Nuova Repubblica - anno III - n. 2 - 25 gennaio 1955

testa cd esprimono il malcontento popolare prima che le masse ne ab– biano preso coscienza. 2) Un movimento consimile si è manifestato tra gli operai. Malgrado i sindacati siano quasi interamente in mano di fedeli peronisti, degli scioperi sono scoppiati e hanno du– rato parecchi giorni grazie alla sim– patia dell'opinione pubblica. 3) Avendo sentore della tendenza, per il momento non estesa, al po– polarizzar~i dell'opposizione al pero– nismo e rendendosi .conto che l'op– posizione ha origine nei circoli po– litici radicali, conservatori e socialisti, per sfociare poi nelle piazze, la Chiesa ha permesso ad alcuni dei suoi preti, sinceri antipcronisti, cristiano– sociali, di lavorare tra gli operai. In tal modo la Chiesa si preparava una posizione di riserva per l'eventua– lità di un avvenire in cui l'aver col– laborato coi peronisti potesse co– stituire un hmulicap. 4) Peron, dopo la morte d'Eva Duarte, profitta di tutte le occasioni per fare delle epurazioni nel suo stesso partito, nell'amministrazione, e soprattutto nei sindacati. Egli soffre di una diffidenza sem– pre pili grande, così verso gli uomini della sua parte, come per quelli dell'opposizione. La Chiesa era il solo organismo finora che fosse sfug– gito alle sue successive ondate di epurazioni, spesso di una estrema violenza( come quando le masse pe– roniste furono lanciate da un discor– so elci generale contro il Jockey Club e la Casa elci Popolo socialista). 5) Peron, buon discepolo dei suoi amici comunisti, utilizza quanto può la tattica dell'amalgama. Il bisogno cli far cessare l'attività di qualche pre– te, pii, o meno ispirato dall'esempio dei preti operai francesi (per quanto senza la tendenza comunista di que– sti ultimi), unito a quello di preclu– dere alla chiesa ogni possibilità di ritirata, hanno coinciso 1 nello spirito di Peron, con la possibilità di far ap– parire la chiesa come alleata dei radi– cali e socialisti. E gli hanno dato in più il pretesto per una nuova epu– razione tra i suoi stessi ranghi. Un elemento cli questa manovra politica è stata la legalizzazione della prostituzione. E questo cli punto in bianco, sen– za prendere alcuna precauzione, sen– za ristabilire, anzitutto, il servizio medico. Giacché quei signori non in– tendono aspettare. ·Si può già vede– re, nelle piccole case agli angoli del– le vie con le porte che danno diret– tamente sul marciapiede. apparire le fotografie della locataria. La legge è stata promulgata. L'anno 1955 ha visto, alla sua prima alba, le code dinanzi alle porte, già aperte, cli quelle signore. Gli uomini hanno il giornale sotto il braccio. Ma ades– so il giornale ha soltanto 8 pagine. Il che lascia loro tutto il tempo, in attesa del turno, di protestare con– tro i prezzi alti, contro la difficol– tà di trovare dei taxi, contro i sa– lari bassi e l'obbligo cli anelare la sera alla manifestazione ufficiale e ascoltare un altro discorso del ge– nerale. La chiesa ha perso la battaglia. Peron non l'ha vinta: Per questa voita son gli argentini che ne trag– gono tutti i benefici. Divorzio e ragazze a tutti gli angoli delle s·tra– de. Questo, a Buenos Aires, nell'an– no di grazia 1955, è la politica. VICTOHALBA Biblioteca \..:Jt VII. La crisi della FIOM e L'opera di Buozzi D oPo la costituzione della Confedera– zione Generale del Lavoro impian– tatasi a Torino, le organizzazioni na• zionali si spostarono e le loro sedi eb– bero residenza presso i centri di mag– gior lavoro per la loro categoria: l"ar– te bianca (pastai e panificatori) prima a Napoli poi a Firenze; tabacchi e Confederterra a Bologna, Edili e fab– bri a Torino, Statali a Roma. La Fiom, rimasta a Roma, lontana da dove pulsava la vita, cioè l"Alta Italia, trascinava una vita rachitica e stentata: Ernesto Verzi, Segretario Generale, si dimise ed andò a dirigere un Consorzio di Pescatori. La Fiom convocò il Congresso a Bo– logna ( 1908) e constatata la situazione disastrosa decise di trasferirsi a Mi– lano. Rossi restò Segretario Generale cd ebbe come aiuto Silla Coccia di Torino. Ormai il tarlo rodeva, la Fiom fu in pericolo di sfasciarsi. I torinesi premevano perché il Comitato Centra– le fosse trasferito a Torino ma il Congresso aveva stabilito Milano. I soci erano meno di 9000 e !"emorragia_con– tinuava. Silla Coccia costretto a vivere cli espedienti, abbandonò il suo posto e tornò a Torino a lavorare. Rossi, dopo aver trascinato sull'orlo del disa– stro la Fiom, se ne andò insalutato ospite. Di fronte a questa situazione i componenti la Direzione della Fiom, residenti a Milano, convocarono i rap– presentanti delle diverse zone. Il con– vegno ebbe luogo ai primi dell"anno 1909 a Milano. Dopo la relazione dei compagni rimasti al loro posto si aprì la discussione. I convenuti di Torino presero la palla al balzo e insisterono perché la sede fosse trasferita a Tori– no, accusando i compagni di Milano di negligenza.· · Durante !"interruzione per la cola– zione, Buozzi, di cui i compagni cli Milano conoscevano il valore, fu spinto a parlare. I tQrinesi rimasero impres– sionati dei suoi forti ragionamenti. Al– la ripresa, unanimemente fu deciso che Milano aveva permesso lo sface– lo e Milano doveva salvare la Fiom. Fu incaricato Buozzi di reggere le sorti della Federazione. Buozzi lavorò, frenò l'emorragia, le masse sentirono che un nuovo polso le guidava, le se– zioni risorsero e nel 1910 al Con gresso di Firenze la Fiom fu presen– tata da Buozzi con un numero di soci pressoché raddoppiato. La Fiom era salva, Buozzi fu con– fermato Segretario Generale. La, Sezio_ne di Milano propose che fosse trasfenta a Torino; così fu deciso e èla allora fino a che il fascismo non lo assassinò, Bruno Buozzi fu il più grande e il più ascoltato degli organizzatori. Scissione sindacale dei metallurgici a Mi/ano N EGLI anni che vanno dal 1900 al 1910 la Cassa di Previdenza Sta– tale non esisteva. Fu nel 1911 che l'allora Ministrq Rava presentò e fe. ce votare la legge sulle assicurazioni statali. Ricordo che in Parlamento vi fu chi, contrario, prospettò il peri– colo che in caso di guerra lo Stato si impadronisse di quei capitali. Nel– la sua risposta il Ministro disse: « Non soltanto i capitali saranno a di– sposizione dello Stato in caso di guer– ra, ma tutti noi ». Tuttavia la Pre– videnza era congegnata in modo che i lavoratori non ne traev:mo beneficio alcuno. neo NUOVA REPUBBLICA 7 PA.GI ~E DI CJIJLTIJRA.CJO~TEMPORA.~EA. ILMOVIMENTO SINDACAL IN. IT.ALIA Fu solo nel 1919 che a seguito di una richiesta della Confederazione del Lavoro, lo Stato promulgò una legge che stabiliva una Cassa Assi– curazioni di cui un terzo era ver– sato dai lavoratori, un terzo dai da– tori di lavoro, un terzo dallo stato. Fino a quel momento non · esisteva né la cassa disoccupazione, né quell::t malattia. Esistevano mutue ge– nerali, o a carattere religioso, il cui scopo era quello di ait1tare i soci che cadevano arn,nalati. Furono le org:mizzazioni sindacali a crearne alcune. Le quote erano di– stribuite in tre parti: una per la resistenza e cioè, oltre _che per la pro– paganda anche per creare un fondo da utilizzare in caso di sciopero, o per sussidiare un compagno che cadeva vittima dell"industriale per la sua at• tività nel sindacato o perché veniva colpito da una ingiustizia d~ parte pa– dronale e il Sindacato riconosceva giu– sta la resistenza che oppOneva; una per la disoccupazione involontaria; un;i per la previdenza e vecchiaia. Però per ta• lune leghe erano obbligatorie tutte le quote, per altre obbligatoria la quota per la resistenza, facoltative le altre. Per la lega metallurgica d_i Milano, er:u,o obbligatorie Iè quote per la resisten– za e quella per Ja disoccupazione. Le diverse vicissicudini a'!evano port:110 il movimento sindacale ad una stasi, anzi ad un arretramento. Erano orga– nizzati nella lega, specie fra i me– tallurgici, anche i sindacalisti a c~– rattere anarcoide. Essi accusavano i di– rigenti della Fiom di provocare la diminuzione dei soci perché teneva– no le quote alte. Dovevasi far paga– re solo la quota resistenza e non cu– rarsi delle altre quote. Allora non esisteva la Cassa Nazionale Disoccu– pazione. Di contro 'i socialisti, specie i · riformisti, sostenevano che i sinda– calisti inglesi e tedeschi erano forti perché pagavano alte quote e i loro iscritti non erano mai abbandonati a se stessi. Tuttavia bisognava non trasfor– mare il movimento operaio (sorto per la difesa e il miglioramento delle con– dizioni di lavoro) in un movimento che abbandonasse tali principi per cu– rare· solo la propria prosperità. La lotta per la diminuzione della quota era capitanata dal giovane F_i• lippo Corridoni, un ragazzo 0 marchigi.1- no portatosi a Milano a lavorare. L"esito della battaglia fu favore– vole ai sindacalisti di cui egli <:racapo. La quota fu dimezzata, la lega pas– sò nelle mani dei sindacalisti e la mas– sa dei metallurgici trascinata dalla fo. ga oratoria di Corridoni, affluiva nei sindacati. Ma bisognava dimostrare che la tattica dell"azione diretta, che del resto adoperata bene poteva dare dei risultati positivi, era migliore e più efficace di quella usata dai riformisti. E non bisognava dimenticare che a quel tempo, 1910-1911, il movimento sindacale in Italia era agli inizi e man• cava delle esperienze che all"estero era– no state fatte e superate. La lega dei metallurgici, in prima– vera, conforme alle direttive dei sin– dacalisti, proclamò lo sciopero degli addetti alla produzione dell"automo– bile. La B,ianchi, l'Isotta Fraschini, e qualche. altra officina, senza presen– tare memoriale scesero di sorpresa in sciopero e chiesero agli industriali migliorie. Gli industriali esigevano che prima fosse presentata la richiesta ed jn caso di mancato accordo si scio• perasse, e ne fecero una questione di principio esigendo la cessazione dello sciopero prima di iniziare le tratta– tive. La lega si ostinava a voler trattare durante !"astensione dal lavoro·; la lot– ta si trascinò per 3 settimane senza che si venisse a capo di qualche cosa e poi esplose in uno sciopero genera– le metallurgico cli solidarietà per la città d( Milano. di L. REPOSSI Intanto era avveouto un fatto di importanza nazionale: la scissione sin• dacale .. c;ome fu çetto i sindacalisti votarono lo sciopero prima ancora dr presentar~ le richieste agli industriali e qt1esti se ne valseco _per respingere ogni richiesta e pretendere la ripresa immediata del lavoro. La Camera ciel lavoro invitò i me– tallurgici a riprendere il lavoro, scon– fèssò .lo sciopero, e negò i locali ca– merali per tenere comizi. Ciò determi– nò una protesta eia parte dei sindaca– listi che abbandonarono la Camera ciel Lavoro e, seguiti anche da altri sindacati, crearono l"Unione sindacale Sezione di Milan-o; le leghe metallur– giche diretté o influenzate da sinda– calisti, crearono la Sezione Sindacai~ Nazionale. Lo scisma era in atto. Ma torniamo allo sciopero di Mi– lano. Esso continuava; Fulvio• Zocchi, Segretario della C1mera del Lavoro di Piacenza, venne in aiuto a Corrido– ni, troppo giovhne per dirigere una battaglia di tale importanza. Dopo ot– to giorni di .sciopero generale metal-. lurgico, tre di sciopero generale di Milano, non si trovava ·una· Via di uscita. lnterv.enne il Deputato di Milano Claudio Treves per vedere di risol– vere la situazione e gli industriali nuo– vamente invitarono gli operai a ri– prendere il lavoro. 1 sindacalisti c~e durante lo sciope– ro avevano fatto credere che gli in– dustriali vQlevano la resa s't,nza con– dizioni, sentita la risposta data al– l"On. Treves, che era quella data fin dal primo giorno, la presentarono agli scioperanti come una vittoria ottenuta, fecero ~ichiarare finito lo sciopero e ri– presero il lavoro, in realtà senza nul, la aver ottenuto. Ma la Came'ra del Lavoro agì bene non aderendo, anzi boicottando lo sciopero? Nello Statuto della lega metallurgici era detto: qua– lora le maestranze di una o più of- ficine, sia pure non organizzate, di– chiarino una astensione dal lavoro, gli organizzati, anche se lo sciopero è dichiarato contro il parere dell"orga– nizzaiione, devono astenersi <lai Ja. voro, non rompere cioè la solidarietà proletaria. Così doveva agire la Ca– mera del Lavoro. Finito lo sciope10 del ramo automobilistico, riprese ovun• que il lavoro, e avuto sfogo attraver– so lo sciopero generale il bisogno di far conoscere la proprie condizioni, la massa si iscrisse in gran numero nelle organizzazioni sindacaliste. La Direzione dell"Unione Sind:tcale pas– sò a Fulvio Zocchi. Questi creò an– ziché le diverse casse per ogni sinda– cato, la cassa unica accentrata; e fu un errore. La cooperativa per la costruzio– ne di una casa del popolo con i fondi accentrati presso l"unione sindacale, in un primo tempo ebbe successo. Ma durò poco e i fondi furono assorbiti dall"Unione Sindacale. Circa tre o quattro mesi dopo lo sciopero del ramo automobili, avvenne un inciden– te alle officine della Miani e Silvestri che produceva carri ferroviari e loco– motive. I lavoratori in massa abba~– donarono il lavoro e si recarono alla Unione Sindacale. Zocchi reputò giu– sto il movimento e per rafforzarlo fe– ce scioperare anche le altre officin~ del ramo materiale mobile ferrovia– rio: la Breda, l"Elettroferroviaria, la Bromboveri ecc., un complesso di cir– ca 20.000 operai. I comizi avvenivano tutti i giorni al parco Ravizza, nelle adiacenze dell"Unione Sindacale. La Camera del Lavoro che aveva sconfes– sato lo sciopero del ramo automibilr, su parere dell"allora Direttore dell"A– vanti, Mussolini, aderì allo sciopero e consigliò i suoi aderenti a scioperare. Fu un errore; si doveva non opporsi al– lo sciopero del ramo automobilistico ma una volta documentato l'insucces– so bisognava opporsi a che l"errore si ripetesse. Non opporsi prese il signi– ficato di una sconfitta per la Came– ra del Lavoro, di una perdita di pre– stigio, e di ciò si vantò l"Unione Sindacale. La lotta si trascinò per un mese; in appoggio a Zocchi e Cor– ridoni; vennero a Milano Angelo Fag– gi di Piacenza, De Ambris di Parma, Malatesta di Roma, e altri. La lotta sfociò in uno sciopero generale di categoria per solidarietà. Fu uno scio– pero di tumulti, di arresti; la massa metallurgica. oppose accanita resisten– za. Ad esso seguì la fermata per so– lidarietà dei lavoratori di Milano che durò più di otto giorni. Nello stes– so tempo in Piemonte, in una azienda di materiale mobile ferroviario, la Diatto, la Fiom, guidala da Buozzi, otteneva di fare un concordato cÌ1e localmente migliorava le condizioni dei lavoratori, le quali, singolarmente superiori alle paghe di talune cate– gorie di Milano (la manovalanza), ne erano globalmente inferiori, perché a •Milano molti erano gli operai addetti alle locomotive e quindi specializzati, mentre la Diatto costruiva solo carri ferroviari e quindi risultava che vi lavoravano solo manovali. (continua)

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