Nuova Repubblica - anno II - n. 8 - 20 aprile 1954

V N EL delineare il programma per il secondo stadio del socialismo, si devono prendere le mosse da que– sta trasformazione del clima sociale. L'obiettivo vero del movimento laburi– sta è sempre stato non la presa violenta del potere ad opera della classe la– voratrice, ma la conversione del Pae– se al paradigma socialista dei diritti e dei valori; non la distruzione ra– dicale di un sistema economico e la sua sostituzione con un altro, ma l'ac– cettazione. volontaria della necessità del 1ocialismo, per immettere nella vita sociale i valori che ogni cittadino ri– conosce nei rapporti personali. Scettico di fronte alla dottrina marxista di un inevitabile conflitto, il partito laburi– sta ha tenacemente sostenuto che si può persuadere il popolo britannico, per un atto di coscienza collettiva, a sottomettere il potere economico alla ,utorità pubblica, e a trasformare i conflitti inttmi in un civile progresso sociale. Questa fede celebrò il suo trionfo nei primi mesi del dopoguerra. Al– lora il popolo britannico era pr~nto ad accettare una pacifica rivoluzione so– cialista, e se quello che ottenne fu un puro « capita1ismo as5istenziale », la colpa non è del pubblico ma degli uomini politici. Cerchiamo di stabilire esattamente dove il « capitalismo assistenziale » ri– mane al di qua del socialismo. In regime di « capitalismo assistenziale », 1) nonostante una più equa distribu– zione del reddito nazionale, rimane impregiudicata la concentrazione del capitale, e perciò del privilegio eco– nomico; 2) profitti, salari e stipendi continuano ad essere determinati non da esigenze d'interesse nazionale o di giustizia sociale, ma dai metodi tradi• zionali del laiuez-faire. In condizioni di pieno impiego, ne risulta necessa– riamente una continua pressione infla. zionistica che mina il valore dell'as• sistenza sociale e dei piccoli risparmi mentre riduce la capacità di concor– renza dei nostri prodotti sui mercati esteri, e perciò mette in forse la pos– sibilità di mantenere il nostro livello di vita. 3) Sebbene alcune industrie di base siano trasformate in aziende pubbliche e l'industria privata sia sog– getta a un certo controllo, il potere effettivo resta nelle mani di una ri• stretta élite cli funzionari civili e di tecnici. Non è possibile avanzare verso il socialismo, se non si affronta aper• 1amente ognuno di questi problemi. Si può impedire una malsana concen• trazione del capitale senza una molto • maggior espansione della proprietà pub– blica o, còme soluzione alternativa, senza una taglia sul capitale? Si può, in condizioni di pieno impiego, argi– nare l'inflazione, senza una politica nazionale dei profitti e dei salari? E, in ca.so negati,•o, come tradurre in atto questa politica senza che le /rade unioni accettino qualche limitazione alle liber– t:\ - da loro così gelosamente custo– dita - di stipulare contratti colletti– vi? A entrambi questi problemi, du– rante i sci anni di governo laburista, si ~ evitato di dar risposta. Non lo si può più evitare, se si vuole che il partito laburista affronta l'avvenire con w1 programm.1. arditamente inno– vatore come quello del 194). Ma questi due problemi sono messi in ombra dall'incombente minaccia del– la società burocratica. L'economia pia• nificata e la centralizzazione del po– tere non sono più obiettivi socialisti. Esse vanno imponendosi in tutto il mondo per effetto della rivoluzione politica, e il processo è accellerato dal– la prevalenza dell'economfa di guerra. o NUOVA REPUBBLICA PAGINE DICULTURA CONTEMPORANEA VERSO UNA FILOSOFIA del Socialismo li compito fondamentale del sociali– smo è, oggi, quello <li prevenire la concentrazione del potere nelle mani Jia del f unzionarismo industriale 1ia della burocrazia statale; insomma, di distribuire le reoponsabilità e così am– pliare il raggio della libertà di scelta. Questo compilo non è stato neppu– re iniziato dal governo laburista. An– zi, nelle industrie nazionalizzate, l'an– tico apparato f unzionaristico è rimasto quasi intatto, e le nomine agli il.ffici nazionali, regionali e co_nsultivi sem– brano aver obbedito al proposito espres– so di assicurare che nessun mutamento era previsto. Analogo fu l'atteggia– mento del governo di fronte alla pia– nificazione centrale. Fino al 1947, nulla di serio è stato fatto per organizzare anche solo un meccanismo centrale di determinazione delle risorse e del fab– bisogno di ricchezza e di lavoro, e di assegnazione di tali risorse ai diversi scopi. Non prima della crisi della con– vertibilità si affidò a Stafford Cripps il compito di affrontare direttamente il problema, d'illustrarne al popolo la natura, e di sviluppare gli istituti necessaCl alla sua soluzione. Ma an• che allora il governo sembra aver considerato la sua pianificazione del- 1' << austerità » più come una misura di emergenza, che come il primo passo verso la subordinazione dell'economia ad un controllo democratico. Come non si preoccupò di socializzare l'ap• parato direttivo delle industrie nazio– nalizzate, così lasciò nelle mani di un Servizio Civile non riformato il controllo centrale della pianificazione. Né è stato fatto akuno sforzo per incora88iare la partecipazione popo· lare al nuovo « Stato assistenziale». li movimento laburista si è svilup– pato come una democrazia operaia in azione. Prima del 1945, per cen– tinaia di migliaia di tradunionisti at– tivi e di operai militanti nel Parti– to, il socialismo era un modo di vita ed una vocazione. Per contrasta– re la minaccia del f unzionarismo, era essenziale che quest'energia volonta– ria fosse impegnata direttamente al– l'opera di trasformazione sociale, man· tenendo così al partito al governo il dinamismo dell'epposizione. Nel nuo– vo clima sociale, innumerevoli erano i compiti che i tradunionisti sarebbe· ro stati pronti, sia nazionalmente che localmente, ad assolvere. Invece si lasciò diffondere la sensazione che l'opera di contrattazione collettiva svol• ta in regime di capitalismo liberale e il tran-tran del lavoro di org;niz– zazione del partito, fossero tutto ciò che si chiedeva loro. Ai socialisti mu– nicipali - con talune delle loro mi– gliori imprese rilevate da aziende pub– bliche - non si prospettò nessuna vi– sione generale di responsabilità socia• liste. Non si chiese al movimento coo– perativo di contribuire a risolvere i problemi della distribuzione. Al contra– rio, si diede l"impressione che il so• cialismo fosse una !accend:i riservata al governo, operante attraverso l' esi– stente Servizio Civile. Il resto della nazione doveva tirare avanti come pri– ma, mentre, dall'alto, gli utili erano concessi ad alcuni e tolti ad altri. Così, il primo stadio del socialismo fu rea– lizzato essenzialmente da funzionari an– tisocialisti e membri neutri del Ser– vi2io Civile. Noi siamo una nazione profonda– mente imbevuta di senso della gerat– chia sociale, e inibita da una ttadi– zione oligarchica che fa della respon– sabilità il privilegio della minoran– za colta e dell'irresponsabilità la li– bertà negativa delle masse semi-istruite. Oggi, il sistema educativo, i partiti e l'apparato funzionaristico delle trade– unions, invece di agire da solvente so– ciale accentuano la segregazione del– l'élitt. I dirigenti - e ciò vale per il movimento laburista non meno che per gli altti - hanno una profonda sfidu– cia nella democrazia attiva. E tuttavia, che la prossima tappa del nostro viaggio sia verso il socialismo o verso una forma velata di totalitari– smo dipende in gran parte dal grado nel quale lo stato e l'industria saran– no diretti da élites chiuse, dei cui ordi– ni il resto del popolo sia passivo ese– cutore. Ciò vale per l'industria pubbli- di R.H.S.CROSSM!N ca come per la privata, per le gerar• chie sindacai i e di partito come per i cartelli industriali. In un mondo or– ganiz:zato in unità sempre più vaste e inumane, il compito del socialismo t d'impedire che la responsabilità buro– cratica degeneri in privilegio. E questo è possibile solo allargando, anche a prezzo dell' • efficienza », il diritto dei cittadini di partecipare al controllo non solo del governo e dell'industria, ma del partito per il quale votano e dei sindacati di cui hanno in tasca la tes– sera. Dopo tutto, lo scopo supremo del socialismo non è la ricerca della felici– tà ma il potenziamento della libertà. Conclusioni : rapporti internazionali Volgendoci dagli affari interni alla politica mondiale, dobbiamo finalmen– te respingere l'idea che il socialismo inglese possa essere un « sistema econo• micamente chiµso » 1 • Questa specie di isolazionismo è, almeno teoricamente, possibile agli Stati Uniti e all'Unione Sovietica: per l'Inghilterra è un assur– do. Il nostro livello di vita e la no– stra sopravvivenza come nazione di. penderanno sempre dal!' intreccio di forze mondiali di cui non siamo pa– droni. Non possiamo né estraniarci dal– la guerra fredda né, fin quando dura, ta– gliarci fuori dall'alleanza atlantica, al– la quale siamo legati non da ideo– logie ma da realtà geografiche, strate– giche ed economiche. li grado della no– stra indipendenza politica dipenderà dunque sempre dalla nostra abilità d'in– fluenzare. gli alleati, allo stesso modo che il grado della nostra indipendenza economica deriverà dalla nostra capaci– tà di adattare la nostra produzione al mutare della domanda mondiale. Per quanto sgradevole possa suonare a una nazione che già fu il soggetto della po– litica mondiale, noi ne siamo ora uno degli oggetti; e la nostra sopravviven– za è legata non a un'alfermuione im– periale, ma al nostro potere di adattar- ci a un ambiente in processo di rapida trasformazione. Questo adattamento esige che e.i ve– diamo non come vorremmo essere, ma come altri ci vedono. Se pretendiamo d'essere alleati su un piede di parità con gli Stati Uniti, assumiamo impe– gni che vanno oltre le nostre forze e così precipitiamo in uno stato di dipen– denza ancor maggiore. Se, illudendoci che il Commonwealth rappresenti un blocco autonomo, ci isoliamo dall'Eu– ropa, compromettiamo quella funzione di guida dell'Europa che potrebbe es– sere nostra. Se ci aggrappiamo troppo avidamente ai profitti dell'imperialismo economico, perdiamo il commercio che, su un piano di uguaglianza, potremmo conservare. Per mantenere la realtà dell'indipendenza dobbiamo respingere alcune delle sue finzioni: per essere grandi al nostro nuovo livello, dobbia– mo rinunciare alle manifestazioni este• riori della grandezza. Possiamo eser– citare un'i11f/11e11za decisiva sulla poli– tica mondiale solo se riconosciamo di aver cessato di esistere come potenza mondiale autosufficiente. Uno degli errori di Bevin fu di non aver mai misurato la nostra forza in rapporto ai nostri impegni, e di non aver perciò capito che dobbiamo ta– gliare i nostri rapporti esterni sul pan– no di cui disponiamo. Nell'Estremo Oriente, si piegò alle realtà nuove; nel Medio Oriente vi oppose una resistenza caparbia; mentre, nelle relazioni con gli Stati Uniti e l'Europa, cercò di mantenere uno status di grande potenza superiore alle nostre capacità reali. Jn. fine, dopo aver coraggiosamente rinun– ciato all'aiuto americano nella prima– vera del 1950, abbiamo accettato dodi– ci mesi dopo il peso di un riarmo so– stenibile solo col sacrificio dello « Sta– to assistenziale » o con l'accettazione dell'aiuto americano sulle basi fissate dall'America. Il carattere contradditto– rio di questa politica si può spiegare solo ammettendo che il gabinetto non si sia mai preoccupato di stendere un bilancio radicalmente nuovo della po– sizione inglese nel mondo postbellico. Questa revisione va fatta prima che iI laburismo sia pronto per un secondo turno di attività governativa. La rivoluzione che il mondo sta at– traversando ha già chiuso il periodo del predominio europeo, e sostituito all'equilibrio europeo delle potenze un sistema politico a due mondi, con le sue capitali a Washington e Mosca. Contemporaneamente, l'autoemancipa– zione dei popoli coloniali sta minando il tradizionale rapporto fra le demo– crazie bianche altamente industrializ– zate e i produttori delle materie pri– me fondamentali. Inoltre, Io schiaccian– te predominio della potenza economi– ca americana, ora aggravato dal rial' mo, ha distrutto l'equilibrio economico già esistente in seno al mondo non comunista. In tali condizioni, è illu– sorio credere che il livello di vita e la sicurezza di cui il popolo britannico ha goduto dopo il 1945 sia una rea– lizzazione ,tabi/e del socialismo. Sa– rebbe follia, in un'epoca non di pro– gresso costante verso un << capitalismo assistenziale » mondiale ma di rivo– luzione mondiale, credere che il com– pito del socialista sia di contribuire ~I jraduale miglioramento delle condi– zioni materiali del jenere umano t al 7 graduale allargamento dell'area della libertà umana. Le forze della storia ur– gono tutte verso il totalitarismo: nel blocco russo, per la deliberata politica del Cremlino; nel mondo libero, per gli sviluppi della società burocratica per le ripercussioni del riarmo total; e pet il soffocamento delle aspirazio– ni coloniali. Compito del socialismo non è né di accelerare questa rivolu– zione politica, né di contrastarla (il che sarebbe altrettanto vano quanto, cento anni fa, l'opporsi alla rivoluzione in– dustriale), ma di incivilirla. Per far questo, dobbiamo riconosce– re chiaramente che la vi11oria di una delle due parti si risolverebbe per il socialismo in una sconfitta. Noi sia– mo membri dell'alleanza atlantica; ma ciò non significa che siamo nemici di ogni rivoluzione comunista. Ci oppo– ~iamo all· espansione russa, ma anche a una vittoria americana. La nostra mis– sione sta nel mantener fredda la guer– ra fredda e, in p:irticolare, nel limitare il riarmo al livello che le due parti possano sostenere per un certo periodo di anni. Se si potrà raggiungere questo scopo, non v'è ragione che il conflitto fra i due grandi blocchi non si esau– risca gradualmente nel prossimo ven– tennio. li successo al quale aspiriamo è un equilibrio mondiale delle po– tenze - equilibrio nel quale l'influen– za moderatrice di una Cina comunista sulla Russia può essere altrettanto ,,i. tale quanto quella di un'Inghilterra socialista sugli Stati Uniti. Se il neu– tralismo è un vicolo cieco, il distacco ideologico è un requisito essenziale per coloro che, da ambo le parti della Cor– tina di ferro, cercano di rafforzare la coscienza sociale nella sua lotta con– tro il totalitarismo. Infine, dobbiamo comprendere che la guerra fredda reca' in sé possibilità sia di bene che di male. Sotto la sua pres– sione, tanto i comunisti quanto gli an– ticomunisti vanno superando forme an• tiquate di sovranità nazionale, sviJup– pando nuovi istituti di pianificazione economica internazionale e accellerando il ritmo del progresso sociale e tecno– logico. Appena da ambo le parti il riarmo riceve precedenza assoluta, il valore di queste trasformazioni è os u– rato dal maggior rischio di guerra e dalla deformazione della vita econo– mica. Ma, pur prospettandoci franca– mente questo pericolo, non dobbiamo trascurare il fatto che la pressione ope– rante della guerra fredda (ove la si contenga entro certi limiti) può creare condizioni materiali all'allargamento della libertà. Il compito di una poli– tica estera socialista è di agire come freno moderatore alla politica delle po– tenze atlantiche. Dobbiamo prima ac– cettare la guerra fredda come il fatto centrale della politica del secolo ven– tesimo (esattamente come la guerra di classe è stata il fatto centrale della politica del secolo decimonono), poi smentire i profeti secondo i quali essa dovrebbe necessariamente sboccare in una terza guerra mondiale. (Fine) l C!r. Th• Socialist Cau Ji Doug1a.s Jay (riveduto e ripubblicato nel 1946). Nella sua introduzione, Jay scrive: • Per maggior chiarcua, l'esistenza dello scambio interna– zion ale è ignorata 1 salvo là do,•e, per qual– c.he motivo, ha un peso rilevante nella di– scuu ione. In linea generale, è più sem– plice e chiaro svolgere l'indagine socialista in han all'ipotesi di un sistem:i economi– ca.mente chiuso, come il mondo nel suo in– iìieme ». Jn Pagi11edi c11/111ra co11te111po– ,.a11ea abbiamo pubblicato finora : DEWEY, 1j.co11omia totalilaria e de– moc,·az,a. BEVAN, LA riforma .uwitaria in /11- ghi/te,·ra. STRACHEY, Riesame del 11U1rxismo. MERLINO, LAdelinq11e11za co11it11zio- 11aledelle ,ocietà moderne. CROSSMAN, Verro 1111a filorofia del rocialiuno.

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