Nuova Repubblica - anno III - n. 5 - 10 marzo 1955

I GIORNALI D' IS'I'I'I'V'I'O E ' ormai un fatto gerlerale la diffusione nelle scuole medie italiane del giornale d'Istituto redatto da stude11ti e la sempre mag– gior coscienza dei propri metodi e dei propri lini da parte del Movi– mento associativo studentesco. Pc., raccogliere e archiviare i numerosis– rimi giornali degli studenti medi (si parla di oltre 90) e per coordinarne l'attività sono sorti negli ultimi mesi il Servizio Stampa Studentesca e l'Agenzia Studentesca alle Informa– zioni Stampa con sede rispettivamen– te a Milano e a Roma. l Circoli studenteschi, con caratte– re associativo e aperto e talvolta rap– presentativo, e i giornali. spesso mal curati nell'aspetto tipografico, costi– tuiscano, n~nostante i loro dijetti, U7I 1IUOVO elemento per la formazione di un costume democratico e ['educazio– ne aWautonomia degli studenti me– di. Vintere.sse che hanno suscitato è dovuto al fatto che anche gli slu· denti giovanissimi hanno affrontato con scarsi mezzi la loro battaglia, po· nendosi dei problemi di critica obiet· liva e spregiudicata alla preunte si· tuazione della scuola del nostro pae· se, dove il costume politico e le istitu~ zioni richiedono di essere rinnovati in uno spirito di democrazia e di li– bertà. Crediamo fermamente che La vita politica italiana non sarà suscet– tibiLe dirillnouamento se non facen– do capo a nuove leve, che siano li– bere dal convenzionalismo e dal tra– sformismo dell'attuale classe dirigen– te. Tutto quello quindi che viene fat– to per la costituzione di grupPi gio– vanili, per il loro inserimento co– sciente e fattivo nella vita del paese, merita di essere incoraggiato al rna-s– simo, Gli studenti, consci dell'insufficien– za formativa dell'attuale sistema di educazione, IralWO dato vita a circoli per promuovere nelle nostre scuole un movimento che si batta per crea· re una generazione fiduciosa negli 'stituti d.emocratici, per formare del– le personaLità libere che sappiaflo af– frontare i problemi della vita, che abbiano coscienza della necessità di urla società formata da meno «mas– sa » e da meno « élite ». Fra le sorti della democrazia e le sorti della scuola esistono molteplici e profondi legami: una gioventù educata secondo schemi di conformi– smo e di paura privata dell'auto-de– cisione, necessariamente domani sen– tirà il bisogrlo dell'uomo della prov– videnza non sentendosi altro che « gioventù deL sole)o o « battaglione in marcia ~. Gli studenti hanno ca· pilo che la democrazia per a.f/er– mars; nel paese doveva Iler prima cosa affermarsi rlella scuola. Il Mi– nistro liberale MartiriO sembrava aver inteso la necessità di sostenere e "futelare quelle iniziative giovanili che cont,ribuiscono a formare il de– mocratico leale e appassionato. Sa– prà M ons. Ermini fare altrettanto? L'ambiente della scuola è in fer– mento: i giornali e le associazioni de– gli studenti medi possono essere url buon mezzo di offesa e di difesa con– tro qualsiasi minaccia di monopoliz– zare la cultura. Non a caso nella mozione generale conclusiva del l O Convegno Nazionale della Stampa Studentesca di Bologna si affermava che « le diverse esperienze... con– fluÌJcono in 11 na esigenza profonda di libertà che trae il motivo d'a– zione dallo spirito della Resistenza, condizione questa del porsi autono– mo dei giovani nella vita nazionale come eLementi attivi di rinnovamen– to ». La Resistenza, che ci ha inse– gnato il valore della libertà, ci ri– corda il dovere di contribuire ad una sua sempre hiù brofonda ed estesa realtzzazione nella democratizzazione dei nostri istituti politici e di lutti gli ambienti della vita sociale italia· rUl, dalla Scuola alla Fabbrica. La scuola è minata nelle strutture e nel– lo spirito dal fascismo e dal clJrica- ... lismo; si tratta di sostituire ad essi i valori della Resistenza ed i prin– cipi sanciti dalla costituzione repub– blicana. Gumo ALBBRINI x. Il dopoguerra " P ROCL....MATO l'armistizio. le mass: operaie si agitarono; i soldati, tornati dal fronte stanchi, esigeva· no che le promesse fossero mano tenute e si iscrissero in gran nu– mero alle org~nizzazioni sindacali. La confederazione del lavoro aveva stu– diato le diverse situazioni da affron– tare e superare: il lavoro di guerra era finito, bisognava produrre per il tempo di pace. Il Governo preoccupato per la quantità di uomini validi che tornavano dal fronte largheggiò in sussidi e in commesse. Ferrovie da sistemare, agri– coltura da riprendere, zootecnia "da ri– fornire, case da costruire, prezzi da contenere, E la vita aumentava, insieme a l'indisciplina e la rilassatezza. Le or– ganizzazioni operaie- presentavano ri· chieste agli industriali che venivano sempre accolte per tema del peggio. Si udiva spesso il grido di Viva Le– nin, Viva Trotzki. La C.I.G.L. avan– zava continuamente richieste di au– menti sotto forma di caro viveri e di rialzo dei salari. Il programma del Partito Socialista, alleato della Confe– derazione, era: tutto il potere agli operai. Di qui la corrente che si chia– mò massimalista, perché chiedeva il massimo; ad essa apparteneva la mag– gioranza degli iscritti. Di contro la CG.I.L. lanciava la parola d'ordine «( Costituente)) sulla quale era d'ac– cordo anche Serrati, ma la folla non la seguiva. Tuttavia bisogna riconoscere che la massa operaia gridava Viva Lenin, cantava Bandiera Rossa, ma poi si accontentava dell'aumento di 50 centesimi all·ora. I lavoratori, non dimentichi dei maltrattamenti del cam– po, si sfogavano contro gli ufficiali, tanto che venne dato ordine a questi di non vestire la divisa, umiliando cosi il ceto medio composto quasi tutto da ufficiali. In mezzo a questo caos le federazioni tendevano a crea– re nuove situazioni. Prima fra tutt~ la I FIOM, capitanata da. Buozzi già dal marzo 1919, lottava per ottenere il minimo di cottimo assicurato e chie– deva il 35% garantito. La CG.I.L appoggiava le federazioni in lotta e chiedeva due postulati su scala na· zionale: la pensione vecchiaia e il controllo sulla produzione. La Feder– terra esigeva che fossero mantenute le promesse fatte ai contadini duran– te la guerra dando loro terra; dirigeva le agitazioni per la mezzadria, per la monda del riso, per il bracciantato, chiedeva l'abolizione del latifondo. In determinate zone venivano occupate le terre dai combattenti e dai reduci, riu– nitisi in Ente morale. La Confedera– zione popolare dei Lavoratori, non po– tendo opporsi al movimento di riscos· sa proletaria, lottava con propositi_ de– magogt<j, specie nel cremonese, ave era capitanata da un sindacalista cri– stiano, l'ono Migl.ioli. La lotta per il minimo garantito di cottimo, si trascinò per qualche tempo e sfociò nel maggio in uno sciopero, astensione dal lavoro, che durò circa due mesi. Nei primi di luglio, gli industriali milanesi ten– tarono un colpo di forza: comunicaro– no che al lunedì avrebbero aperte le officine e invitarono gli operai ari· prendere il lavoro. Credevano di aver affamato i lavoratori, ma il giorno che questi dovevano riprendere il la– voro, un corteo di metallurgici partì dalla Camera del Lavoro, composto dagli scioperanti, cantando l'inno dei lavoratori, con le mogli e i figli che li incNavano a resistere, a non tradi– re, attraverso le vie del centro e si portò all'arena ove si svolse il comi– zio, Non un operaio 5i presentò al NUOVA REPUBBLICA 7 I PAGINE DI CULTURA CONTEMPORANEA I IL MOVIMENTO SINDACALE IN ITALIA lavoro. Questo corteo fece una grande impressione ai cittadini di Mi1ano che con applausi manifestarono la loro so– lidarietà. Ciò costrinse gli industriali a cedere e dopo 60 giorni di scio· pero veniva conquistato il minimo di cottimo ·garantito. L'ambiente, non so· lo fra i metallurgici, era infuocato. Il Governo emanò un Decreto che sta– biliva la pensione vecchiaia e invali– dità, la cui quota era per un terzo a carico del lavoratore, per un terzo dell'industriale e per un terzo dellg Stato. Il principio della previdenza ve– niva attuato. Nel frattempo sorgeva in Russia la te.rza internazionale (Co– mintern). I Sindacalisti dell'Olanda si 'facevano iniziatori della ricostituzione dell'internazionale sindacale a car,atte– re socialista, sorta nel 1889, che la guerra aveva frantumato. La guerra aveva diviso le nazioni in due gruppi. L'Olanda era rimasta neutrale, e così la Svezia, la Norvegia, la Danimarca, la Svizzera; il Belgio era stato invaso dai tedeschi. L'Olanda era la più indi– cata per ritessere le fila e si ricreò l'internazionale sindacale con sede ad Amsterdam. Segretario fu Jimmen.. olandese, e Vice Segretario, Liegen, tedesco. A Mosca sorse un'altra Inter– nazionale, che Amsterdam non aveva voluto affigliare perché essendo il po– tere nelle mani degli operai erano essi i padroni delle officine. La Francia e la Spagna anarchica, la· Russia co· munista colle minoranze comuniste di altri stati fondarono _un'altra Internazio– nale; e una tena ne sorse, ancora in Olanda con sede a Utrect: l'In– ternazionale lavoratori cristiani, In Ita– lia la CG.I.L. aderiva ad Amsterdam, la c.G.P. (popolare) a UtreC!. I lavo· ratori italiani le definirono così : la c.G.I.L. i rossi, la Popolare i gialli, nomignolo affibbiato internazionalmente ai crumiri. Alla Internazionale di Amsterdam aderiva la grande maggio- ranza delle organizzazioni internazio- nali, ed essa aveva la sua rappresentanza anche nella società delle nazioni a Ginevra. Per l'Italia, alla Società del- le Nazioni, era delegato permanente dei lavoratori l'ex Deputato Prof. An· gioia Cabrini e delegati di turno: D'Aragona, Buozzi ed ·altri. Mentre il mondo era scosso dagli avvenimenti politici, in Italia operai e contadini erano in fermento: essi volevano seguire l'esempio della Rus– sia e se il P.S.I. fosse stato guidato ed erano controrivoluzion:ui, parlava– no il distintivo leninista e votavano per i riformisti. Questo dice quanto incapaci e impreparati erano i socia– listi italiani non solo, ma tutti i so– cialisti del mondo, tolto i russi, a fare la rivoluzione. L'occupazione delle fabbriche D opo la battaglia dei metallurgici, la borghesia pensò alla rivin– cita; organizzò le sue fi le, nominò Presidente dell'Unione Industriale il banchiere Ruttigliano di Genova. D'al– tra parte la F Jf() M non dormiva sugli allori e passava di conquista in conquista. Aveva conquistato le 8 ore, il riconoscimento delle Commis– sioni Interne, conquistò il minimo di L. REPOSSI garantito di cottimo, i minimi di sa– lario, si p~eparava a dare battaglia su altre richieste. Ma conscia di quan. IO era costata l'ultima battaglia (60 giorni di sciopero) e sapendo dei pro· positi di intransigenza degli industria– li, preparò un nuo~o piano di batta– glia. Ruttigliano non nascondeva i suoi propositi di dare una lezione alle masse metallurgiche. La Fiom ne ap– profittò per inscenare una campagna di stampa facendo la vittima, e con– quistò l'opinione pubblica a sua fa– vore; quindi presentò agli industriali le sue richieste che vennero da questi ripetutamente respinte." Allora passò al– [a lotta, ma a differenza delle altre volte, .anziché l'arma dello sciopero adoperò quella dell'ostruzionismo. Gli industriali furono sorpresi da questa nuova tattica che non danneggiava né la produzione né gli impianti ma ridu– ceva la produzione. Erano applicati tutti gli accorgimenti per non con– travv.enìre ai regolamenti ma fare in modo di ritardare la produzione. La nuova tattica ebbe successo: esasperò gli industriali. A Milapo la mOSsa fa i- da elementi capaci, le condizioni ab- sa di un industriale determinò una biettive erano tali che facilmente il potere sarebbe ca(Juto nelle mani degli . battaglia tale che, se il Partito Socia– lista 'avesse avuto più capacità e corag– gio, poteva determinare il passaggio del potere nelle mani degli. operai. Basti dire che inviati di tutti i giornali del mondo erano calati in Italia e la popolazione itaÌiana e'ra sicura ormai che i lavo.ratori si preparavano alla rivoluzione. La borghesia efa rassegna– ta ad ogni evento. L'ostruzionismo era in piena efficic.oza: dopo una set– timana, il lunedì, gli op~r:li si re– carono al lavoro. Tutti gli stabilimen– ti aprirono regolarmente le officine, m:. la fabbric:! Ji macchine per l'Edi– lizia, la Romco (allora, pur essendo stata creata J'Alfa, 'non era però in società con la Romeo) tenne cbiu5i i operai, Bisognava far cessare la corsa al rialzo de'Ile paghe che in gran parte or– mai venivano spese per \ briacarsi. Le osterie erano piene di gente che non sapeva far altro che bere, gridare Viva Lenin e cantare Bandiera Rossa. La borghesia alimentava tutto ciò, per– ché così creava un ambiente in cui essa a poco a poco riprendeva il dominio. Il ceto medio imbevuto di patriottismo creava i gruppi di combat– timento che sfociarono nel fascismo. In questo ambiente si voleva fare la rivoluzione. Da una parte rilassatezz!! morale dovuta allo stato ceeato dalla guerra, dall'altra corsa agli aumenti e collaborazione coi ministri. I dirigen– ti sindacali erano sempre ai Ministeri battenti e proclamò la serrata. I lavo– ratori in èolonna si recarono alla Ca– mera del Lavoro attraversando la cit– tà. Buozzi ed altri dirigenti della Fiom si erano trasferiti a Milano do– ve era la sede della Confederazione, in Via Manfredo Fanti. Ne era Se– gretario Ludovico D'Aragona, contro– rivoluzionario per la pelle. Questa mossa era preveduta. Avuta notizia di quanto era accaduto alla Romeo, la Fiom convocò, alla Camera del la– voro, per il pomeriggio, un delegato per ogni azienda. A ciascuno conse– gnò una lettera da aprir~i prima di cessare il lavoro e da comunicare alle maestranze. Era rordin~ ' di occupare le officine verso le 17. Gli operai non uscirono dalle fabbriche ed occupa– rono le aziende; da quel momento operai ed impiegati restarono in per– manenza in officina continuando di– sciplinati il lavoro. Fu una sorpresa per tutti gli industriali che abbando– narono le officine e si convocarono subito alla Unione Industriali. La par· te padronale ebbe la l sensazione di es– sere sconfitta; nei lavoratori si creò la convinzione che si era all'ultimo atto e la vittoria sarebbe stata totale. La Questura, presa di sorpresa, non aveva ordini in proposito e d'altra par– te non si sentiva di affrontare e slog. giare dalle offi,:ne 120.000 operai. La stampa socialista si dichiarò subi– to a fianco degli operai. Il giornale di Mussolini, pur n~n schierandosi co– gli operai, dava torto agli industriali. Gli operai, disciplinatissimi, avevano eseguito l'ordine ed erano pieni di entusiasmo. Ma un errore era stato compi·uto nel primo momento: lascia– re uscire tutti i Dirigenti, senza prov– vedere a trattenerne uno per control– lare il lavoro. Solo una azienda vi pen– sò, la Breda, al cui capo fu dichia. rata che egli non poteva uscire se prima non provvedeva alla sl1a sosti– tuzione con un altro dirigente; poteva però liberamente girare per l'officina, controllare sia il lavoro, sia la disci– plina della maestranza. Il lunedì verso le 20.30 alla Camera del Lavoro si trovavano Bensi, segretario, il Prof. Leonetti dell'Avanti e l'on, Repossi, Il Prefetto, Comm. Lusignoli, telefo· na avvertendo che se non viene la– sciato libero nng. Bonfà, Direttore della Breda, dovrà usare la forza. Bensi gli dà delle risposte evasive, Repossi grida ad alta voce, in modo che il Prefetto intenda : digli che se toc– cano lo stabilimt'l1to non è sicura la vita dell'ingegnere. Era un espediente ma bastò perché il Prefetto non , or– dinasse nessuna azione contro la Bre· da. Si decise di fafe dei sopraluoghi per controllare le difese improvvisa– te nelle fabbriche! Come ho già detto, la Questura presa di sorpresa era diso– rientata, il Governo temendo il peg_ gio aveva dato disposizioni di l:tsciar fare. La c.G.I.L. era contrariata ma subiva quello che Buozzi e il diretti– vo della Fiom avevano deciso. (contimull)

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