Nuova Repubblica - anno III - n. 2 - 25 gennaio 1955

8 PLAlJSI e botte 'i" Ci dispiace prendercela così spes– so con la Bietola altrimenti detta La naz.ionc italiana, quotidiano indi– pendente dipendente dagli zuccherifi– ci italiani. Non per la ~ictola, s'in– tende, ce ne dispiace, ma P'-T quanti ci leggono, che non meriterebbero ar– gomento così rifritto. Ma che volete, amici!, la Bietola ci è s,mpre tra i piedi e fa l'inimmaginabile, credeteci, per meritarsi la nostra ironia o il no– stro insulto. Come nel numero del 19 gennaio scorso. Una cosa da nien– te, sapete, una cosa che sta lì come per caso; ma vale la pena conoscerla. Non si tratta, no, di una notizia fasulla o di un'interpretazione capzio– sa o della solita bufnlesca arrembata anticomunista. I ,1ostri bietolini sono ormai dei raffinati e sanno quindi fa– re de/l'anticomunismo molto più ele– gantenunte: magari con 'un semplice giochetto d'impaginazione, come que– sta volta. Il professor Va/doni è par– tito per Mosca? Anche la Bietola pur– troppo deve nn11unziarlo. Diciamo, p11rtroppo, /,erché per i bieto/ini e affini chiunq11e parta per oltrecortina è già del demonio: perduto, dannato (mascalzone o mentecatto, è una qua– lifica su cui si deciderà dopo). La Bietola, dunque, annunzia il 18 gen– naio ,corso che il prof. Va/doni parte per Mosca; ma pur avendo insinuato il sospetto che l'il/tlstre chirurgo si rechi nella tana d•l lupo non per par– tecipare a una conferenza medica, ma per cur.are un alto funzionario sovie– tico, In Bietola non può ritenersi sod– disfatta. Il giorno dopo infatti, ecco qualcosa di anticomunisticamente più fine e, com11nque più degno dell'in– telligenza e della perizia professionale dei bietolini: nella terza pagina, in testa a 1111acolonna, il titolo: e Il professor Valdoni a Vienna sale su un'auto russa>; e, in lesta alla colon– na immediatamente accanto, spalla a spalla con il titolo surriferito, que– st'altro titolo (o meglio titolone, per– ché scritto con caratteri grossi così!): « 1: tecnica sovietica il rapimento di 11omini >. Chi vada poi a leggere i due articoli viene molto modestamen– te a sapere che il professor Va/doni è salito su un'auto per recarsi a pren• dere un aereo a/l'aeroporto militare sit-uato nei pressi di Vienna; e che, circa i rapimenti sovietici di uomini, è a11cora insoluto il mistero della scomparsa del generale Kutepof av– venuta (ma che notizia fresca per– bacco!) venticinque anni fa nel cen– tro di Parigi. Ma q11anti sono quelli • che si pigliano la briga di leggere i due articoli della Bietola? E che non scorrono invece frettolosamente i ti• toli e, altrettanto frettolosamente li mettono subito i11 relazione fra loro, portandosi nel subcosciente l'impres– sione di un povero professor Va/doni rapito su un'auto russa secondo la tecnica sovietica del rapimento di uomini? t-o 1: cli ieri la notizia di un gesto go– vernativo che ci fa assai ben sperare: il ritiro del passaporto a Francesco Flora. Flora, s'i11te11de, ha protestato, con un'inviperita < lettera aperta> al ministro, pubblicata sul Mondo. Ma sempre cosi avviene con questi <interdetti>. Si cerca di far loro del bene, ed essi protestano, si dibat– tono, e, come Flora, pretendono ad– dirittura le scuse del « signor mini– stro >. Le scuse? Ma che scherzia– mo? A parte l'amore congenito e ri– saputo d(ll'on. Scelba per il cultura– me, questi ha il sacrosanto dovere - rome capo del governo e ministro dell'interno - di proteggere il pa– trimonio culturale della nazione. Un plauso a lui dunque, al tutore nostro caro, per aver messo quell'incosciente di Flora, miracolosamente sfuggito al– le fauci di M ao-Tse-Tung, nelle con– dizioni di non ripeter• la pericolosa esperienza. I miracoli, come si sa, non si ripetono. Ed è proprio per q11esto che noi auspichiamo viva– mente un provvedimento consimile nei riguardi del prof. Va/doni, se q11èsti, contro le serie apprensioni del– la Bietola, dovesse miracolosamente sfuggire alla < tecnica sovietica del rapimento di uomini>. OGNUNO B1bl1oteca G no Q UALCHE anno addietro, in Fran– cia e in Italia, varii studiosi si preoccuparono di cercare di stabilire cosa debba essere la e sto– ria diplomatica >. Tra essi, il Dollot scrisse: e L'histoire diplomatique est l'histoire des rclations entre Etats. Dc leur évolution intfricure, elle ne reticnt que les faits susceptiblcs d'oricntcr la politique étrangère de chacun d'eux :.. E più oltre: < S'in– scrant dans l'histoire générale des pcuplcs, l'histoire diplomatique ne pcut rcstcr à l'écart dcs grands courants d'idécs et des trasforma– tions économiques qui modifient ses donnécs >. La singolare contraddizione riscon– trabile nelle parole del Dollot è indi– cativa delle due opinioni che tengo– no il campo: l'una, che fa oggetto della propria indagine soltanto la storia degli accordi e dei rapporti intervenuti fra due o più Stati; l'altra, che non ammette si possa mai pre– scindere dal considerare l'in'.lucrzi che la lotta delle idee e delle for– ze economiche e sociali esercita sul– l'indirizzo generale politico di qu<:– gli Stati, nel periodo di tempo du– rante il quale si esaminano i loro rapporti. Consideriamo, ad esempio, una notevole opera di storia diplo– matica edita in questa stessa bella collana di Einaudi: quella di Mario Toscano su e La guerra diplomatica in Estremo Oriente (1914-1931)>; orbene: parve a suo tempo a taluno che 1i dovesse rimproverare all'au– tore di averla concepita nei limiti di una storia meramente prammati– ca della diplomazia, in quanto ciò determinò la mancanza, in essa, di una interpretazione unitaria, di un filo continuo conduttore. Cosl che apparirono talora come bruschi ca– povolgimenti di direttive e di azione di un singolo paese, episodi (od at– teggiamenti) che tali non sarebbero apparsi se considerati parallelamen– te all'evolversi della politica ,inter– na (e dcli~ politica generale) di quel paese stesso. In altri termini, è pro– prio questa considerazione la sola che può permetterci di comprendere i motivi più veri e duraturi che una determinata azione diplomatica han– no prodotto, e di afferrarne quin– di la portata e le forme possibili dei successivi sviluppi. Prendiamo ora in esame due giu– dizi dati su questo volume del Ros– sclli. Il primo è di Paolo Scrini, se– condo il quale e il fatto che l'ana– lisi ricostruttiva si svolga nell'am_– bito e nei modi di una storia pram– matica della diplomazia ... vale a con– ferirgli un sereno equilibrio... e ha consentito al R. di giudicare senza prevenzioni ideologiche anche l'ope– ra di uomini pur lontanissimi llal suo sentire e dai suoi ideali: come Carlo Felice o il Conte Solaro del– la Margarita >. Il secondo giudizio è del Salvatorelli, il quale esamina la convenzione militare con l'Au– stria conclusa da Carlo Alberto il 23 luglio 1831, e scrive: e Il R. non pronuncia un giudizio formale e chiaro in proposito: sembra con– siderare l'atto come una misura di convcnien.za occasionale, e quasi in– cidentalmente ci parla di " formidabi– le carta " acquisita cosl da Carlo Al– berto. Non è questo l'unico punto in cui, trascinato dal suo prammatismo diplomatico, egli indulge a una giu– stificazione o addirittura ad° una esaltazione della politièa , piemonte– se, che da un punto di vista più largamente storico non sembra ac– cettabile >, Non v'ha alcun dubbio che que– sto secondo giudizio sia ben più con– forme alla realtà, in quanto nessun preciso esame di un'azione diploma- 1 .neo NUOVA REPUBBLIC~ LIBRI E PROBLEMI I RAPPORTI ANGLO-S tica si può compiere senza tener conto in ogni momento della corri– spondenza di essa ai rapporti di for– ze intercorrenti fra gli Stati che la pongono in 'opera, senza control– larne la corrispondenza con la po– litica interna, economica, sociale e militare di quegli stessi Stati, senza infine accertarne anche la popolarità presso l'opinione pubblica. Lo stesso R. rimprovera giustamente ai diplo– matici inglesi accreditati a Torino di non aver mai voluto o saputo consi– derare, al di là della politica ufficiale delle corti e dei governi, quel che maturava nell'opinione e intenderne il significato e l'importanza; di qui errori di valutazione- e incapacità di reagire tempestivamente cd ac– cortamente a fatti non prevedu– ti. Sembra tanto più strano, quin– di, che egli stesso venga poi a ca– dere, per gli identici motivi, in er– rori di apprezzamento quali quelli imputatigli dal Salvatorelli. D'altra parte non mancano, in questo vo– lume, molte notazioni interessanti ed acute (sulla distinzione tra diplo– mazia inglese e francese, sulla natura della diplomazia sabauda, sull'opera di Castlercagh e di Palmerston, e sullo stesso e assurdo e insostenibi– le divario > esistente fra le concezio– ni sarde della politica interna cd estera nel 1819) che esorbitano no– tevolmente dai limiti di una sto– ria prammatica dei rapporti diplo– matici. Ragion per cui viene fatto di pensare che la natura vera del R. - quella che si manifesta nello studio dei Mazzini, dei Bakùnin e dei Pisacane - sia quest'ultima, desiderosa di non lasciarsi sfuggire alcun particolare del manifestarsi e dell'evolversi di ogni processo sto– rico, mentre l'impostazione generale dell'opera è quella voluta dal Volpe, che gliene affidò l'esecuzione nella sua qualità di direttore della Scuolt. di Storia m~crna e contempora– nea. Solo cosl si spiegano certi con– trasti nello e stile > del volume, sen– za i quali esso per certo avrebbe raggiunto limiti insuperabili di C'lm– pletezza, chiarezza e profondità. • • • rr RA il 1815 e il 1846 la politica inglese in Italia ebbe come sco– po il mantenimento, nella penisola, dell'assetto sancito dal Congresso di Vienn~. Essa contò, per tale mante– nimento, soprattutto sull'Austria, tanto che in certi momenti poté ad– dirillura apparire succube di quella potenza od almeno disinteressata dei fatti italiani (come in occasione del– la crisi del 1820-21, quando la poca accortezza dei diplomatici inglesi a Torino, e dello stesso Foreign Of– fice, fecero fare a quest'ultimo la figura di uno spettatore disallento di quanto accadeva). In realtà, però, il governo di Londra non intendeva ammettere che l'Austria potesse ec– cessivamente accrescere il proprio prestigio e la propria influenza in Italia - e quindi in Europa - e pertanto, pur assecondandone spesso la politica, fu tuttavia, in genere, pronto ad intervenire, in varie forme e misure, quando sembrò che un pericolo del genere si profilasse: non mancò in tali occasioni o di rinfo– colare contro l'Impero Absburgico le tradizionali diffidenze e avversioni dei governi italiani, o di appoggiarsi addirittura ad altre potenze per pa– rare le mire aggressive di quello (co– me quando, nel 1832, non ostacolò la spedizione francese di Ancona). Nel complesso, la politica inglese in quegli anni fu una poli'tica di vigi– lante attesa, Durante questo t~mpo l'I nghilter– ra non mancò neppure, in varii mo– menti, di manifestare il suo favore a che si progettasse, in Italia, qualche riforma civile ed amministrativa e qualche inizio di liberalizzazione dei regimi; fu però solo nel 1846-4 7 che essa assunse una precisa e de– cisa iniziativa in questo senso. Si era delineata allora l'intesa fra il Metternich e il Guizot, e perciò tan– to più ·occorreva garantire l'affran– camento dei governi italiani dalla tutela dcli' Austria; ora, il Foreign Office si rendeva conto che ciò im– poneva un loro previo consolida– mento interno, realizzabile solo mc- lWELLO BOSSELLI INGHILTERRA E EGNO DI SARDEGNA DAL 1815AL1847 EllW.iUJIH, :IDS.f diantc una ragionevole graduale sod– disfazione da concedersi ai voti del– le rispettive popolazioni, gcneralmep– te auspicanti un ammodernamento cd una liberalizzazione delle istitu– zioni politiche vigenti. L'Inghilter– ra non intendeva eliminare l'influen– za austriaca dall'Italia, e perciò ope– rò nell'unico modo che poteva va– lere a scongiurare la guerra. Essa sola, ancora una volta, dimostrò di avere avvertito la realtà in atto cd il maturare di nuove forze; mentre furono gli stessi austriaci - ed i reazionari italiani - che si scava– rono la fossa con le proprie mani, per avere sperato di potersi mante– nere ancora fedeli a schemi di vita civile superati. l'incomparabile pos121onc gcografico– stratcgica ..., speravano di affiancar– sela in caso di conflitto >. In c·f– fetti, se unb. costante si può rinvr– nirc nella politica sabauda è solo l'ir– razionale avversione per ogni go– verno rinnovatore e l'assurdo attac– camento ai principi legittimistici ai quali ncppul'- più mostravano di cre– dere gli stessi che ne furono i ban– ditori. Sonq esempi di questa po– litica i dissensi colla Francia nel 1833, derivanti unicamente dalla personale antipatia cli Carlo Alberto per Luigi Filippo (e dalla paura che idee moderne potessero dalla Fran– cia penetrare in Piemonte) e gli aiu– ti forniti a Don Miguel e a Don Carlos anche quando parve chiaris– siff10 che il Piemonte era solo a proseguire ulteriormente una politica che addirittura gli inimicava l'al– leata e la protettrice di sempre: l'In– ghilterra. Tutta la politica sarda nei riguardi dei fatti della penisola iberica è di un'avventatezza unica. ben documentata in questo volume; accecati dalla paura della e rivolu– zione> e dal fanatismo cattolico– lcgittimistico, il governo cd il re mo– strarono di non volere intendere al– cun avvertimento, di non essere ca– paci neppure, alla fine, di tutelace i loro propri interessi, quelli del lo– ro Stato e delle idre che difende- Quanto al Regno di Sardegna, come si comportò? Al riguardo, la tesi del R. è ben precisa : la po– litica sabauda e va considerata, più che come lo svolgimento organico di un programma prestabilito, come la J componente di un complesso di for-1 zc divergenti che premevano su di essa dall'esterno, tanto che si può dire che il progressivo ingrandimen– to del regno sabaudo, nel secolo XIX come nel precedente, fu, ·per un certo aspetto, una creazione dell'Eu– ropa >. Aggiuit'geremo che, per il R. cd altri, ciò non esclude l'inizia– tiva diplomatica piemontese, cd è vero; solo che quest'iniziativa si ri– vela in genere come la peggiore pos– sibile, talché proprio soltanto il giuo– co degl'intcressi esterni è quello che vale a conservare al regno, in Italia, una posizione indipendente e di pri– mo piano. Facciamo un esempio: nel 1839-40 in Europa si profilò una crisi generale, in conseguenza del– l'avanzata di Mohammcd AH dalla Siria sull'Asia Minore; in quell'oc– casione, la politica sabauda fu la più incerta ed incostante che si po– tesse desiderare; ebbene: e per l'en– nesima volta nella sua storia la Sar– degna, in grazia di quelle oscilla– zioni della sua politica estera, conob– be un momento di straordinaria po– polarità • presso le grandi cancelle– rie europee, le quali, apprezzandone vano. Ancora nel 1847 le incertezze di Carlo Alberto ad imboccare la via indicatagli dall'Inghilterra sono mol– te e vengono vinte, in parte, a poco a poco e con grande riluttanza; di conseguenza non vi è pericolo di sba– gliare a dire che gli avvenimenti del 1848 hanno imposto la guerra - e con essa il nobile sacrificio del– l'abdicazione - ad un uomo non privo di certi meriti, tna imprc .. parato - lui cd il suo Stato - ad assumere il compito nazionale che quella guerra veniva a rappresen– tare. Ha quindi ragione il Salvato– rclli: se ciò nonostante lo Stato sa– baudo poté assumere quel compito, e riprenderlo, ~ infine assolverlo, ciò si dovette al fatto che accanto e al di sopra dei politici di mestiere ci furo110 gli uomini di pensiero e di azione: Mazzini e i Gioberti, i Ca– ,,our e i Garibaldi >- FRANtO R.\\'l NUOVA REPUBBLIC 1f 111111•1 Cl lii ,a I',• 1'01',ITlfJO Eue ilIOeil25 ii tpi -i■ tilt o pit ,-,ile Comlfal• Dt,HIIHt ,. UUfll - T. [OOIGKOU - ,. ,momu s,,,.,,.,i. ,1, rff•dont: 6. fAUTI Rtd••'-n•• F"-, Pluu delle Llbwtà, U (50998) Am•"-lllr•.al•n•: F!nme,Pluulodlpaade,...,19 (483!07-08) Abb. annuo (Italia e Francia): L. 850, semestrale L. 450, trimutrale L. 250 (Estero, rispettivamente, 1100, 600, 300). Abb. sostenitore: L. 5000. Sottoscrizione mensile: L. 200. Un numero ordinario: L. " (Estero, 45) Un numero arretrato: L. 40 (Estero, 55) Un'annata arretrata: L. 1000 (Ettcro, 1200) e/e peetale S/0'1 (L• N•- It•II•) l'– Aw1trln, itl Trl,, il FlrtnH "• 171 itl 90-11-1862 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Firenze, Viale dei Mille, 90 Responsabile: TriJlanoCodi1nola

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