Nuova Repubblica - anno III - n. 7 - 10 aprile 1955

Abbiamo ritenuto utile pubblicare le parti essenziali di "" fongo saggio di Max Lion, apparso sul numero di Reconstruction del dicembre 1954. Mentre ringraziamo il ge,itile Autore e il. suo gruppo, siamo certi che Jw– recchi punti del saggio si jJTesteranno a una seria discussiont da parte di com,pagni e amici. Lo stesso si dica per l'articolo di P. Tagliazucchi, nelli:, pagina qui di fronte. n.d.r. L E condizioni dell'azione operaia e della battaglia politica ·sono oggi, è noto, ben diverse da quelle del XIX secolo, e la rapidità crescente dell'evoluzione sociale le va modificando senza posa. La questione fondamentale è, a nostro parere, quella delle relazioni fra democrazia e lotta di classe. L'op– posizione schematica di due classi (una massa proletaria considerevÒ– lc e Ìl gruppo ristretto dei gran- . di capitalisti sfruttatori) ha del mito- . logico; la lotta di classe consta di una molteplicità di aspetti dall'alto al basso della scala sociale, e vi sono ·antagonismi secondari che ·comp'li– cano questa molteplicità. Si svilup– pano categorie nuove di lavoratori (tecnici, maestranze, quadri, impie– gati, funzionari) che lottano essen– zialmente per un relativo aumento del loro salario, e non in vista del– l'abolizione del regime della proprie– tà privata, obbiettivo fondamentale dei socialisti del sec. XIX. In alcuni paesi, negli S.U. per lo meno, la quasi totalità dei lavoratori non pen– sa più a porre in causa l'esistenza di questo regime. Le nuove ca.tego– rie ·legano difficilmente la loro sorte a quella di un movimento operaio rivoluzionario, e la loro solidarietà con le categorie proletarie resta in– termittente. Esse tendono a condur– re la loro battaglia in forma autono– ma, in vista di obbiettivi corporativi (statuti, garanzie sociali, trattamenti o salari), spesso anche opponendosi fra loro. Un innegabile fossato esiste inoltre fra i salariati dei settori pub– blici e quelli del settore. privato, fos– sato che contribuiscono a scavare gli stessi vantaggi o privilegi relativi del– l'uno e dell'altro settore. La coscien– za di classe, come legame di ostilità• alle forze capitaliste nel settore pri– vato, non può dunque svilupparsi pienamente in tutte le categorie di lavoratori. S'impone la conclusione: bisogna cercare un nuovo terreno d'intesa fra i salariati, senza perdere di. vista che gli obiettivi corporativi, necessariamente differenti, dovranno c-sscre accordati a concezioni sociali e politiche comuni adattate all'evolu– zione e alla società moderne. Non sembra che gli antagonismi interni al mondo dei salariati debbano esse– re irriducibili; le diverse categorie dei lavoratori possono trovare il de– nominatore comune della loro diver– se rivendicazioni purché i loro rap– presentanti giungano alla coscienza dell'insieme, comprendano cioè che la lotta corporativa ha dei limiti, e che un successo in un determinato settore può avere per risultato un nuovo squilibrio a profitto di una piccola parte dei salariati. Ma gli altri antagonismi sociali fanno sorgere difficoltà più gravi: i piccoli coltivatori, i piccoli industria– li, i piccoli commercianti si O.Ppon– gonO con un certo successo alle gran– di imprese. cli questi stessi settori eco– nomici. L'evol{izione non comporta necessariamente la loro scomparsa; ora,· la loro persistenza significa ri– stagno del livello di vita, freno alla modernizzazione, salari bassi, ecc. Sotto apparenze « umane » si nascon– de una realtà profondamente reazio- • naria, giacché le piccole imprese, fa– miliari o no, sono incapaci di ri- NUO.VA REPUBBLICA PAGINE DICULTURA CONTEMPORANEA DEMOCRAZIA H LOTTA DICLASSE spondere ;ne necessità di una produ– zione di massa. Inoltre, H capi talismo « dinamico » si trova bloccato nella sua espansione (ch'è pertanto la con– dizione di un più alto livello di esi– stenza) a vantaggio di categorie più o meno parassitarie; e, paradossal– mente, si serve di queste per ca– muffare i suoi profitti, per vivere senza preoccupazioni al riparo di provvedimenti legali destinati a pro– teggere i minori. Prendere posizione \ per i « piccoli » contro i « grossi » in un tale conflitto non risolve nien– te; equivale a una scelta « medieva– le» dell'artigianato contro l'officina. Due concezioni N EL corso del sec. XIX, qualora si. dovesse cercare la soluzione del conflitto sia in forma drastica sia per vie pacifiche, la scelta dipendeva sempre da una determinata opzione « ideologica ». Ai nostri giorni, essen– do meglio conosciute le condizioni sociali, vi sono ragioni di fatto per non ammettere che una con.cezione democratica della lotta delle classi. Dal momento in cµi si ammette che la classe operaia deve tener conto dell'esistenza di altri amQienti sociaÙ che le si oppongono, o restano diffi– denti a'.. suo riguardo, senza peraltro confondersi col grande capi talismo, si è costretti a porre in valore la con-– cezione democratica della ·lotta di chrsse in opposizione alla concezione totalitaria. Secondo quest'ultima, la vittoria completa del proletariato (d'altronde inevitabile) può eia. sola risolvere le contraddizioni i~terne della società capitalista, e per a~si– curare--questa vittoria diverranno ne– cessari i metodi della costrizione e della violenza. Nella prospettiva de– mocratica, la diversità dei gruppi e degli interessi è riconosciuta come un fatto di primaria importanza, cÙmc condizione capita1·e dell'azione. L'origine di una tale divergenza di vedute proviene dal modo come si considera la lotta di classe nell'insie– me dei suoi aspetti; o, cioè, come fatto sociale, o come 'principio siste– matico. Nella prospettiva marxista, il conflitto sociale prende una dimen– sione met~fisica; esso è incluso in un sistema filosofico e va condotto in maniera tale da· sfociare nella sola forma di avvenire valevole per l'uma– nità, il comunismo;· in conseguenza, la giustificazione di ogni forma di oppressione (momentanea?) deriva dalle finalità superiori dell'azione: si eliminano i nemici (incoscienti) del-· l'umanità. Se si respinge una conce– zione sistematica della lotta di clas– se bisogna aver chiaro, di contro, tut– to ciò che questo comporta. È anzi– tutto da riconoscersi· il fatto della lotta delle classi, il fatto che gli an– tagonismi sociali esistono, si svilup– pano, cambiano, si accentuano o si attc11,uano,ma restano. L'ineguaglian– za, l'ingiustizia, Ì'oppressionc e la miseria sono fatti di fronle ai quali è vano chiudere gli occhi, e che tro– vano la loro ragione in una ~ppro– priazione di ricchezze che deriva da una situazione di forza. Questo rico– noscimento dev'essere accompagnato· da un'analisi delle condizioni locali della lotta di classe. Ammettere una concezione demo– cratica della lotta di classe significa considerare nefasto il potere discre– zionale di .una minoranza s~lla mol– titudine (e si sa oggi che cosa può essere questo potere). Dev'essere ri– cercato l'accordo liberamente consen– tito con altri gruppi su misure gene– rali che àbbiano in vista una trasfor– mazione sociale condotta in profon– dità. L'agente di questa trasformazio– ne esiste: è lo Stato. L'obbiettivo finale resta la conclusione del cpnflit– to sociale, la soppressione della dise– guaglianza e di ogni oppressione, aperta o camuffata. Nell'ordinamento -di MAX LION totalitario essa è soffocata; esistono nondimeno delle diseguaglianze pro– fonde. Nell'ordinamento democratico si può sperare in una riduzione pro– gressiva del conflitto, .elevandosi il livello generale di v~ta, ,ottenendo le classi non abbienti un miglioramento relativo del loro benessere, e atte– nuandosi la differenza con gli altri livelli di vita dei privilegiati. La classe operaia deve dunque va– lersi delle istituzioni democratiche,• delle organizzazioni ch'essa ha crea– te, dei diritti che ha conquistati, per dare il suo pieno signifis:ato alla de– mocrazia-stessa. Si può condensare la difficoltà in una formula dicendo che l'evoluzione politica deve unirsi a una rivoluzione ecOnomica. Ora, l'uso «integrale> della. democrazia permette la rivoluzione economica. La democrazia è il regime nel quale ciascun cittadino può liberamente. ammettere la superiorità di una de– terminata politica e difenderla .. La rivoluzione economica, ossia il pas– saggio 1a un tipo di organizzazione collettivistica, s;rà sentita sempre più· come necessità da una massa di cittadini che ne accetterà democrati– camente gli imperativi. I compiti af– fidati allo Sta~o non hanno altro si– .gnificato. Fasi e significati del capitalismo L A storia degli ultimi cento anni dimostra ciò che può essere una conquista progre§siva del potere da parte della classe operaia. Àll'inizio del scc. XIX il movimento operaio era, di fronte al capitalismo nascente che già predominava sui relitti del– l'ordinamento feudale, interamente disarmato. In un secondo tempo esso ha ottenuto dai detentori dei pubbli– ci poteri almeno garanzie e migliora– menti che rendono meno inumana la sua posizione., Sta ad esso· prosegui– re la lotta fino al suo termine senza infrangere il regime. che ha permes– so la sua ascesa. La confusione de– riva spesso dal fatto che nel termine «capitalismo» vengono compresi va– lori e realtà di ordine differente, il ctii miscuglio rivela una sorprendente incomprensione del movimento sto– rico: civjltà industriale, regime de– mocratico, proprietà privata, preci~• minio del capitale sul lavoro, ecc. Il regime repubblicano, p. es., ch'è il fondamento della vita civica in Francia, non -è legato intrinsecamen– te al capitalismo; è stato creaio da uomini che nutrivano diffidenza nei riguardi del potere assoluto, che si preoccupavano dei diritti dell'indivi– duo, che credevano all'armonia riatu– rale degli scambi à partire dal mo– mento che venisse abolita la com– p~essione soffocante della società me– dievale, monarchica e corporativisti– ca. Per questi uomini la « libertà » era il principio necessario e sufficien– te di tutta la vita sociale. Le cose si sono purtroppo rivelate più comples– se, e la reazione odierna, che vede nell'intervento di un potere autocra– ticq la sola possibilità di risolvere gli antagonismi d'interessi e l'oppressio– ne sociale, cade semplicemente nel– l'eccesso contrario. D'altra parte è abusivo parlare di regime capitalistico senza precisare il senso attuale del termine. Il capi– talismo del sec. XIX si confonde con lo s".iluppci i,;dustriale, e lo stesso Marx ha riconosciuto il carattere po– sitivo di questa fase economica, le· . cuì miserie provengono solamente da uno squilibrio interno della società in piena evoluzione al suo uscire dagli ordinamenti monarchiei (e non dal « capitalismo » in astratto!). Oggi questo capitalismo ha perduto la sua virulenza, dato che deve far~ i conti con le. forze sindacali, col potere po– litico (ch'esso non domina completa– mente), con fattori ideologici (vi è una rivolta della coscienza umana di fronte a certe iniquità che obbliga a riforme). Tutto questo a un punto tale che si può intravedere senza difficoltà il giorno in cui il capitali– smo sarà a poco a poco completa– mente COl)trollato da forze inesistenti all'epoca della sua nascita, ma che sono. poi cresciute con ess'b. Si trat– terà dunque - e già si" tratta - di Un nuovo regime capitalistico. Sullo stesso piano del possesso pri– vato del capitale, l'evoluzione inter– na dei regimi democr~tici giunge alla negazione del regime capitalista sot– to la spinta delle forze popolari. I grandi complessi e i settori economi– ci che dirigono la vita delle collet– tività sono sottratti al gioco degli interessi privati, soprattutto attraver– so le nazionalizzazioni; si restringe sempre più il campo dell'economia privata, della libera impresa, sim– bolo del capitalismo del sec. XIX. Questo non sopprime pertanto la ri– vendicazione operaia! Ma è impor– sante notare che il mondo del la– voro, a misura della sua coscienza politica, può condurre alla trasfor– mazione sociale ed economica della den:ocrazia. Stato e movimento operaio • s- I è sviluppato oggi lo strumento di controllo sull'insieme del– l'attività economica, lo Stato. Per suo mezzo già si è. prodotto un certo numero di trasformazioni, e non è vietato pensare che esso possa servire a modificare ben più radicalmente l'ord~ne sociale. Tutto dipende dalla pressione dell'opinione pubblic" che si esercita su di esso. Lo Stato non è niente in sé, esso agisce secondo le forze che lo dominano: La parte d'impulso nel processo di trasforma- Biblioteca 1noBia o 7 zio11e appartiene alle masse che esi– gono e sostengono una tale politica. Bisogna dunque );tiare perché ven– gano ammesse e reclamate in una opi~io11e molto larga (ben oltre la ·dasse operaia) le misure fondamen-· tali che condizionano il « cambia– . mento di strutture». Si deve dire per amore di verità che su questo punto i salariati han– no. da compiere un immenso sforzo. Non solamente essi devono definire la loro piattaforma comune di lotta, ma, per ottenere l'indispensabile ade– sione di altri gruppi, trovare le basi di un accordo con questi in funzio– ne di problemi reciproci, sulle tra– sformazioni d'insieme. Su questa via si ergono numerosi ostacoli. In realtà tradizioni, pregiudizi, diffidenze pos– sono essere sfruttati da tutti coloro che ·hanno interesse al mantenimento dello statu-quo, e tendono in conse– guenza a ingannare l'opinione. Que– sta non corre d'istinto alle soluzioni razionali; molte organizzazioni e isti– tuzioni, e la stampa, possono svol– gere una parte nefasta, ritardare la presa di coscienza camuffando i veri problemi al servizio di profittatori. In questo se~so, la. democrazi~ è anche il r.egime politico che apre \a via a sinistre mistificazioni. Se, in teoria, i partiti dovrebbero assicurare la continuità nelle prospettive e nel– l'azione riformatrice, essi possono an– che cristallizzarsi, passare sotto il do– minio di gruppi e interessi privati (che « comprano » gli apparati), e fallire a loro volta. L'evoluzione del– la democrazia può essere bloccata da quelle stesse forze che hanno per scopo di favorirla. In questo èaso, i lavoratori devono di necessità com– piere un enorme lavoro di demistifi– cazione, che viene poi alla luce. nei grandi moti di carattere_ sociale (scio– peri, avvenimenti vari, ecc.). MoÙi hanno timore dello Stato, temono cioè che lo sviluppo della sua potenza non possa significare se non la fine delle libertà individuali. Ora, la potenza dt!llo Stato non diviene temibile se non in regime totalitario, ove ogni velleità cli opposizione viene spietatamente repressa. In regime de– mocratic,.o rappresenta il necessario contrappeso~ a ciò un'opinione sensi– bilizzata alla difesa di alcune libertà individuali primOrdiali. L'autorità dello Stato rischia certo di divenire tirannica, soprattutto se essa si esten– de all'insieme dc-lla vita economica: ma essa non può essere equilibrata se non per mezzo di organizzazioni collettive (p. es. i sindacati) che re– stino libere di fronte al potere. Se queste ultime non ne sono che l'e1na• nazione, la vita e la dignità dell'in– dividuo non pesano più che un fu– scello; il potere si arroga diritto di vita e di morte su ciascuno in nome degli interessi collettivi. Se, il movi– mento operaio oggi si trova di fronte il problema della democrazia non bi– sogna vedere in questo una conse– guenza dell'evoluzione parallela del regime liberale e del capitalismo. Quest'uhimo, ripetiamolo, non ha portato con sé la soppressione della libertà; esso non ha potuto che resi– stere gran tempo (e resiste ancora) al pieno sviluppo della libertà che postula per ogni individuo un livello di esistenza ragionevole. Noi pensia– mo che questa evoluzione, il cui ar– . resto sareb?e catastrofico, possa pro– seguire in vist~ .di una sintesi supe– riore : la democrazia assorbirà la capacità dinamica del capitalismo che è all'origine dell'elevamento del livello di vita, e il potere pubblico regolerà la· produzione e la distri– buzione delle ricchezze senza pertanto divenirne proprietario. (Traduzione di Margherita lsnardi)

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