Nuova Repubblica - anno II - n. 8 - 20 aprile 1954

8 Pl_jAUSI e botte ~Val la pena di riprendere una « bollare/la > di qualche settimana fa, relativa (ricordate?) alle speculazioni edilizie dei clericali catanesi col pre– testo del rùanamento del quartiere di S. Berillo. È infatti apparso un am– pio opuscolo di propaganda, proprio a cura dell'Istituto Immobiliare .... fi- • /iale di Catania, nel quale si sottoli– nea, con una disinuo/tura degna di miglior causa, l'aspetto affaristico del– l'impresa. Vi si dice infatti, nell'ulti– mo capitolo: « In ultimo si osserva che anche con la proposta legge ... non viene meno per i proprietari espropriati la possibilitd di tutelare i propri interessi economici .... TaU equa tutela sarebbe invece pregiudi– cata, e il risanamento del rione di S. Berillo diverrebbe di conseguenza inattuabile, se, ai criteri attualmente seguiti dal disegno di legge per la de– terminazione delle indennitd di espro– priazione, si sostituùse quello del sem– plice valore venale rimesso atla stima dei periti. In tal caso, infatti, l'opera presenterebbe caratteri di aleatorietà tali da sconsigliarne l'esecuzione da parte di chicchessia>. Constatato co– me anche gli affarùti più furbi nella foga reclamistica finùcano spesso con lo scoprire le batterie, prendiamo atto della confessione del sullodato Istitu– to secondo cui la realizzazione del. progetto può attuarsi solo a condi– zione che non si tenga conto, nelfe– spropriazione, del valor, venale dei beni. Poichi nella nostra tJOn mai abbastanza deprecata ingenuità, pen– savamo che l'« equa tutela> promes– sa postulasse proprio la dete~minazio– ne dell'indennitd ,l'espropriazione in base al valore venale, rispettosamente, umilmente preghiamo il detto Istituto di voler illuminare le nostre ottene– bratissime menti, spiegandoci in che cosa consista precisamente per esso il concetto di equitd. Non vorremmo - Dio ce ne scampi e liberi! - che per l'Istituto Immobiliare filiale dr Catania il concetto di equitd coincida con quello del proprio tornaconto. .- Esiste la Giustizia a Matera? Ci nasce questo dubbio leggendo un me– moriale di molte pagine, con varie fir– me, rievocanti fasti lontani, recenti e recentissimi dell'ambiente giudiziario di quella cittd, che assai meglio po– trebbero essere battezzati nefasti. Sen– tenze inesplicabili, provvedimenti ab irato, diniego di norme evidenti san– cite nei Codici, prevenzioni, fobie e persecuzioni, processi ma.stodontici - quasi in sussidio od aiuto delle trabal– lanti autoritd politiche vecchie e nuo– ve, monarchiche e repubblicane. E poi un pullulare di legulei, éhe pur sem– pre sono i favoriti; e processi che non si fanno, che non si vogliono fare; e processi, autentici, che scom– paiono; e - si aggiunge - tentativi di far servire il casellario agli interessi di qualche bacatùsimo legale. E poi magistrati, poniamo pretori, che da Matera si dùtaccano in qualche pretu– ra del Circondario per aumentare il volume degli affari professionali di pa– pà, suscitando scandali autentici, .non repressi, e dei quali tuttavia dovreb– be saper qualcosa anche il sig. Mi– nistro, grazie a un'interrogazione pre– sentata da qualche onorevole. E poi ... ma a che pro' spigolare ancora in questo incredibile memoriale? Ce n'è già a sufficienza per dare ai let– tori un'idea del modo in cui sa– rebbe amministrata la giustizia a Ma– tera; e ce n'è a sufficienza, crediamo, per far muovere subito chi all'Ammi– nùtrazione della Giustizia è preposto. Anzi è ventura che sia proprio un meridionale, un illustre avvocato a dirigere oggi la difficile barca del Mi– nistero di Grazia e Giustizia. A lui l'onere e l'onore di mettere l'occhio addentro alle faccende giudiziarie di J..1 atera e ramificazioni. (!) Moralizziamo i morali.sti? Pare che deputati e senatori, colti da im– provvisa crisi di coscienza, o (secondo i malevoli) toccati sul vivo da certe spietate critiche popolari, abbiano de– ciso di pagare anch'essi le tasse co– me tutti gli altri mortali. Come pri– mo passo per dare l'esempio nella crociata 1/i moralizzaziont bandita dall'on. Scelba, la saggia decùione delle assemblee /egùlative 110n può non accogliersi con senso di rispetto. Infatti tale decisione porterà via agli onorevoli rappreserrtanti della volon– tà popolare alcune diecine di migliaia di lire all'anno. Apprendiamo, però, che le Camere (le quali, com'è noto, mantengono la segretezza dei loro bi– lanci) hanno deliberato con edificante unanimitd l'aummto delle singole pre– bende di 50.000 lire al mese, retro– datandolo al 1 ° gennaio. La partita cosl è chiusa, e la crociata moralizza– trice è salva! Acredine qualunquistica verso le istituzioni parlamentari i,i queste nostre parole? In verità, crt– diamo di poter essere fra gli ultimi a venir accusati di simile mentalità, che anzi abbiamo sempre combattuto , combatter1mo. Ma è proprio l'at– taccamento a questa nostra pur im– perfetta democrazia che ci muove a polemizzare contro un malcostume politico, che sembra penetrato cosi a fondo nello spirito di tutti i nostri parlamentari, da non risvegliare or– mai più in essi neppure un moto di vergogna o pur onco di semplice pu– dore. Vogliamo anzi aggiungere che noi non ci scandalizzeremmo di tanto se almeno le indennità parlamentari, anche previo raddoppio, servùsero ad assicurare una maggiore produttività legùlativa e ad accorciare il polien– nale curriculum di approvazione del- le leggi. Comprendiamo che, fino a quando parlamentari esordienti o ve– terani considereranno le Camere co– me una continuazione dei comizi elet– torali e ci faranno ascoltare discorsi di una o due ore sulla necessità di istituire una scuola elementare in que– sto o in quell'altro borgo rurale, non sarà facile accorciare la procedura di approvazione delle leggi .... Ma una cosa almeno potrebbe pretendersi dai cultori dell'eloquenza parlamentare: che almeno essi siano presenti in aula quando è necessario votare (e ciò, come s'i vùto, può capitare ad ogni istante) e che dopo avere firmato il registro di presenza, formalità neces– saria per la liquidazione dell'indennità ·Parlamentare, non marinino le sedute per andare in giro a sbrigare gli af– fari amministrativi della loro clien– tela elettorale. Ricordino gli onore– voli « assenteisti > che qualcosa di analogo, se compiuta da u11 operaio disoccupato (abusiva percezione del sussidio di disoccupazione) o da un - datore di lavoro (annotazione men– dace nei libri paga) porta spesso gli autori del falso dinanzi ai giudici! Per la dignità delt'ùtituto parlamen– tare, ma soprattutto per la pubblica moralità, norr è lodevole e/re con si– mili trucchi si percepiscano inden– nità non dovute e che si facciano an– dare alfaria per mancanza di nume- ro legale votazioni che costano allo Stato fior di milioni! Siamo sempre lì: quis custodiet custodes? + Fra le tante cose, più o meno interessanti, scritte sulla poliedrica figura del Marchese di San Bartolo– meo, una ci sembra sia staia neglet– ta, malgrado presentasse un indiscu– tibile interesse. Sarebbe infatti inte– ressante conoscere (e speriamo che ce lo faccia conoscere l'on. De Caro, malgrado sia amico e compagno di partito dell'on. Bellavùta, a sua volta intimo amico, socio in affari e legale del suddetto Marchese) attraverso quali vie legali il Montagna, costi– tuendo una delle solite società-fan– toccio con ammini.stratore unico (lo Sant'Uberto), sia riu.scito a tendersi affittuario della tenuta di caccia del– l'ex-Re. Noi non siamo di quelli che confondono le partite di caccia - alle quali il Marchese invitava amici e papaveri con diritto o merro di spa– rare sul mo/capitato cinglria/e - e le orge segrete di Castel Porziano; ma non sappiamo rasseg,wrci all'idea che lo Stato (democratico e popola– re come il nostro ama definirsi) ab– bia creduto, nonostante la caduta del– la Monarchia, di perpetuare le tra– dizionali partite di caccia con le co– reografiche mute di cani, papaveri, amazzoni e nobili senza titolo intente all'ardua ric,rca delta preda. I tempi della Pompadour dourebbero essere definitivamente tramontati! Come sa– rebbe stato più saggio (e più democra– tico) se la tenuta reale di caccia aves– se subito la sorte dei beni dell'ex-Re Faruk! Ma tra le tante irrcongruenze di questa democrazia cristiana c'è an– che l'amore di non romperla col pas– sato e di conservare anche certi aspet– ti coreografici da films che fanno an– dare in visibilio i nostalgici del/'ancicn r~gime, ma che suonano oltraggio a chi ha fame. OGSl'NO NUOVA REPUBBLICA LIBRI E PROBLEMI Si fa presto a dire fame Esce in questi giorni, nella colla– na del Gallo delle Edizioni Avanti! (Piazza Cavour, 2 Milano), il volu– me di Piero Ca/elfi « Si fa presto a dire fame >. li volume, di 220 pa– gine, che viene posto in vendita a L. 300, narra /1 vic1nd1 della lotta di liberazione in Liguria e la vita nei campi di sterminio nazisti. Ftr• ruccio Porri ha scritto la sefuentt prefazione: Quando Piero Calcffi mi ha chie– sto di presentare questo suo libro di ricordi, cd io ne avevo visto ancor soltanto i prinù capitoli, pensavo che il mio « invito a leggere > dovesse dire press'a poco cosl: compagni <li dicci anni addietro, ma soprattutto voi che avete pagato senza fiatare quello che la lotta vi ha chiesto, e dopo ciascuno al suo posto cd al suo lavoro (quando lo avete trovato); voi Italiani inconsapevoli e smemorati, che non avete mai saputo o avete di– menticato qual prezzo di sacrificio e di sangue, di coraggio e di fede la gioventù d'Italia ha pagato per voi; cd anche voi, per vostra vergogna, baldanzoso e folto esercito degli imbo– scati e dei profittatori: leggete tutti qui. Leggete qui, perché i fatti la vita la passione di quei gicfrni lontani ri– sorgeranno dal fondo della vostra me– moria come fossero di oggi, come se, Caleffi li avesse spolverati con mano leggera e precisa e voi li trovaste freschi e semplici, con la verità quo– tidiana ed il colore e il timbro di quel tempo. Leggete qui, estranei e curiosi, per imparare come i coma battenti per una fede potessero tro– var la forza per sopportare torture e sevizie, inumane e ignobili. Ma poi Calcffi lo portano a Bol– zano, e di Il a poco lo spediscono in C:ermania. E d'improvviso il rac~ conto precipita: cala sulle pagine un fondale cupo di angoscia e di– sperazione: sbiadiscono nel ricordo, quasi un gioco, le ansie della cospi– razione e le stesse crudeltà della Ca– sa dello Studente di Genova. Terribile diventa il tuo libro, ca– ro Piero, e la sua stessa semplicità, la sua nudità ne accresce l'orrore. E difficile diventa scriverne. Un ge– sto, un'invettiva, una maledizione: a questo ridurrei la introduzione. t l'ultima pagina, l'ultima riflessione, dolente e rasserenata ed umana, a richiamarmi da questa tentazione di fuga, perché sia fatta nostra e serva Il senso della prospettiva (continua:ione dalla paa. 1) sa ideolo;in, i fini, i 1netodi del sociulismo che vunno ricsurninuti, discussi, rinnovali: in un n10111cnto in cui è il sociulis.1110 uel suo insiea 1ne d1e deve riconquisture una ~un nuo\'u giustificutu vulidi1à. llispondendo infine ullu terzo domandu, si entra nel vi\'O del problema du cui i· nntu lo slessu formula di « niti, Popo)ure ». 1 oi non siun10 d'accordo con Parri sul ,nodo di essere socialista senza dirlo; su questa sua ritrosia u du– re ulle cose il loro nome, su que– sto res11ingere il « finalismo» so– ciulistu uccellundone lu pratica di azione. Credo che ciascuno di noi non sup11ia che fursi di cerio fina– lismo 1ni1ico, ma - dichiarnndosi socialista - uhhiu ruuo una scel– ta fondan1entale, q-uellu che anche Parri dichiara di aver raun di frona te al dilcnuna conscr\'nzione - pro– gresso. onostnnte dunque che non siamo d'accordo con lui su <1uestu e su Ionie aire cose, ci sc,nbru pe– rò di essere d'accordo sulla proa spettira, che è la cosa che più ina teressa: lu costruzione d'una grana de sinistra italiana, articolata cera to, dcn1ocruticu, upcrtu, n1a uni– ,·ocu e compalla nell'azione di buia 1ugliu, nella trasfornmzione radi– cale delle strutture econo1niche e sociali, nel metoclo di <1ues1u traa sformazione. e soltanto una costru– zione di ((UCSIO genere che potrcha be porre il problcmu dei rupporti col pnrtito con1unis1u su un tera reno di concretezza storica: le po– sizioni « frontiste» sono perieolo– se non "ili perché, si debhu esdn– dere a priori un'ullcanz:u politica, in condizioni e in lin1iti deterrui– nnti, col partito romunista, nrn perché le forze ,•he finora l'han– no tentata 111onea\'nno o della ne– cessaria autonon1io politica verro di esso o della forza sufficiente u fronteggiarlo. nn gronde sinistro de1nocrutico, falla di uomini di di– ,•erse ori&ini e di diverse ideoloa gie, ma solido strun,cnto unitario di lottn politica, sarebbe sufficien– temente forte e libera per poter affrontare anche questo problema, che in rcuhù blocca da unni n1ug– giori possibilità di azione delle for– ze Ol)Cruie e cont1Hline per lu tru– sf or1nozionc dello strutturo sociale e stutnle. t questa prospettiva che deter- mino e 1:iu~tifica nitù Popolare. I con1pagni che es1>ritnono dei duh– bi circa le posizioni « usocialiste >> di Porri e dei suoi amici, dovreb– bero riflettere che, coinunque le si vogliano giudicare, è oppunto l'esistenza di quelle posizioni che dà un senso ul « sociulisrno » noa stro. Se Parri accettasse intera• n1ente quello che noi pensiamo, avrenuno fatto nulla di più di un quarto o quinto raggruppan1ento socialisla in ltaliu. Sta appunto nella provata ])ossibili1à di trova– re un terreno d'azione cornune fra queste posizioni distinte, che hanno fallo cnln.nnbe una scelta rondamcntalc, che sin il significa– to 'progrumn1utico ', 'esemplure' di questa fornnrla. elln quale i socialisti, se vogliono continuure ud essere e u dirsi tali, hanno solo un dovere: cercare e ritrovare 'In fondamentale ,,ulidità dcllu posi– zione socialista nonostante e oltre il conn111isn10. Prospettivu lontanu? Forse. Nes– suno può prevedere 1>crò quanto lontana. Comunque, l'unica pro– spettirn vt11idu. ì\tus\imulismo so– cialista, repuhblicunesimo, liberalia srno econon1ico, socialdcmocruziu sono fornnrle che sanno di ,,ecchio, che esprimono verilit cd esperienze del passato non deJl'avvenirc. Poe– sonO essere clerncnti di unn realtà nuova, nrn esse - da sole - so– no soltanto dei reliui. Una socie– lÙ nuova sin avunznndo: in ahri continenti, in ultri paesi cssu ha assunto il no1nc, In forma del co- 111unis1110; sin1110 in u1ohi n pena sare che nel nostro n1011do esso dovrà prendere un nitro voho, un volto senza e<1uh·oci democratico. Tuttavia, non c'è tempo da perde– re. I vecchi corpi polilici &ono sempre duri n n1orire: mn hisoa-na intnnto predisporre le condizioni del rin.novnmento, se non ai vuole ch'esso uvvenen senza di noi, COila tro di noi. Al Irnntumamento dei gruppi suddivisi do ideoloi:ie ar• retrnte, retaggio d'una civiltà bora ghese decaduin a personalismo e clientelismo, de,•e sostiluirsi, per forza delle cose, lo schieramento politico di coloro « che hanno •cel– to », n1n che non sono disposti u pagare quesla scelto con la per– dita dello responsabilitì,, della li– bertà 11111ano. Lavorare J>er <111csto fine significa lavorare per uno prospeltiva chiara. TRISTANOCOOIGNOU anche a noi l'infinita sofferenza di quest<> compagno ritornato e dei molti che non sono tornati. Molte migliaia dei nostri sono fi– niti nei campi tedeschi; poche cen• tinaia i sopravvissuti. Caleffi ~ tra essi: ma è un mero caso; un 10{– fio di resistenza di mono, più di api• rito forse che di corpo, una tortura di più, un'as,enza del dottor. che lo protegge, e Piero Caleffi sarebbe anch'egli un mesto ricordo, come E.-manno, come Ero, e tanti altri. E: tornato, e scava per il nostro rimorso sulla memoria implacabile i ricordi di quell'inferno. Quando voi siete tornati, distrutti fisicamente e psichicamente, non abbiamo quasi osato interrogarvi, quasi temessimo di scuotervi dall'incubo che leggeva– mo nei vostri occhi e nel vostro vol– to, quasi temessimo la rivelazione de– gli abissi di bestialità umana che in– tendevamo dietro di essi, quasi che una parte di colpa del vostro mar- tirio ricadesse su di noi. • Caleffi non impreca; il suo senso di umanità lo induce a comprendere anche i suoi aguzzini e lo trattiene dal condannare gli uomini. Colpevo– li i regimi, che scatenano a loro di– fesa la ferocia cieca, stritolatrice dei corpi e - colpa ancor più grave - delle anime. La tortura peggiore di quelle bolge maledette, nelle quali dalle viuime stesse son tratti i tor– turatori dei compagni, ancor più del– la fame e del tormento fisico è il nau– fragio angoscioso della personalità, il progressivo oscuramento della co– scienza. Ed è questa la lezione atro– ce della guerra hitleriana: guai a violare i limiti della natura umana, del fragile equilibrio che ~ alla base della condizione umana. Degradare lo spirito, ricacciare l'uomo nel buio dell'istinto ferino, annullare millenni di faticosa ascesa: questa la colpa più grave di quei regimi. Calpestare la natura divina della coscienza del– l'uomo: questa la condanna di quei bestemmiatori di Dio. Pochi, purtroppo, i sopravvissuti rimani ad accu&arc, pochi anche i libri. Le « Mie prigioni > di Silvio Pellico, testimonianza quasi idillica di < tempi men feroci ,, hanno scosso un regime. Serva la parola pacata e semplice di questo compagno di pro– va e compagno di destino, di que– sto fedele combattente per la liber– tà, a rinnovare un'alta protesta per– ché la nostra civiltà non ceda alle vertigini della perdizione. fEIIIIIJOOIO PABRI NUOVA REPUBBLICA fllJll\TDICll\'A .. ll PO .. ITl()e E... il 5 e il 204iopi .... i,otto o pii,.,;., Comitato Dt,.uivo: ,.cmm - T.[OOIGNOU - I. Gl!PPI • P. ,momu !•&nlarki di udadon•: e. fAUTI Redadon•• Flruae, Pluu della Ubertà U (S0.998) Amminf•tradon•: Pire .a.ae , Plaaa J.n.dipe:ndenu, 29 (H.OSI) Abb. annuo (halia c. Francia): L. 850, semestrale L. •UO, trimettralt L. 2SO (E1tero, rispelti\'amente, 1100, 600, 300). Abb. soitc.nitore: L. 5000. SottoKt-ir.ione mensile: L. 200. Un numero ordinario: L. 35 (Esrero, 45) Un numero arretrato: L. 40 (Esrero, 55) Un'annata arretrata: L. 1000 (Esrero, 1200) o/e po.tale S/6261 (L• Nu••• lteli•) 1-'tnaa. A111orlu.111•1 Trib. 1111 flren11 n. 878 11111 80-12·1882 Stabilimenti tipolitografici Vallecchi Fircnz~, Viale dei Mille, 90 Responsabilr: Trirt,rno Codis:110/,r

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