Nuova Repubblica - anno III - n. 5 - 10 marzo 1955

L. 35 ., Spodbiono In abbonamento poetalo (Gruppo ll) A pag. 4: A Genova i portuali difendono la democrazia. --- CESA CLAUDIO Via Risorgimento,3 presso Terreni P I S A Anno III~- N. ~ (53) QUINDICINALE POLITICO : Firenze - 10 marzo 1955 CLORINDO PAVA}:': Trieste italiana: I partiti (pag. 2) - CERILO SPINl:LLl: Una pot('nza senza cannoni (patf. 2) - PIETRO BIANCONI: Elba seonosciuta: Era meglio Leopoldo! (pag. 3) - VICTOR ALBA: Da buoni vicini a buoni soci (pag. 3) - ~:1~;g?o :t ~?n~!~~z: c f~~ i.io 6 ) n~lc Gl11~Ù 1 i~LnEW:~·1: 5 bi nal1~f~~i~~to 5 t1 !:0~B~ GIORGIO SPINI: L'impo1tanza di fa r sul scrio (pag. 8). - RASSEGNE: Italia, oggi: La prova del. 9 S ubito dopo il 7 giugno, alti lai si sentiron levare da parte dei « laici » contro lu forn1ula del quadripartito; Saragat fece puhb1ica1nente il suo allo di con• trizione, alla 1nanicrn n1oscovita; ed anche la D.C., a upoli, « svol– tò » a sinistra. Ma dopo qualche n1ese, Sarugnt era di nuovo im• barcnlo nel governo, sostanziai• rnente il solito quadripartito, n1a - chi sa perché - battezzato co– me formula nuova; il lieto even• lo fu salutato con fnvore anche dai liberali del « Mondo ». Auspi– ce Scelbrt, ecco dunque le forze della democrazia italiana di nuovo attiYe e concordi, su uno spetta• colare piano di riforn1e in pro• fondità. Che cosa di meglio poteva desiderare l'anima di De Gasperi? Gli uonuni della democrazia italiana sono tenaci: non si urren• dono facilmente all'evidenza. Neanche il crollo della maggiori– taria li ha persuasi che un'altra strada andava scelta. E così si è ricon1inciato il torbido vivacchiare; il g.,1npron1ess2z. con1e forn1ulu per1nunente di governo": l'unica, effe1tivan1ente, possibile in un'al• leanza in cui la parte maggiore opera, per via di Fanfani, su tut• li i ' tubleaux' possibili; i libe– rali cercano di assumere la guida dell'intera destra, e i socialdemo– crutici funno fLnta di ruppresen• tare la ' vera ' sinistra. Su questo quadro oleografico d'immobile idillio, La MaUa sogna ogni tanto cose impossibili: sostituendo pu– puzzi a pupazzi, carnbiare In scena. I cui protagonisti sono invece ben individuati: Confindustria all'at– tacco su tutti i scl1ori, agrari in risveglio, generali del passnto re• gime (possibilmente della Milizia) di nuovo in auge, burocrati in cornhutta co i fas cisti, preti do,•un• que: e dall' alt.ra parie, col naso in su ad aspettare qualcosa, tulio il resto del popòlo ituliano. Siamo dunque sempre alle soli– le. Il governo Scelba è la prova del nove dell'inçfficienzu organica . e quindi del progressivo deterio– ramento, di una formula, d'un indirizzo. Il problema di fondo, il problema di sempre della demo– crazia italiana, si pone in così crassa evidenza, che perfino La l\falfu, e un po' Pannunzio, e un poch.ino Saragat, funno mostra di accorgersene: una politica di ri• forme si fa soltanlo con l'appoggio deUc classi che vi hanno interesse. Una politica d( riforme puramente ' illuministica ' non regge al primo urto dellu realtà. Ln prima occasione è stata i patt.i agrari; poteva essere l'Eni; o la legge elettorale; o qualsiasi ultra cosa. Nessun problema se– rio di riforma, al di fuori della ' ordinaria an1n1inis1razione' (la quale poi sarebbe problema se– rissin10, se lo si guardasse in pro• fondo), può essere non diciamo risolto, ma- posto, da una coali• zione d'interessi ricattala, don1ina• tu ogni giorno di più dalle destre. on disconoscia1no eerto le re• sponsabilità che di questo porta sulle proprie spalle il P .S.I. Ma non sian10 neppure così orbi da non vedere che il P.S.I., o· per lo n1eno alcuni dei suoi dirigenti, mostran d'accorgersene. E' nostra precisa funzione favorire, per CJ IMILE alla femmina balba del ...::) canto XIX del Purgatorio, da qualche tempo a questa parte l'on. La Malfa si avanza sulla scena politica italiana • io son » cantando, « io son dolce serena, che' madnar in mezzo mar dismago; tanto son di piacere a sentir piena! » Io non perderò tempo ad esami– nare i nuovi argomenti prodotti dall'on. La Malfa, e la diagnosi ch'egli ora viene facendo della situazione italiana: come l'aposto• lo Paolo, egli si trova nella con– dizione di dovere riconoscere le ragioni dei propri avversari, con– fessando la fede d1e aveva così a lungo perseguitata. Triste destino di un realista, costretto a fare ap– pello ai principi e a proclamare il peso politico degli ideali : « fe. de è sostanza di cose sperate>>. In una società come l'italiana, una politica fondata sulla distruzione sistematica delle speranze si dimo– stra in ultima analisi, alla s/reg11a dei fatti, una politica suicida. Colui che scrive è, ed ha sem– pre cercato di mantenersi - come si dice nel gergo odioso dei poli– tici e degli apparati di partito - 1111 elemento di base : espressione che a me ha sempre richiamato l'idea della piramide negatrice di ogni ricambio politico, necessario alla vita della democrazia come la respirazione a quella dell'uomo. Dalla base della piramide, con la chiaroveggenza che nasce dal contatto continuo, quotidiano con l'uomo della strada e con la vita concreta del Paese, noi abbiamo cercato disperatamente in tutti que– sti anni, dal 1948 in poi, di far giungere al vertice il nostro De prof11ndis. Né ci siamo limitati al semplice lamento o alla vana protesta dei moralisti. Abbiamo lottato nell'in- quunlo sia in noi, questa ripresa di coscienza; non I are nulla che possa ostacolarla; e neppure - d'altronde - fare con1pro1nessi sui principi per amor di accomo– damento (che sarebbe appunto il peggior modo di ostacolare la re– visione in eorso). E' chiaro a tutti che l'apporlo socialista è oggi la ' conditio sine qua non ' per usci• re dalle secche: perché esso di– venti fattore reale, lo sforzo del P.S.I. dev'essere effettivo, non di parata. E' precisamente quello che ci preoccupa: e non tanto perchc non crediamo alla sincerità delle offerte che ogni don1enica Nenni ripete, e rafforza con atti politici assai precisi (gli ultin1i, non d'hn• portanza, la presentazione di liste autonome in Sicilia, e Ja defene• strazione di Tolloy; e perfino la bollente polemica - per quanto sballata nella sostanza - di Per– tini con Battaglia); ma perché non riusciamo a scorgere all'interno del partito, nella sua massa trop• po &rigia, nei suoi ' sergenti ' trop• po a lungo abituati al conformi– smo, sintomi di ripresa di vita– lità democralica. Vedremo al pro•• b 1oteca G1no .Bianco SOMMARIO 11 genio dei liberali (pagg. 4 e 5) - Cose di Francia: I liUCCC''iSi del signor Poujadc (pag. 4) - Lar:oro , si11daca1i: A Genova i portuali difendono la dcmocra.tia, di IL CAPOLEOA - /5 giorni nel mondo: Qualunquismo in Francia, di PAOLO V1TTORP.LLI (pa~. 5) - Gruppi al lavoro (plfg. 6) - Pagine di Cultura contu11pora11ea: Il mo,:imcnlo sindacale in Italia (X), di Lu1ç1 REPOSSI (.pag. 7) - Plausi ~ Boli~, di OGNUNO (1>ag. 8). Il "nuovo ·corso" dell'un. La Malfa ,------------- IL CftOOTO DHLLH SIRHNH Il fallimento del PRI e del PSDI è completo. L'alternativa a cui sono c1ili. date le sorti della democrazia italiana corre ormai fuori di questi pal'titi. terno del sistema, nell'ambito dei partiti di terza forza, vincendo la nausea che in tutti noi produceva– no i metodi cinici e stupidi degli apparati: e nel 1952 e-•53, a Bologna ed a Genova, con grande fatica siamo riusciti a portare alla luce dei congressi e di fronte al– i' opinione pubblica una concreta alternativa che restituisse fiducia nella democrazia; la quale, insom– ma, è stata inventata dagli uomini affinché permettesse di cambiare il governo senza dovere ricorrere ogni volta a una rivoluzione. Sia– mo stati sospettati e accusati aper– tamente di filocomunismo, noi che per primi avevamo _.gettato l'allar– me su di una politica che avreb– be condotto ineluttabilmente il Pae– se verso il clerico-fascismo prima e poi verso nuovi sconvolgimenti di tipo rivoluzionario, a tutto van– taggio, proprio, del PCI, che a parole si diceva di volere argina– re. Siamo stati espulsi, respinti. Come i fraticelli medievali, ci sia– mo confortati con le parole : bo- 1111s vir, id est haeretic11s. E ab– biamo continuato la nostra batta– glia nelle file di Unità Popolare. Ora, nel 1955, !'on. La MaJfa scopre che noi avevamo ragione e pretende di fare svolgere dal PRI e dal PSDI quella politica eh' egli ha combattuto con implacabile ac– canimento dal 1948 in poi. Credo inutile aggiungere che qui non si vuole difendere alcun sin10 Congresso, pietra di parago• ne in1portante. Un dirigente provinciale del P.S.I., in un recente cortese di. battito, obielluva che il P.S.I., co– me purtito della dass.e operaia, non ha bisogno di valersi al suo interno degli stru1nenti deinocra• tici dei partiti borghesi. Qui è il punto. L.1 base del P.S.I. ha di– n1en1icato che sta proprio ai par• titi operai rivitalizzare gli stru. n1enti della den1ocrazia, di cui la borghesia si è du tempo impudro• nita. Finché non se ne renda con• to, il purtito non può, al di fuori, proporre seriamente una politica che si svolge uttrnvcrso quei 111e– desin1i strumenti. E l'altro punto è questo: l'unico modo serio per fare gli interessi della classe ope- ..raia e non spezzarne l'unità è precisamente quello di fare, cornc socialisti, quella politica che nelle condizioni dute consenta alla classe operaia di avanzare. Cosa risponderà K' a questi due punti il congresso di To- rino? diritto di primogenitura. L'on. La Malfa ci conosce. Per quanto io personalmente preferisca, in con– fronto, l'onorato mestiere di net– turbino o di custode di cimiteri, sarei prontissimo ad entrare nel PRI o Ml PSDI, se Il dentro ci fosse ormai solo qualcosa da fare. L'on. La Malfa sa benissimo d1e ogni partito si qualifica e si ridi– mensiona internamente secondo il tipo di politica che esso conduce: e la politica svolta dal PRI e dal PSDI ha ormai sterilizzato defi– nitivamente questi partiti d'ogni elemento di iniziativa e di autono– mia, d'ogni volontà disinteressa: ta, cristallizzando intorno ad essi piccole clientele in cerca di picco– li favori governativi, distribuiti at• traverso i ministri e le prefetture. :B un capitolo chiuso. Mi meravi– glio che !'on. La Malfa non si accorga di questa patente contrad– dizione, e che non se ne accorgano gli altri valentuomini del Mon– do i quali scambiano un artico– lo di giornale con un concreto e prolungato sforzo politico. C'è dunque una impossibilità obiettiva, e c'è un problema di costume, essenziale al retto fun– zionan1'ento della democrazia. L'on. La Malfa sembra non accorgersi che l'alternativa e il ricambio, di cui egli ora proclama la necessità, non hanno potuto salire dal paese al governo prop;io ferché il PRI e il PSDI, che dovevano farsene interpreti ed esecutori, si sono via via sempre più chiusi di fronte alle sollecitazioni dell'opinione pubblica, irrigidendosi in una po– litica di difesa degli apparati e soffocando ogni opposizione in• terna. Essi hanno distrutto in tal mo– do la democrazia nel partito, men– tre proclamavano di volerla difen– dere sul piano del governo : e sono morti di questa contraddizio– ne. Perché - come si può preten– dere di aumentare il proprio pe– so in una coalizione, nel momento stesso in cui si respingono le ri– chieste del Paese e si schiaccia la opposizione interna che vuole far– le valere nell'ambito del partito? Come si può promuovere l'alter– nativa sul piano del governo, quan– do si è distrutta la fiducia degli elettori nello strumento politico, col trasformare il partito in una corporazione chiusa, diretta da un piccolo numero di bonzi inamo– vibili? Se la democrazia è libera circolazione di idee e di éliles, questo principio vale per tutti gli organismi e le relazioni umane. Esperienza conclusiva, dicevo. Se, nelle difficilissime condizioni a cui siamo ridotti, vogliamo con– cretamente operare per impedire· l'irreparabile, è necessario che noi scontiamo certi risultati. Il falli– mento del PRI e del PSDI è com– pleto. Per. gli errori dei loro diri– genti, l'alternativa a cui sono affi– date le sorti della democrazia in Italia corre ormai fuori di questi partiti. Bisogna impedire che essa cada definitivamente nelle mani del PCI, nel qual caso noi avrem– mo il consolidamento del regime clericale e conservatore e il rin– vio di tutte fe ·speranze al millen– nio comunista. L'on. La Malfa riconosce di ave– re sbagliato. Probabilmente, tra breve, anche !'on. Saragat - que– sta deliziosa so11bre//e della vita politica italiana - riconoscerà di avere sbagliato, allorché aveva detto di avere sbagliato, l'ultima volta che aveva ammesso di avere sbaglia– to. Se vogliono impedire che la de– mocrazia degeneri nella farsa del più sfacciato trasformismo, !'on. La Malfa e !'on. Saragat devono abbandonare la pretesa di dirige– re anche il nuovo corso politico. Perfino i generali, una volta che abbiano perduto la battaglia, ven– gono sostituiti nel comando da nuovi condottieri. L'altemativa SII/ piano del go– vemo presuppone il ricambio e il rinnovamento delle formazioni po– litiche e dei gmppi dirigenti. Non vorrei che il realismo dell'on. La Malfa divenisse insensibile anche a questa elementare esigenza di normale funzionamento della de– mocrazia, e che egli, con tante buone intenzioni per la testa, fi– nisse col lavorare a tutto vantag– gio del re di Prussia, come il più sprovveduto degli utopisti. Leggo di un prossimo con– vegno sui monopoli, che si terrà a Roma il 12 e il 13 marzo per iniziativa di Ernesto .Rossi. Pro– porrei una relazione sul tema : « La degenerazione oligarchica e corpo– rativa dei partiti di terza forza, i costi crescenti, la produttività dec.escente e i sovraprofitti di mo– nopolio della democrazia italiana». Senza questo capitolo indispensa– bile, carissimo Ernesto Rossi, il resto è - ahimè! - « aria fritta». G[()8BPPE PATRONO

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