Nuova Repubblica - anno III - n.27 - 11 settembre 1955

B 6 IL 'l'ABU' DEI FEDERALISTI LINGUE DIVERSE S ONO L.lETO che Nuova Repubblica elica di tenere aperto il dialogo. Sono oggi infatti tanto distanti i punti cli vista; la conoscenza delle cose così diversa, che c'è di fatto molto da discutere. Risponderò dunque nel tracciato delle quattro doman– de, cercando ~nsieme di toccare qualcuno dei punti di fondo.- 1) Per trasformarsi da piccola organizzazione in moto più largo e corale il MFE si adopera per fare delle impostazioni politiche e per tenere costantemente aperto il dibattito per portare più avanti e più a fondo tali im– postazioni. Non crede nell'organizzai.ione in quanto tale, quando non sia organizzazione (espressione) di una linea e cli un dibattito politico. Nuova Repubblica ritiene che il MFE sia una organizzazione patemalistica e conformista: tuttavia ciò non spiega come si sia formata, nel MFE, quella volontk o capacità cli intervento politico che ha causato, al Co~gresso di Ancona, una notevole caduta di " notabili >, ed un sensibile ricambio interno. 2) Il lliFE non si identifìca, come non si è mai identificato, con il quadripartito. Combatté la battaglia della CED, non quella del quaclripa1·tito, ed ha, da quando non esiste che una falsa politica europea, quella di Mes– sina, costantemente attaccato il governo e perché fa una politica ~stcra assurda e perché, fraudolentemente, spesso contrabbanda questa politica coprendola col'nome dell'Eu– ropa. Combatte oggi, come combatterebbe domanj, un go– verno, fosse esso quadripartito, monocolore, aperto a de– stra o aperto a sinistra, che non facesse una politica cli costruzione o di rivendicazione 011,·opea. E qui c'è una questione di fondo, perché qui i fede– ralisti hanno w1 punto di vista diverso rispetto a quello nazionale delle altro forze politiche, quindi una differenza di linguaggio. I federalisti, politicamente parlando, non sono italiani ma europei, e cercano di giudicare ed agirn cli conseguenza. Ad es., durante la I unga crisi che portò al governo Segni, mentre tutte le forze politiche nazionali erano appuntate su questo problema, i federalisti erano maggiormente preoccupati di un fatto che essi ritenevano più grave della nostra crisi cli govemo: la politica fatta dai tedeschi in sede OECE/UEP nella quale maturavano lo conseguenze della caduta di una politica europea. In tale politica tedesca il liberalismo di Ehrard funziona da co– pertura dell'azione delle grosso forze industriali tedesche che vogliono tornare alla politica cli potenza tedesca. E' indiscutibile che l'Europa è legata: è legata, sin– ché esisteranno Stati nazionali, in un modo antidemocra– tico, ma è legata. Quando uno di questi Stati prende deci– sioni cli politica economica, di politica estera, questo fatto incide talmente nella politica degli altri Stati che li ob– bliga a cambiare radicalmente la loro politica. non solo estera, ma anche interna. Se, per esemplificare, la Germa– nia si metto a fare una politica mondiale del marco, se la Francia tiene alto il livello protezionistico della sua eco– nomia, in Italia le forze che combattono il protezionismo (in Italia corporatiYismo) restano senza politica. Perché in questo caso è tutto il quadro della lotta politica nazio– nale che resta senza capacità di intervento, mentre una politica dannosa per il popolo, profìcua per i vizi ed i pri– vilegi della nostra società, ci viene di fatto imposta dalle circostanze che sono gravissime per noi, ma sulle quali, ap– punto, la democrazia italiana non ha alcuna presa. Per considerazioni come quelle esemplificate i federa– listi ritengono: a) che una situazione di questo tipo sia operante in Europa press'a poco da Bismarck, cioé dal– l'ultima, tardiva e reazionaria incarnazione dell'equilibrio europeo; b) che in una prospettiva di questo tipo acquista senso la frase: « Il fascismo è malattia europea >; c) che in tal modo si spiega la degenerazione, sino al rovescia– mento dei valori impliciti, delle due _concezioni classiche dell'azione politica, il liberalismo e il socialismo (in realtà attive anche se in partiti i quali, per complesse ragioni, si intitolano ad altri nomi). Liberalismo e socialismo si con– vertono facilmente nell'Europa continentale in fascismo e comunismo: lo sforzo maggiore della intelligenza politica antifascista è stata proprio la critica del liberalismo e del socialismo tradizionali: ma questo sale della vita italiana, che puro fu il vero sostegno della Resistenza, non ha po– tuto prendere la direzione della lotta politica italiana che è tornata in mani prefasciste, perché è lo stesso quadro di svolgimento della lotta politica che tiene attive le vecchie impostazioni. Per riprendere l'iniziativa occorre una critica politica che individui un terreno di lotta dove abbiano spazio politico le componenti progressive, critiche, non conformiste; o dove sia sottratto spazio alle componenti vecchie, passive, conformiste, la cui trincea reale è lo stato nazionale. 3) e 4) Devo tirare via svelto per evidenti ragioni di spazio. Il MFE non si identifica con la politica ameri– cana, tanto è vero che è radicalmente contrario all'UEO. Cerca di identificarsi con gli interessi europei, che non sono rappresentati né dalla America, né dalla Russia, né dalla reazionaria ed imbelle ragion di stato degli stati nazionali in Europa. Qui ci sarebbe un'altra questiono di fondo, sulla quale è diverso il linguaggio: il MFE non crede che si possa fare l'Europa con una politica estera (essa ba per presupposto lo status quo in Europa, perché si fa con gli Stati nazionali, ed i loro deformati interessi), perché una politica estera non è, nel caso, un mezzo atto al fine. Ri– tiene che ci voglia una politica cli costruzione della Fede– razione: che porre il problema in altro modo è non porlo. Si intendo (ci vorrebbe un discorso lungo) che bisogna valutare il quadro reale, ma con una certa chiavo, non con chiavi che non servono. Il problema della piccola Europa è un pseudo pro– blema. La Federazione, strutturalmente, è sistema aperto. La lotta politica federalista è possibile dove gli Stati na– zionali sono esauriti, e dove c'è una riserva democratica da stimolare, da esprimere, da mettere in marcia. Tutto il resto 1·ientra nel giudizio ad un momento dato su una situazione data, e può mutare. MARIO ALBERTINI Ripetiamo che NR vuol esse,-e soprattutto un fogl-io aperto di ·discussione: e se la discussione deve vertere sul tema fedèralista, ben venga. Ma discussione significa con– fronto di· posizioni diverse, più o meno lontane, ed ana– lisi delle ragioni di codesta diversità e lontana.nza. Ci per– doni l'amico Albertini se non ci riesce di ritrovare questi caratteri nella sua risposta. Avevamo impostato quattro questioni, e non ci pare che a nessuna di esse ai risponda: a) l'esperienza dli molti federalisti è stata netta– mente negativa in merito al costume democratico interno del MF'E, non d·issimile - purtroppo - da quello che vige generalmente nei pa,·titi. Gonformismb non soltanto d·i base, ma volt,to dal verfrce: chi, in questi anni, non è stato d'accordo con la politica di un .-istretto gruppo di– rigente, è stato messo al bando, e nella migliore della ipotesi è stato additato come « servo sciocco > dei comu– nisti. Dicevamo e ripetiamo che questo malcostume ha al– lontanc,to dal Movimento forze qualificate; e non d sem– b·ra che c'ent!'i c1ffatto la questione della «organizzazione~– Né è vero che il MF'E non creda all'organizzazione: al . contrario! Si è f<1tto un notevole sforzo organizzativo, ma alla condizione di ,m'unica tendenza politica: esso doveva valere come supporto di quella tendenza, e non come raf– forzamento organico del Movimento per renderlo capace di tollerare una vitale dialettica di tendenze. In altre parole, l'organizzazione interne, è a servizio di una sola politica fede,·alista: mentre, Albertini ce lo consentirà, nessun rag– g,··uvamento democ·ratico può proporsi un'unica alterna– tiva politica; b) sulla seconda questione, dobbiamo dire che la 1··iapostadi Albertini è stuvefacente. Ma comer il MF'E non si è mai identificato con la polit-ica quadripa,·tita? ma ha dimenticato il nostro interlocutore gli aurei tempi di De Gasper-i e del « quadrato per la democrazia > f ha dimen– ticato - per citai·e solo un esempio - quell'articolo di Al– tiero Svinelli, appa,·so sul « Mondo > alla vigilia delle ele– z-ioni del 1 giugno, che additava al disprezzo universale quanti democrnt·ici (e parecchi eran federalisti) che non intendevano da,·e il paese in mano alla DGf E se c'è vo– luta la lezione del 1 giugno e quella della GED verché i di,•igenti del MFE proponessero il nuovo corso, in che cosa - nel fondo - esso differisce dal vecchio?; c) si era posto il problema delle «forze> federali– ste. Ma lo si elude ancora una volta. Giustissimo che non s·i tratta di una volitica estera, quanto di una « costru– zione. fedemlistica. Ma questo « homo europeus » chi è, alla fin dei contir a che cosa crede, q"ali obiettivi so– stanziali persegue, da che parte staf di quali forze intende servirsi per la su.a costruzione! Finché non si sia chiarito il g,·osso problema dei rapporti fra aspirazioni federalisti– che e masse prolet<lrie (così come sono, non come si vor– rebbe che fossero), s-i resterà a"l piano sf,.ggente della astrazione, non sempre disinteressata; cl) non si poneva, in sé e per sé, il problema della « viccola E"ropa »; si poneva il più vasto problema di "na possibile politica « coesiatenziale » di una federazione euro– pea, comprendente anche la Germania. E' proprio un argo– mento tabù? è proibito parlarnet Ma, perdio, il problema è dibattuto in tutta la stampa internazionale, in America, in Inghilterra, in Germania stessa: possibile che solo i fede– ralisti italiani si siano proposti, come un p"nto d'onore, d'ignorarlo! * P.S. - Un bel saggio dell' averto costume democratico dei ,dirigenti federalisti nostrani è testé apparso s" « Eu– ropa Federata> della seconda metà d'agosto, e ad esso rinviamo volentier-i l'c,mico Albertini. Sulla sostanza delle argomentazioni che « Europa Federata » ci rivolge rispon– dendo ai nostri quattro interrogativi, r-itorneremo, natural– mente; qui ci preme soltanto chiedere all'amico Albertini se gli semb.-ino del tutto fuor di luogo le nostre ,-ipetute asserzioni che nel MFE, essendo già stabilita la verità ufficiale, nessuna discussione è possibile. Ecco alcuni fiori tratti dal giardino di « Europa Federata»: « gente intro– versa come quella di N.R. »; « i finissimi pensato.-i di N.R. »; « fra i federalisti ci aono uomini che si dicono partigiani dell'unità europea, ma che conside,·ano questa come un'appendice delle politiche nazionali... uomini tal– volta di sinistra, come l'italiana N .R. ». « Le povere masse di sinistra sono spiritualmente mezze sepolte dalle mace– t'ie del pensiero volitico socia.lista, del quale N.R. non è che un viccolo calcinaccio». « Il M.F.E. non ritiene di do– ver sostenere questo incoerente cumulo di fesserie politi– che>. « Questo giornal~ (N.R.l nelle grandi cose si com– porta come un qualsiasi volgare montone di Panurgo ». « Ma vada a caccia di farfalle, anziché occuparsi di cose serie :i>. E via continuando. « Europa federata», come i dirigenti del MF'E, sono in possesso della verità ,-ivelata. Ogni tanto questa non corrisponde alla verità storica: ma che importar, una scrollatina di spalle, e avanti! La rivelazione è la rivela– zione, perdio, e le vie del Signore sono infinite. Discutere? ma con chi? con quei « fessi politici» che si pe,mettono di avere delle idee « federaliste » diverse? quei « fessi » votrebbe,·o costituire, appunto, una posizione interna (di opposizione, di critica) del MFE. Ma quando mai questo Movimento ha ,-ispettato gli «altri»? Nella sua monolitica grossolanità, esso ha altro da fare: ha da guidare la po- litica dei vopoli. · (75) nuova repubblica- APERTURA OALTERNATI e IIE SI PARLI sempre più, da qualche mese, di· aper– tura a sinistra e di alternativa socialista non implica certo che tutti, ed in particolar modo i socialisti, si siano resi conto del significato sia lessicale che politico di queste espressioni. E' probabile, infatti, che la maggior parte dei socialisti sia ancora ignara del fatto che alter– nativa socialista ed apertura a sinistra non sono sinonimi, ma che anzi si ,,-avviano ad essere due direzioni opposte verso le quali potrà. dirigersi il partito socialista italiano. Fino al 1953 la vita politica italiana sembrava esse.re condannata all'immobilismo per due ragioni:· primo, p er– ché non parevano offrirsi alla democrazia cristiana alleanze cliverse da quelle dei partiti del « centro laico :i>, o, por ado– perare il termine di moda, perché la democrazia cristiana non aveva alternative da contrapporre alle alleanze con i partiti del « centro laico»; secondo, perché l'elettore ita– liano non aveva da contrapporre alla democrazia cristiana che il fronte socialcomunista, o, in altri termini, perché il popolo italiano - trovandosi a, dover scegliere fra l''!!• temativa democristiana e l'alternativa comunista - aveva preferito la prima considerandola il « minor male >. Le elezioni del 1953 hanno aperto nuove prospettive. Il partito socialista italiano si è presentato il 7 giugno con la bandiera dell'alternativa, socialista, senza che si riu– scisse a capire se si trattava di alte,·nativa alla democra– zia cristiana o cli alter-nativa alle alleanze democristiane, di alternativa al centro laico.. L'ultùno congresso del PSI, offrendo i voti parlamentari del partito alla DC per rea– lizzare il programma di Napoli, o, in altri termini, per avviare l'avertura a sinistra, lascia ponsare che si inten– desse piuttosto la seconda alternativa che la prima: c'è da chiedersi se gli spunti usciti dal congresso di Torino non tendano a seppellire piuttosto che ad avviare l'alter– nativa socialista. Abbiamo detto che il partito socialista avrà da sce– gliere fra due direzioni contrapposte: la prima, cbe è an– che la più facile, l'apertura a sinistra, consiste nell'offrire alla democrazia cristiana un'alternativa all'alleanza con i partiti del « centro laico», alternativa che diventerà tanto più valida quanto più questi partiti tenderanno ad assot– tigliarsi ed a scomparire, alternativa che sarà in fun_zione « anti-laica » e « anti-liberale » e che potrà anche - m un secondo tempo - diventare « anti-comunista »; la seconda, l'alternativa socialista, consiste nell'offrire all'elettore una terza forza (mi si perdoni l'espressione, vecchia ma sempro attuale) diversa dal pa,rtito comunista da contrapporre alla . DC, nell'offrire al popolo italiano un'alternativa al go– verno democristiano che non sia un governo comunista, nell'offrire una possibilità di scelta democratica tra alter– nativa democristiana ed alternativa socialista, poiché non v'è scelta democratica possibile tra alternativa democri– stiana ed alternativa comunista: la seconda via sarà cer– tamente in fonzione « anti-democristiana » ed « anti-cle– ricale », e non potrà essere seguita - al fine di ottenere al partito la maggioranza necessaria per essere un partilo di governo - se non con l'alleanza dello forze laiche e lar– gamente democratiche, non certo in !unzione « anti-comu– nista » ma in concorrenza con il partito comunista. Avviandosi verso la prima direzione, il PSI che è sta.to fino ad ora un partito di collaborazione all'opposi– zione diventeri, (come oggi il partito socialdemocratico) un partito di collaborazione al governo; avviandosi verso la seconda direzione, il PSI si avvieri, ad essere non già un partito di collaborazione al governo ma un partito di go– verno, una alternativa di governo. I socialisti stiano in guardia. L'alternativa socialista, da quando se ne parla, e so n'è già parlato nel partito d'azione e nel partito socialista unitario, non è mai stata vista con eccessiva simpatia né dai democristiani né dai comunisti. I comnnisti ed i democristiani spingono e spin– geranno concordemente verso l'apertura a sinistra. I co– munisti fin d'ora se ne fanno paladini, ben sapendo che sia. l'c: incomprensione» democristiana sia l'eccessiva« com.. prensione » socialista, l'una respingendo il partito socia– lista nell'orbita comunista, l'altra facendolo scivolare nel– l'orbita democristiana, potranno fina)mente non lasciar sus. sistero di fronte all'alternativa democristiana che l'alter– nativa comunista. Quanto ai democristiani, essi contano sulle prossime elozioni - che nei progetti fanfaniani do– vrebbero ridar loro la maggioranza del 1948· - per poter fare la loro apertura a sinistra, ripetendo col partito so– cialista l'operazione così ben riuscita col partito socialde– mocratico: opernzione che finalmente non lascerà. sussi– stere di fronte all'altemativa comunista che l'alternativa democristiana; sono troppo utili i comunisti alla democra– zia cristiana per permettere che altri faccia loro con• correnza. Il partito socialista ba oggi la scelta. Se l'alternativa socialista dovrà essere alternativa alla democrazia cristiana e non già allo alleanze democristiano, guardino i socialisti ai laici ed ai democratici più che ai democristiani. Se il partito socialista vuol diventare un partito di governo, cerchi di essere innanzi tutto un partito di opposizione, anziché un partito di collaborazione, di collaborazione al governo o di collaborazione all'opposizione. Guardi al par– tito laburista in Inghilterra, al pa,·tito socialdemocratico tedesco, al partito socialista belga. La maggioranza in Italia c'è: è quella maggiornnza che nel 1946 ci diede la Repubblica. Il problema è di daro a questa maggioranza una prospettiva socialista e demo- cratica. - GUIDO FUBINI

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