accanto al monumento di Atanasia del vero e del bello, una fiamma acce• triti dl altra cultura. formatl ad altre treblJe andare ben al di la della per• Dl~kos, u giovane eroe della lotta con• sa ma quieta. E questi affetti. se sono espcrtcnze. Non che non si possa. che I sona dL D~n Sturz{!, che J?Ure è oiù tro i 'furclU nei moti del Ventuno. meno passionali e vivaci. non sono per non st debba tmp~t'are da altrl: ma q·uatcosa di molto r,spettab 1 le. Erano quelle }_eore mig!lori delle mie questo meno umani, come si dice di !iO• senza lmpaz!.en'-e, senza tagl\ !retto-· . . 1· e.

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