Nuova Repubblica - anno V - n. 6 - 10 febbraio 1957

(1.49) i;1uo11a rcp~bblica DOPO LE DEFEZIÒNI DAL PCI ..... u Il solito "cultura mc" ... » (Dis. di Dillo Boschi) ''==L=U=C=I=D=E=L=L=A=R=I=B=A=L=T=A= UNIT1i\' DELL' AR~fE di GIACOMO GAMBETTI I L PROBLEMA dei rapporti fra cinema e teatro ~è- lungi dall'essere già stato esàurientemente di– Scusso. Ultima occasione per ripresentarlo ancora all'attenzione del pubblico, il Riccardo 111 di Lç.urence Olivier. Ultime testimonianze teoriche della sua vita– lità, l'importanza e. l'esito dell'apposito Convegno svol– tosi durante la Mostra cineniatografica di Venezia dello scorso anno. Il Convegno, anzi, come ha recentemente dichiarato il dottor Ammannati, direttore della ma– nifestazione lagunare (in Maschere n. 4, nov. '56), sarà nuovamente ripreso nei prossimi anni e, dopo i sug– gerimenti del primo esperirpento, la discussione si svol– gerà più in profondità, elaborando con maggior cura anche il materiale di esemplificazione cinematografica. E' chiaro, tuttavia, che la questione non si Pone, come agli inizi del cinema, su un piano di reciproca limi– tazione o addirittura di rivalità Interna, né su quello di assurde gerarchie di valori e di significati. Crediamo, inoltre. che non si tratti nemmeno di individuare, nel– le due espressioni., dei caratteri peculiari, program– matici e fissi, in modo, ad esempi◊; da bollare come « teatrale » un film più o meno apparentemente freddo e statico, e, allo stesso tempo, in modo da vantare una maggiore o minore « cinematograficità » del film, al– l'interno di fatti e di realizzazioni più o meno movi– mentate e dinamiche. Proprio le opere di Olivier, quasi importantissimi momenti storici, hanno dimostrato co– me, oltre la maggiore o ·minore fedeltà ad una deter– minata tecnica, siano soprattutto fondamentali ed im– portanti i motivi che la scelta di tale tecnica hanno ispirato, e che presiedono alla sua minuta· applicazio– ne. Sia con Enrico V che con Amleto che con Riccar– do III, Laurence Olivier ha per così dire giustificato la scelta delle tre tragedie shakespeariane immettendo soprattutto, pur con la massima fedeltà allo spirito che aveva egli stesso scelto, delle atmosfere autonome e personali, dando cioè di ciascuno dei tre film, all'atto della rappresentazione, una nuova e particolare giusti– ficazione di vita, al di là della sua derivazione teatrale, e al di là del nome di Shakespeare. In Enrico la rico– struzione di un mondo e un mirabile affresco, con le più ariose aperture, in A mieto un modernissimo tormen– to di indecifrabili ·atmosfere, in Riccardo un carattere tutto diabòlico e animalesco, immerso in un'epoca che lo vince in bell'apparenza ma che quasi lo giustifica negli intrighi interni: proprio dalle rappi:esentazioni di Olivier, attraverso naturalmente dei mezzi adeguati e indispensabili, balzano sostanziali e nuovi questi mo– tiVi principali, che, senza ipotecare il valore definitivo delle varie opere, sono lo spirito che le giustifica e che le fa nuovamente riconsiderare. In realtà, le differenze fra le forme d'arte, oggi più che mai, sono meno nette di quanto forse, apparen– temente, non sembri. Il cinema e la letteratura sono ormai da tempo in reciproco scambio, valendosi a vi– cenda dei rispettivi modi d'espressione. Il teatro e le arti figurative hanno a loro volta indubbiamente in– fluenzato certi registi, come il cinema ha da tempo dato qualcosa di sè alla scena. Visconti, Strehler, in Italia, hanno ripetutamente usato in teauo, a mezzo di sce– nografie e di ~tfetfr meccanict e di illuminazione, sia dissolvenze, semplici e incrociate (Morte di un com– messo viaggiatore, Elisabetta d'Jnghiiterra), che primi piani, mont~~to e commento musicale. Riguardo agli stessi film di Olivier, l'unica obiezione che va scartata a priori è quella dell'assenza di « cinematograficità )), -~come alcuni ancora dicono: e sono film in cui molto · spesso Olivier' ha usato una tecnica nuova, mezzi sce– nografici del tutto originali, dissolvenze continue e sog– gettivazioni della macchina da· presa. Con ciò, non si vuole rivendicare la superiorità del cinema o di qual– cos'altro, bensì semplicemente ammettere, anche con. piacere, la comunicazione scambievole dei mezzi e delle esperienzé, come nell'arte e nella vita. culturale é, di– remmo, perfino doveroso. Per otten'ere anche da noi dei risultati pienamente apprezzabili, tuttavia, occorre– rebbe precisare assai meglio di oggi i rapporti fra regìa drammatica e regìa cinematografica, e recitazion'e cine– m.atografica e teatrale, lontano da casi limite o da po– lemiche Particolari, ma secondo un vero spirito di ap– profondimento: e a ciò, indubbiamente, avranno la pos– sibilità di portare un valido contributo i futuri Conve– gni organizzati dalla Mostra di Venezia. Il problema degli attori, ad ogni pi.odo, è sempre quello più appari– scente e, forse; più interessante per una immediata po– polarizzazione dell'argomento. In Italia non c'è quella tradizione che ha dato alla Francia, ad esemPio, attori cinematografici come Dullin e Jouvet, Barrault e Bras– seur, Fresnay è Edwige Feuillère e Simone Signoret, né quella scuola i;lSSai rigida che negli Stati Uniti o in Inghilterra o in Unione Sovietica ha preparato attori co~e Arthur Kennedy, Lee Cobb, Brando, Eva Marie Saint, Olivier,. Vivien Leigh, John Gielguld, Vera Ma– reskaia, Bonderéiuk, tanto per fare solo pochi nomi. P UO' esserci, da noi, il caso~ isolato di uno Stoppa, bravissimo in teatro come in qualche film dalle condizioni adatte a un determinato e preciso impegno; f~rse potranno anche attuarsi valide prpspettive per un Mastroianni o un Ferzetti, una Rossi Drago, una Valli o una Ferrero:· ma la situazione italiana, alquanto infelice in questo campo, con casi limite di cui tutti sono a. cono– scenza e che portano anche alla inflazione del doppiag– gio, o al trascurare, da pé\rte del cinema-, i non molti ma eccezionali attori del nostro teatro, tale situazione rimane ed è ammonitrice. La posizione di un Gassman, ad esempio, il quale dichiara di « non impegnarsi », in cinema, considerando' questa via solamente un mezzo per _ far denaro, questa posizione, appunto in quanto ,. propria di un attore tanto nomini, non giova certo ad una' chiarificazione dei ,termini. Anche se poi è assai più attendibile s1 tratti di una nuova espressione, come a volte ancora oggi accarj.e, della vecchia favola sulla volpe e l'uva; tanto più che la macchina da presa, co– me si sa, si avvicina molto, in parecchi casi, ad una « macchina deila verità». 7 • • LA MAFIA I GI?RNL\ T..~ e le ~·i viste italiane che hanno parlato doli opera ?1 Ed ~e1~ recentemente tradotta ( la mafia, con prnfazwne di Piero Calamandrei. Firenze . .Pa,·enti 1956'), l'hanno segnalata o come libro di attualità O com~ un contributo alla conoscenza dei segreti rapporti tra Ja delinquenza americana e quella italiana. Ma non mi l'i– sulta che siano stati rilevati taluni grossi el'l'Ol'i e ,·ari limiti di metodo e di contenuto. ~mpreci~a, -f.ran~mentaria e troppo schematica la parte ~ton_ca,. ~ttrnta evidentemente a fonti assai poco valide; il ,grnd1z10 del Reid si tiene nel vago forse· per crna,·e un'atmosfera., in realtà per insufficienza di cognizioni di– rette sulla mafia siciliana. :M'a il gl'Osso errore da segna- · lare è la non chiara definizione dei rapporti tra mafia e camorra, per cui. l'aut--ore oscilla da una contrapposizione d'.·ammatica ad una assimilazione semplicistica. Egli in– dica, ad esempio, le lotte di grnppi tra gli emigranti ita– liani nelle varie città del Nord•Arnerica, come feroci con– trasti tra mafiosi e carnonisti. E questa può anche es– sere una valutazione attendibile. Ma allora non si capisce perchè in altre occasioni i due tel'mini si scambino le pa1ti o addirittura un tipo come VHo Genovese, camor– rista emerito, possa essere presentato come esponente nrnfioso. E' nota la tesi de'! lib1·0: la Sicilia è stata e 1·i– mane la cu Ila del gangsterismo americano. La nostra en.igi-azione ha_ regalato in copia agli Stati Uniti lati– tanti e fuori legge. Tesi che ha commosso e trascinato I'opinjone pubblica statunitense in quella fase xenofoba che è Seguita alla ·seconda guena mondiale,. culminata nelle inquisizioni di McCarthy Sulle attività antiamericane. Volendo stringere da presso i gruppi anomali inseri• tisi ne·lle maglie del sistema economjco capitalistico, e volendo identificarne i· rappol'ti con i quad1·i del sistema politico repubblicano e democratico, fu votata l'inchie~ta l{efauver, la cui J'elazione fa esplicito riferimento alla mafia, senza riuscire peraltrn a definirla se non in modo somma1·io e indiretto, e senza ._distinguerla adeguata1ncnte da espressioni affini della rnalavit~ americana, come, ad esempio, la mano nera. Di fronte all'interesse del pubblico la stampa cercò di sviluppar.e 1.111 tema tanto suggestivo con ricerche supph– rnentari. Così nacque, tra gli altri, questo libro. L'autore, cu1·ioso e intelligente, pettegolo e spregiudicato, non si è proposto di scrivere un saggio né storico né sociologico. Egli aveva una diversa ambizione. Voleva mostrare che l'evasione fiscale, le bische clandestine, le scomÌ11esse e i giochi d'Flzzardo, il contrabbando, il commercio dei nar– cotici, i ricatti, i sequestri di persona, tutte insomma le multiple attività marginali e patologiche che si svolgono, come cancro antisociale, in una situazione dinamica e aperta della vita associata, hanno un volto ii;wdito e sco– nosciuto, un volto mise1·abile e straniero e un volto che, vedi caso, a. noi è abbastanza fa.miliare. E certo, la massa di notizie raccolta in America è probante: almeno nel senso che dìmostra senza tema di snrnntite l'esistenza permanente, negli ultimi ottanta anni, di rapporti tra la malavita vecch_ia e la nuova. Rappo1-ti bilaterali, di reciproco stimolo e scambio di esperienze e di metodi. · · Ma c'è un aspetto del problema che sfugge all'autore. La mafia, quella vera e non la sua lontana filiazione cui solo i'n senso figurato è lecito estendere il nome, non è prodotto di espodazione, e non è neppllr,e un massi.cci<? fenomeno di malavita incallita e organizzata. Si tratta, invece, di un aspetto della struttura econo– mico-sociale dell'isola, legato alla prevalenza politica di determinati gruppi dirigenti, alla persistenza di una certa fase di cultura popolare, e alla separazione tra contadini e intellettuali. In questo senso il lettore italiano nu!Ja chieda al libro del Reid sulla natura, i caratteri e le vicende della mafia siciliana che tanto a ,lungo e con tanta frequenza ha J'iem– pito delle proprie gesta la vita nazionale, ora attraverso le cronache parlamentari, orn attraverso i resoconti ~giu– diziari. La mafìa d'oltre oceano ha caratteri diversi in cui si rinvengono talora i segni delle matrici di casa nostra, ma si osservano peculiarità e alterazioni dovute alram– biente e al Titmo della vita americana. Ci sono alcuni episodi, lumeggiati nel libro, non ab– bastanza noti tra noi; l'incidente di New Orleans (ossia il linciaggio di undici cittadini italiani o oriundi, assali~i nelle carceri di quella città nel 1890 da una folla ~cc1- tata e fanatizzata a causa di un verdetto di assoluzione ritenuto iniquo); l'uccisione del poliziotto amel'icano Pe– trosino avvenuta a Palermo nel 1909, nonchè i segreti rapporÌi tra l' AMGOT (governo militare allea.to dei t~r– ritori di occupazione) e taluni esponenti della malavita italo-americana. Soprattutto quest'ultimo argomento ~eriterebbe un adeguato sviluppo, per quanto non cer~o m_ que.:ta ·sede. Vi si intravedono i segni. di certe m1stenose rnfluenze che legano, a,lcora oggi, taluni settori ~ello s~hierament.~ politico italiano a· gruppi ecénomici, smdacah e mafiosi d'America. DOMENICO NOVACCO L'ECO DELLA STAMPA UFFICIO DI RITAGLI DA GIORNALI E RIVISTE Direttore: Umberto Frugiuele Milano, Via G. Compagnon1 28 COrrisp, Casella Postale 3549 Telegr.. Ecostampa'

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