Nuova Repubblica - anno IV - n. 21 - 20 maggio 1956

(111) nuova repubblica (A Napoli il PU distribuisce palloncini di propagtJ.nda) Passeggiata ideologica (IJi$, di V(110 flo.1el1ì) I LUCI DELlA RIBALTA I LEGRANDI I ANOVRE e LAUt non sveva mai racc.ontat.o qon tanto abbandono una storia d'amore, nemmeno in Sotto i tetti di Pa– rigi e in Qiwlt01'dici Luglio. Era stato p\ù volte - dietro lo schenno dell'ironia - affettuoso, tenero ·e delica– to (basterebbe. per tutti Il a-ilenzio è d'oro) ma J1on s'era mai commosso verarnente per r'amol'e. Bene, se Le grandi monovre 10.sceranno un segno nella sua cal'l'iera, lo si ·deve ))l'Op1'ioa questo: a un barlume di autentico d1·amma d'a– more che sguscia dalle pieghe della sorvegliatissima sto– ria d'un dongiovanni e d'una. modista. Un barlume che Ofai1· lascia intravvedere, e par cbe quasi - com'è suo solito - se ne vergogni. Ma, a noi in– teressa questa piccola. storia? Non credo si possa rispon– dere adesso 1 senza aver atteso ahneno una conferma. Sap– piamo soltanto, per ora, che mai si vidè il regista cedere così apertamente alla suggestione emoqva d'un amore che nasce come nel ballo di Arman<l e Marie Louise, e alla malinconia d'un amore subito spento come nel colloquio sulla cnnozza, alla fìne del film .. Queste potrebbero essere Je due pri1ne tappe di un <disgelo:. personale di Clair, e perciò di una nuova manie1·a della sua. ispirazione. I noshi impegnatissimi ~ritici, qualora si accorgessero di quest·o fatto, sarebbero pt·onti· a dire che è troppo poco una storia. d'amore per un regista che voglia essere con– tempornneo. Sia. Ma la storia d'amore possiede anche un senso:· il senso di un mondo che affoga nella sua inutilità, alle soglie della prima ·g,1erra. mondiate. E non c'è bis?gno di forza1·e l'interpreta;,-,ione per comprendere che il giu– dizio sul mondo, sull'ambiente e su .quel tipo di vita ha lii\ chiaro valore negativo, nonostante il tono, impassibile e .distaccato (che è poi il tono dello stile, fimpronta. di una personalità piut.tosto unitaria). Nel mucchio si trova tutto quanto può servire a. Clair .per formulare il giudizfo e dargli un significato che riguardi anche noi, lontanissimi in. apparen;,-;a dalla vita meschina d'una città della pro• viracia francese in quegli anni: il fascino del bel militare, Je « (ollìe > delle donne annoiate sotto la patina ·dell'ipo~ · crisia tradizi01rnle, la grettezza dei. costumi familiari, l'al~ Jegra irresponsabilità, la mediocrità dei sentimenti comuni. t>appiamo per esperienza che è facile, davanti a un fìlm di Rcné Clair, fa,·si prendere la 'mano dalla impecca• bile f1·eddezza della veste formale e non vedere quel che, magal'i debohnente, si agita sotto di essa. Alle Grnndi ma– t1ovre, infatti, si ha subito voglia di attribuire perentori appellativi (squisito, 1•affinato, gusto eccellente e sicuro) senza prnoccuparsi di giustificarli, visto che si aggiunge anche il colore a i,nmobilizzare il racconto in una incan• tevolo cornice figurativa. D'altronde, la freddezza non è solo un fatto esterno, e la stucchevolezza di molte situa~ · zioni {per esempio, tutti i rapporti fra il tenenti no Armand e i _suoi colleghi, oppure il comportamento di Vietar, il fi– danzato di Marie Louise, o ancora la pruderie delle due sorelle di Victor, ecc.) nasce dalla incapacità dEll regista a rinnov1-1l'e il suo armamentinio spettacolare. Ogni storia che h1v raccontato, in oltre trent'anni di nttiviti1, ern più o rneno arbitra1·ia e rneccanica, a causa Oella defonliazione ironica che subiVano i scntirnenti dei per~-sonaggi. Nessuno si aspetti, oggi, che l'avventura del tenente doi drngoni e della bella divorziata, uniti dalla cru– de'fe scommessa del fatuo· dongiovanni e dalla medesima scommessa separati, sfugga alla regola, perché sarebbe chicdo1·0 troppo a Qlair. Ma non gli si chieda neppure, que– sta volta, che alla levigatezza esterna della composizione e del ritmo conisponda almeno un'analoga levigatezza del racconto, uno sviluppo sempre sostenuto e vivace del dramma. I.e discontinuit.\ narrative delle G·randi manovre i,;altano agli occhi sin dal principio e fanno pensare ad al: tre discontinuiUli ad altl'i errori, diciamo a quelli lontani di A me la libertù. e L'ultimo m-iliarda,l'io o a. quelJo abba– stanza. recente della Bellezza d~t diavolo, dove il rovescfo Weologico e l'ambizione di esporre pl'Ogrammati.camente alcune idee generali sui destini dell'uomo e del lllondo im– pacciavano non poco la fantasia dell'autore. In quei film, Clair conda.nnava la schiavitù cui l'uomo è costretto dalla organizzaz.io1"1e industriale (A me la libertà). i regimi dit– ta.tot·iali (L'ul-t·in-iomiliardw-io), il satanismo di una scienza che pi-esume di aver dato fondo a tutt.i i problemi ( l~a bellezza del diavolo), ma con Le umndi manovre che cosa condanna? Nulla, forse. O forse soltanto J'it·responsabiUtà di una società (quella borghese) che ha da tempo perduto i le– gami con la oria. Però, la sua è una condanna tutt'altro che esplicita ~-paludata, non ha alcuna pretesa di dettar legge: il giudizìo di Clair, per quanto lucido e netto, non è motivato dallo sdegno del moralista. L'incel'tezza, allora, nasce da cause diverse, da una Cl'isi interna diremmo, che .qui possiamo cogliel'e agli inizi. Non è mai troppo tardi per rinnova1·si, anche se rinnovarsi costa un'atroce fatica. A ohe vale tanto controllato pudore, si può esser chie.sto Clair riandando alla. sua hmga espel'ienza, n che vale es• . sersi tenacemente camuffati dietro la timidezza dell'ironia se poi i sentimenti, i dolori e i drarnmi dei personaggi si scoloriscono e diventano ambigui in tal misura da sem– brare senza. vita? Che senso ha pili, nei giorni nostri, gio– cherellare con figurine soltanto deliziose, le quali al mas– simo provocano nello spettatore sensazioni rt1ffinate, e scayano così poco in una condizione umana.? Q UESTA è l'eterna crisi dell'ai-tista Clail', lo snppiam.o, e non è mai stata superata. Nelle Grandi. manovre appare pili acuta e cosciente, lo sforzo per uscirne - dia• mogliene atto - i-isulta ben maggiore che in altre oc– casioni. Non è stata una fatjca sprecata, diamogli alto anche di questo. Per la prima volta, se non altro, gli è riuscito cli creare un person11ggio femminile (l'accorta, sensibile, innamorata e disperata Marie Louise) che tiene autorevolmente il campo in molti episodi del fìlm, sve– landosi tah,olta assai pili corposa e umana di tutte le nitre, pallidissime, donne clairiane. Attribuiamo pme una parte del risultato alla interpretazione di Michèle Morgnn, ne abbiamo il dovel'e, ma non tralasciamo di notare i valo1·i p1·opri del personaggio, che sono invenzioni di un Clair commosso oltre ogni ragione,·ole previsione. Basta, non si va più avanti di così, ~videntemcnte. La crisi ha aggravato le incertezze (il personaggio di· Armand, stancamente interpretato da Gerard Philipe, è tanto fuori fuoco da .irritare), l'antica rnaniern irnnica non si fonde con la ,;ianiera nuo,·a e con le nuo\'issime intenzioni, l'implacabile accuratezza dell'orchestrazione cromatica l'imane quasi sempre staccata dal dramma e dalle necessità della descrizione ambientale (tranne in qualche brano: il tè in casa delle sorelle di Vietar, pre– ceduto e seguìto da quegli impagabili armeggii intorno alla tromba rossa del fonografo), le schermaglie dei dra– goni e delle donnette si disperdono nella grntuita mec,. canicità degli intrighi cari al Clair tradizionale. Chi flffenna che Le grandi manovre è . un'opern formal– mente perfetta dice una paleSe sciocchezza, come la dice chi afferma che è 11n'ope1·a inutile, per noi e per Clai1·. Questo artista, malato di razionalità e di timidezza, ha tentato un esperimento che scombussola senza parere 11 suo mondo: 1·i1\1ctte in discussione tutto se stesso, con Je conseguenze che qui gi:\ si vedono e che ancor più si vedranno, se avl'à la forza di _insistere. FERNALDO DI GIAMMATTEO 7 BIBLIO'l'ECA LA GERMANIA CONTEMPORANEA A UNDICI anni ormai dalla catastrofe def Reich na– ;,-,ista la Germania, a.Imeno nella sua metà occiden– tale, sembra aver trovato una sistemazione in com– plesso soddisfacente: risorta con eccezionale rapidità. dalle ceneri, morali e materialj, della disfatta., organizzata a re– gime democ1·atico-parlamental'e, in pieno sviluppo econo– mico, onorevolmente riammessa, infine, nel consesso delJe nazioni sino a divenire, anzi, un pilastro del sistema occi– dentale, la Repubblica l~ederale pare veramente oggi un paese tranquillo e prospero. Rimane sempre aperto, certo, il problema capitale della divisione in due della Germania; ma la situaz.ione interna è talmente positiva, nella. Repub– blica di Bonn, che anche tale prnblerna finisce col passare, volutamente oppure non 1 fra quelli che non suscitano par– ticolare passione. Questo, dunqne, alla superficie. Comprendere che cosa invece si agiti nel profondo riesce impresa tanto ardua da compiere quanto sarebbe utile; l'attuale Germania, infatti, si cela dietro un volto, per co81 dire, anonirno, talvolta però • cont,·atto da qualche tipico ghigno « nostalgico> o generi– camente nazionalistico. Un aspetto, comunque, assai di– verso da quello solenne ed aggresr:iivo della Gerinania gu– glielrnina, da que11o fermentante deJla RepubbHca di Weimar, da quello mostruoso del Reich nazista. Eppure, per intendere La Ge-nnania contemporanea, come dimostra Edmond Vermeil nel volume così intitolato (ora recato in italiano, presso l'editore Laterza, Bari, 1956), occorre pro– J>rio decifrare attentamente quei diversi volti di u.;'unica, permanente Germania. L'illustre autol'O vi si è accinto con la competenza che gli è prnpria, animata da un vivo interesse di « storia con– temporanea>. Forse questo internsse, polemicamente accen– tuato, lo ha condotto a lorzaJ'e leggermente le linee storiche, a cominciare appunto da11'1tcccnnf\ta impostazione generale riguardo alla continuità della storia tedesca, da mille· anni• a questa parte. Si affem1a così una verit:\ ovviai la quale però,- se troppo accentuata, finirebbe col dare ragione alla dottrina, tanto cara ai tedeschi, della peculiarità della loro sto1·ia, addirittura al mito della < raz~a germanica>. Per quanto di valido ci sia in siffatto modo di spiegar~i la sto– ria del popolo tedesco, si tratta sempre di uno schema socio– logico pili che di una interpl'eta;,-,ione storica; ed infatti il Vermeil affronta l'argomento i11 mirniera dichiaratamente sociologica. Più esattamente, egli intreccia la sequele. storica degli avvenimenti, in senso verticale, con la disamina per settori sociali (politico, economia, religione, cultura, società, etc), in senso orizzontale. Questo metodo, che a prima impres– sione potrebbe turbare il lettore italiano non abituato aJla storiogl'afìa. sociologizzante, noi1 si rivela comunque sostan– zialmente dannoso alla bonUl intrinseca dell'opera: prima di tutto per il grande eq11ilib1·iodi ct1i dà prova l'autore; in secondo luogo, poi, 'perchò la sto,.ia della Germania contem– poranea è suddivisa in due partì, all'intemo di ciascuna delle quali viene adottalo il metodo anzidetto. E sono, inoltre, dt1e pel'Ìodi molto bl'evi, di. un quarto di secolo circa l'uno; il che concol'l'e ulteriormente a rendere accetta– bile l'impostazione storico-sociologica. Il Vermeil, infatti, ha scelto come termine iniziale il 1S00, l'anno in cui Guglielmo ll licenziò il Bismarck, e come termine finale il 1950. Entro questo sessantennio egli vede svolgersi un unico dramma in due atti, il primo sino al HHS, il secondo dal 1918 ttl 1945, la Repubblica di ,vei• mat· ed il Reich nazista; gl! ultimi cinque anni stanno più foori che dentro del quacho, appena acèennati in un b1·eve capitolo finale di sole 25 pagine. Prnprio }?Elrquella conti– nuità. della storia tedescn cui ama rifarsi l'autore, se c'è un periodo che si lega stretlissi111amente al procCclente, è quel– lo dell'Impero guglielmino con il Reich bismarckiano; al punto ohe un taglio netto fra i due, iniziando un'espos.ìzione storica di tanto impegno come la presente, appare vera– mente impossibile. In realtll il Vormeil premette una lucida < Introduzione storica>, che dà la chiave cli tutto il libro, poichè in essa, nei paragrafi dedicati a « La Germania cli Bismarck> e a « Nietzsche e ,vagnot· >, si ritrovano esposti i principi dai cni sviluppi procederanno gli e,·enli dei due atti. A fonda– mento dell'intera trngeclia sh1, secondo l'autore che fa pro– pria una famosa tesi di l\Iax \\'eber, l'incapacità. politica della borghesia tedesca; ma di questo difetto d'origine il primo e massimo responsabile è il• Bismarck, colpevole, nè più nè meno, « d'avere evirala la 'borghesia>. L'impero gu– glielmino, come si ricava del re~to dalla puntuale disamina· del Vermeil, non fu che la prosecuzione di quello bismar– ckiano; e per ciò stesso .i difetti originari si aggravarono sempre pii\ non _fosse altro pe1·chè, con il .J•apido sviluppo economico della Germania, 111aggiom1ente si faceva sentire la carenza politica della borghesia. La rivoluzione industriale incanalata. nell'alveo dell'Im– pero autoritario, insomma, ebbe come fatale conseguenza l'affiancarsi d'una nuova feuclaliti~ a. quella agraria preesi– stente; e l'una e l'altra governarono il· p~ese dall'alto, a. mezzo dell'apparato burocratico-militarn. Deviate dal loro naturale sbocco politico, le energie del popolo tedesco fini– rono quindi per evadere sul terreno dell'irrazionalismo, cul– minando nel nazionalismo p1·ima e jnfìne nel delirio razzi-

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