Nuova Repubblica - anno IV - n. 31 - 29 luglio 1956

L'ultimo pezzo del collezionista (Dis. di Dino Boschi} TEATRO A VENEZIA FESTIVAL PROVINCIALE di· TINO ZANON DAL BO -E' NOTO che il governo di Roroa, nelle sue s0vven– :r,ioni alle iniziative d'arte e di cultura, è stato nel èon~nte anno particolarmente parsimonioso con Venezia e che il Festival del Teatro n'è andato di mez?.o più delle altre manifestazioni ad esso associate. La stampa nazionale d'opposizione ha protestato a suo tutt'altro che lieve dell'inatteso 1·invio? Diventato praticamente italiano, il Festival ha rinun– _ciato llncbe allo sJ:)ettacolo de"dicatO:~om1ai per tr;dizione, alla prirna di un'opera d'autol'e contemporaneo, e s'è dato tutto alle rip:'6:se dei nost1·i classici vecchi e nuovi. Due riprese del t~ri-lià veneto affidate ai comici ,·eneziani; una tempo per questo assai più della stampa di governo, ripresa di Pirandello, precisamente con L-iolà, affidata agli anche veneziana. Qualcuno, per giustificare Roma, ha atto1·i dell'Accademja di recitazione di Roma; una ripre- osscrvato che l'attivo culturale del Festival non era poi sa del teatro sacro medievale, affidata agli universital'i di di così notevole tilievo; ma non è difficile obiettare che il Festival del Teatro, così come, in varia misura, le altre iniziative della Biennale, è diretto, insieme, da Venezia e da Roma; ha una direzione, a Venezia, che propone, ne ha un'altra, a Roma., che dispone e sembra divertirsi spes– so a frenare o falsare le iniziative di Venezia. Va sempre ricordato, fra l'altro, il famoso veto alla venuta della compagnia di Bertolt Brecht, giustificato, quando fu posto, con ragioni di reciprocità, roa prnticamente operante fino a tutt'oggi, anche se quelle ragioni sono cessate. Per tro– var buona, quindi, quella_ giustificazione, bisognerebbe considerat· valida e leale la procedura per cui uno stesso ente dapprima interviene a dimjnuire la portata e il va– lore d'un'iniziativa, e poi da quella diminuzione di valore trae argomento per una corrispondente diminuzione di sovvenzioni. Comunque, le diminuite disponibilità hanno reso ne• cèssaria una drastica riduzione proprio nel programma intemaz,i1Jnale del Festival. Si dovevano invitare il teatro ceco, il teatro ebraico, il teatro francese; •ci s'è limitati a quest'ultimo, divenuto ormai quasi un elemento d'obbligo del Festival, e s'è fatto ricorso alla Comédie Française, con uno spettacolo di tradizione classica, la Bérénice di Racine, e uno d'allestimento moderno, Port Royal di JHontherla'nt. Era un'apertura tutt'altro che peregrina ma indubbiamente dignitosa - malgrado la Strana idea di dare Racine all'aperto, al Teatro verde di San Giorgio anziché a La Fenice -; senonché, proprio il giorno del• J'apertura, si dovette· rinviare lo spettacolo pe1·ché due attori di Port Royal furono all'ultimo istante fermati da una tempesta all'aeroporto di Nizza. Così, alti-e al danno del rinvio, si vide diventare di dominio pubblico la discreta disinvoltura di questa par– tecipazione francese con una compagnia la quale, già di per sé non eccessivamente affiatata - non era che in parte quella che aveva-. recitato Port Royal a Parigi - non si curava nemmeno di cercare sul posto, ma1Jal'Ì con una sola prova generale, il proprio affiatamento col nuovo teatro. Le cose non andarono poi male; lo spettacolo piac– q11e: ma si è chleslo nessuno da chi sia stato pHgato il da'\rno Ca' Foscari. Non si direbbe un programma ·d•a1ta classe, almeno per quanto riguarda le esecuzioni; un programma., se mai, combinato nel meno peggiore dei rn0di con quel che la piazza offriva di più facilmente abbordabile. Fino– ra c'è :Stata solo la rnppresentazionè cl.ella Moscheta del Ruzzante, autor~ p.on nuovo al Festival, nell'interpreta– zione di ·cesco Baseggio, di Gino Cavalieri e d'altri attori veneziani di rninor faffia; uno .spettacolo, senza; dubbio, di notevole in~eresse letterario e, per la scenografia di ì\lischa Scandella, anche teatrale. Ma Cesco Baseggio, ch'era stato finora j_l punto forte cli queste riprese ruzzan• tiane, diede questa volta al. personaggio un'interpretazione così arbitrai-iamente personale da renderne dubbia l'ef– fic~cia ri.evocativa i la qnale, data la mediocrità degli altri attori (un'eccezione si può forse fare per Elsa Vaz• zoler), restò confinata all'intelligente recitazione che, della parte del prologo, diede Gino Cavaliei-i. Alcuni anni fa una compagnia dell'Università cli Padova aveva dato dello ·ste.sso lavoro un'interpretazione meno teatralmente ricca, ma forse di più sincero e fedele impegno culturale. D EL RESTO queste rievocazioni venete del Festival, siano di Goldoni o del Ruzzante o del Cozzi o del Calmo, han– no in cumune con tutto, o quasi, il programma del Festival fin dulia sua nascita, un limite segnato da un più o meno coerente e valido irnpegno letterario e tecnico. Il_ Festival non è riuscito a diventare un elemento di cultura tea-. tra le viva e moderna; non 1/è 1·iuscito che in parte nella sua rassegna del t.eati-o internazionale, troppo evidente. mente limitata e, spesso, addomesticata; non v'è I"iu• scito mai, nemmeno indirettamente, nemmeno di striscio, nelle novità, sempre inutili, che ha curato; ha accennato talvolta a supei-are quel limite nelle sue 1·iprese venete o italiane, ma senza mai varcai-lo definitivamente, senza mai creare, soprattutto, una tradizione d'mte, di cultura, di valori morali. Ci vuole, pe1· riuscirvi, ben altra capacità d'affrontare e di superare cede esigenze turistiche e con– formistiche. Non so se Venezia questa capacilii ce l'avreb• . be; l'intervento di Rorna non può certo che aver l'ef– fetto <li vincolarla o annullarla, anche se per caso ci fosse. 7 * BIBLIO'l'ECA * I CATTOLICI DALL'OPPOSIZIONE AL GOVERNO Q UESTO grosso volurne (A, De Gasperi, I cattolici dal/.'opposizione al governo, Bai-i, Laterza, 1955) si• suddivide in tre sez;ioni: la pr·ima comprende studi snl pensiero sociale Cl'istiano, la seconda una scelta dalle « Cronache di politica intenrnzìona!e » che De Gasperi scrisse sotto lo pselldonimo cli Spectator per l'Illustra– zfone vaticana dal 1933 al 1938~ la terba due opuscoli pubblicati entrambi nei pi-imi mesi del 1944: Oltre. a qu"esti, altl'i scritti, un « Appello ai giovani» e un saggio sulla Storia d'Italia di Benedetto Croce. Qt'lesti saggi sono naturalmente di un valore e di un interesse molto ineguali. I primi, quelli storici, non hanno quell'apparato scientifico che potrf'bbe legittimare la loro pubblicazione nella « Collana storica» del Laterza. Sono studi condotti con tono piano, di buona divlllgazione sto• r.ica. Di interesse in~guale sono anche .le diverse cronache di politica estera.; è da notare che De Casperi, nei suoi giudizi, ha sempre segnito le interp1·ctazioni ufJiciali che degli avvenimenti erano date nei diversi paesi dai par• titi cattolici, o. più p1·ecisamente da quella frazione di essi che cercò di rçsistere a11a pressione fascista in Ger– nrnnia, in Austria, nella Saar. Questa sua cura costante cli mantenersi nella linea di una ideale « Internazionale dernocratico-cristiana » è indicativa cli quelle che e1·ano le più profonde tendenze del politico e può seniire a spiegare molto della politica. europeiqtica che egli con– dusse _l)oi come presidente del consiglio. Abbiamo accen– nato al suo antifascismo; ma non ne va taciuto il limite; egli arriva fino alla protesta dignitosa, e anche fino al sac1·ifìcio, ma non arriva mai a vedere }'alternativa poli– tica, la Resistenza. E cetto De Casperi non era a questo . proposito costretto alla reticenza dalla. censura fascista; egli era troppo serìamente cattolico, nel senso «· ecclesia- ~tico » cli questa paro19, per non pensare che i compro– messi ed i sacrifici politici potevano ben essere fatti se potevano evitare alla Chiesa una prova hoppo dura-. Di notevole interesse, infine, sono i due opuscoli sulla tradir.ione e l'ideolo"gia della democrazia cristiana.. Sono due documenti che chinnque si occupi di politica in lta• Jia dovrebbe accuratamente studiare, perché rappresen– tano quanto di meglio a tutl·oggi sia stato scritto in ma· 1eria; e possono iuseg!}.are, su quelli che sono i problemi del movimento cattolico, infinitamente pili cose di tante altre opere molto più voluminose. Il pensiero dell'autore è spesso sfumato, ma' sempre chiaro: espressione fedele di u,1a realtà che non è affatto semplice. In una recensione appat·sa snllo Spettatore italiano è giù stato mosso al De Rosa, ,che ha raccolto questi scritti, l'apl)nnto di non aver dato le « Cl'onache di politica in– temazionale » nella loro interezza, di averne anzi omesse alcune contenenti aC-fermazioni troppo favorevoli al mo– vimento franchìsta di Spagna. Qnesto appunto va rnan• tenuto, senza dfrninuire con ciò l'int?resse della raccolta. c. c. MACHIAVELLI A UGUSTIN RENAUDET, lo studioso della riforma, · di Erasmo e in genere dei problemi etico·religiosi ~ inerenti all'umanesimo europeo, ci offre una seconda edizione della sua opera-su Machia,·élli (Machiavel, Paris, Gallimard, 1956) che era apparsa nella p1·imavera del 1942. Si tratta di uno studio molto serio, condotto con una fedelissima aderenza ai testi ed ai dati di fatto di cui si avverte una precisa, oculata conoscenza. Questo è soprat• tutto il rnerito del libro, che non vuole, di proposito, ·sugge1·ire o impostare nuovi problemi, nuove interpretazioni. Nell'introduzione sul « problema del pensiero politico nell'Ualia del Rinascimento» è sottolineata a,cutamente la posizione storico•politica, fondarnon.talrnente ancora « pe– trarchista», cioè librescamente classica, senza alcun ad– dentellato alla realtà., degli nmanisti fiorentini. Si sarebbe però desiderato vedern qui il pensiern del Machiavelli con minor stacco, di quanto non abbia fatto l'autore, dn.gli sto- 1·iografì contemporanei o irnmediatamente preèedenti; per-– chè se è vero che Machiavelli supera. qualsiasi astrattezza. retorica e rimane sempre fedele al!;,'." realtà effettuale e; a,ll'esperienza vissuta, in lui permangono però ancora ir:i– t.atte 1e seduzioni e forse più che le seduzioni, i profondi motivi che avevano caratterizzato il llinascimento: la ve• nerazione per il passato classico, la fede nell,insegna– mento che da questo si poteva sempre tl'ane. A queste proposito forse si doveva insiste1·e di più sul contrasto l\Jachiavelli~Guicciardini, cui l'A. RCcenna di sfuggita. In fondo questo contrasto non fu motivato che dal crollo dei rniti l'inascimentali in cui il Cuicciardini ormai non credeva più. Come si è già accennato all'inizio, lo studio sul Machia– velli il Renaudet l'ha condotto con metodo storico estrema– mente preciso, pulito, lineare. Fla voluto ricostruire la fi– gura e 1a personalità del l\Iachiavelli nella Firenze cin~ quecentesca ancor prima cli parlA.rci del suo pensiero. Così sono state analizzate dapprima le sue letturè, le sue espe– rienze di politica attiva; sono state qtfindi vedute, al lume cli questa formaz;ione culturale e politica, le con• elusioni teoriche del suo pensiero, che si sviluppano liberamente, in un sistema incompiuto, che dominano la sua preoccupazione di defìnire di fronte alla storia ed alla vedtà politica due tipi di govemo, la monarchia e la re• pubblica. In realtà, come J'A. nota uell'ultimo capitolo, la critica del lfachia.velli è ugualmente indifferente a quello che non si identifica con il bene pubblico e la conserva• zione dello Stato, ugualmente nutrita di sostanza sto.rica e di esperienzn. vissuta, Ugualmente _fondata su u"n confronto continuo del presente c0n il passato. E. C,

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