Nuova Repubblica - anno I - n. 10 - 20 maggio 1953

L E eleziqni negli Stati Uniti ebbero luogo il 4 novembre 1952. Era _un giorno di lavoro perché laggiù non :,i pensa che sia necessario far festa per votare, né che valga la pena di sciupare un week-end per questo. Le elezioni generali negli S.U. sono cose assai complesse perché si tratta non soltanto di eleggere i delegati che a loro volta devono eleggere il Presi– dente, non solo di scegliere la nuova Camera dei Rappresentanti e metà dei memb,i del Senato; ma anche di no– minare i governatori dei singoli stari e un'infinità di cariche grandi e piccole di carattere amministrativo, quale ad esempio gli ingegneri del Genio Civile di una Contea (entità che potrebbe essere paragonata a una nostra pro– vincia) e gli Sceriffi (commissari di polizia) i Coroners (i giudici) ecc. Un elettore americano fa una ventina di scelte contemporaneamente, al momento delle elezioni. Queste cariche ammini– strative comportano uno stipendio, che viene reso noto all'elettore prima del suo voto. Sicché ogni quattro anni tutto il sistema delle autorità federali, statali e locali viene rinnovato tenendo conto delle prove fatte dagli uomini scelti fino allora e degli umori po– litici dell"elettorato. Agli occhi di un Italiano può sembrare curioso che in– carichi come quelli del Giudice Con– ciliatore, del Commissario di Polizia e dell"Jngegnere Civile possano essere Dialettica elettivi. La spiegazione storica della co– sa credo sia da ricercarsi nell3 forma– zione stessa delle comunità americane. I pionieri si trovarono a dover orga– nizzare dal nulla una convivenza ci– vile; a difendere la loro comunità dagli avventurieri. Essi non accettarono di concedere i poteri esecutivi di Po– lizia e di Giudizio che a uomini di loro diretta fiducia. J I sistema si è potuto conservare, sia perché, in fondo è conforme allo spirito degli americani, sia perché i partiti politici che oggi propongono i candidati a queste cariche, sono en– trambi pienamente inseriti nel sistema dello stato e riconoscono che l"ammi– nistrazione non deve essere influenzata èalla politica oltre certi limiti e che la qualità degli uomini è argomento prevalente di scelta. Non è il caso di immaginare il trasferimento di questo b teca G o NUOVA REPUBBLICA ELEZIONI NEGLI U. S. A. NONOSTANTE I SUOIASPETTIESTERIORI, LA CAMPAGNA ELETTORALE FU NELLASOSTANZA UNALOTTAPOLITICA MOLTO SERIACHEPOTREBBE BEN DIRSI,CON TERMINEEUROPEO,UN ASPETTO DELLALOTr A DI CLASSE. sistema nel nostro paese; ma non si può tacere che gli Americani hanno così la possibilità di avere dei poli– ziotti democratici, cosa a cui gli Ita– liani hanno rinunciato da sempre! Io ho avuto occasione di assistere alla campagna elettorale, soprattutto in una piccola città e all'interno di una grande fabbrica. Laggiù non si usano manifesti. I due principali par– titi in lizza affittano per l'occasione un locale per ogni città, vi installano un apparecchio radio e un apparecchio di televisione, e appiccicano ai vetri di questo locale la fotografia, la più sor– ridente possibile, del candidato alla Presidenza, e del candidato locale al Senato e alla Camera. Un gruppo di giovanotti e belle ragazze si sacrificano a passare i pomeriggi in questi locali. tra l'indifferenza del pubblico, e pas– sano il tempo a vedere sullo schermo televisivo il candidato del cuore che parla a centinaia di migliaia di chi- americana lometri di distanza, nella speranza, per solito vana, che il pubblico faccia altrettanto. Più attive sono le orga– nàzazioni femminili e in particolare l'Associazione delle donne elettrici, la quale verso l'apice della campagna con– voca i candidati onorevoli nella loro sede a esporre in pubblico contraddi– torio i loro programmi. Essa provvede anche a illuminare le sue consociate con pubblicazioni precise e imparziali sulle complicate modalità delle lezioni, sugli incarichi dei futuri eletti, ecc. Gli uomini approfittano dell"attività delle associazioni femminili e si fanno anch"essi illuminare da queste metico– lose e accurate organizzazioni. I candidati alla Presidenza conduco– no la campagna in generale sopra un treno che percorre le sterminate di– stanze di quel paese, fermandosi a te– ner comizi alle stazioni ferroviarie, Fi- a CO nito un 1tmerano, con l'aereo si pòr– tano al punto di partenza del nuovo itinerario e ricominciano il viaggio in ferrovia. Naturalmente ci sono pure i grandi comizi in locali cPiusi, nelle maggiori città. Stevenson faceva dei discorsi di alta politica internazionale e sulla mis– sione dell'America nel mondo. Eise– nhower spiegava come il dollaro si fosse svalutato durante i vent"anni di governo democratico e riceveva da una nobile signora dell'organizzazione re• pubblicana una scopa per pulire i palazzi ministeriali di Washington dal– la corruzione ·che, secondo i repubblica– ni, vi regnava durante l'amministrazione Truman. Ma se questi furono gli aspetti este– riori della campagna elettorale, essa nella sost•nza, almeno negli stati da me ,·isitati, fu una lott• politica molto seria, che potrebbe ben dirsi, con ter– mine europeo, un aspetto della lotta cli classe. lo stesso ebbi in visione da operai in fabbrica, anche se straniero, c!ei volantini propagandistici dei due partiti. 1 democratici ricordavano la si- 1 uazione disastrosa dell'industria ame– ricana e della classe operaia quando Roosevelt assunse il potere: i milioni cli disoccupati, la debolezza delle or– ganizzazioni sindacali, la mancanza di 1 ispetto ai patti di lavoro da parte degli industriali. E a questo contrap– ponevano le cifre imponenti dell'at– tuale prosperità: 65.000.000 di lavo– ratori, di cui quasi la metà organizza– ti, la pratica assenza di disoccupazio– ne, i salari triplicati, l'indubbia de– mocrazia economica. Che cosa avevano fatto i repubbli– cani durante la ricostruzione 0 dell'eco– nomia americana e il ripristino o addi– rittura la creazione del potere politi– c., e del benessere economico delle clas– si lavoratrici? I repubblicani, diceva il volantino democratico, non avevano saputo far altro che mettere sempre il b;stone nelle ruote a questi sforzi del governo. E quando, nel 1948 eb– bero il predomini~ al Congresso, si ,!frettarono a votare la legge Taft– Hartley, limitatrice dei diritti di scio– pero. Il volantino repubblicano invece ac– cusava il governo della svalutazione del dollaro. Vi era effigiato un dolla– ro tutto allegro che si portava a rnsa senza fatica tre libbre di caffè: era il dollaro dell"amministrazione repub– blicana. Accanto vi era un dollaro piangente e sudato, che faticosamente si trascinava una libbra di caffè. I risparmiatori americani erano chiamati a difendere i loro interessi votando per Eisenhower. Ma uno degli argo– menti che certamente più spostò l'opi– nione pubblica a favore dei repubbli– cani fu il problema della guerra. I repubblicani dicevano, e almeno for– malmente a ragione, che le amministra– zioni democratiche li avevano sempre portati alla guerra: Wilson alla prima guerra mondiale; Roosevelt alla secon– da; Truman alla gueira in Corea, e facevano balenare i taumaturgici effetti di un viaggio di Eisenhower, se eletto, in Corea. Altro argomento massiccio che agì a favore dei repubblicani fu l"alta tassazione accoppiata a un generico ri– sentimento verso gli Europei. Agli oc- chi di molti Americani il governo Truman aveva svuotato il loro porta– foglio a favore di ingrati e inetti al– leati lasciandosi contemporaneamente giocare da abili avversari. I più fa– ziosi repubblicani giungevano ad ac– cusare Truman di filocomunismo. In ogni caso il partito che vinse le ele– zioni, le vinse perché promise di ri– durre le tasse, e di tagliare i regali agli stranieri. Molto della politica at– tuale e prossima degli S.U. è legata a questa promessa, alla quale credeva molto di più il partito, c:he Eisenhower stesso. Infine la causa forse meno vi– stosa ma più decisiva della vittoria repubblicana sta in un riassetto e in una chiarificazione dello schieramento politico interno del paese. Precisamente gli stati del Sud, per un"antica tradi– ·done che risaliva alla guerra di seces– sione, avevano votato in tutte le ele– zioni precedenti per il partito demo– cratico1 e ciò per storico risentimento contro il partito di Lincoln, che aveva imposto l'abolizione della schiavitù e il predominio dell'economia industria– le su quella agricola. Roosevelt prima e più chiaramente Truman poi, e in– fine Stevenson effetti, i e coerenti de– mocratici, si erano fatti invece pala– dini della reale equiparazione delle ru– ze, mentre della discriminazione razzia– le erano e sono oggi campioni i suc– cessori, più o meno degeneri di Lincoln, cioè il partito repubblicano. Già nel congresso· precedente all"attuale, Tru– man aveva dovuto battersi contro la coalizione dei repubblicani e dei suoi compagni di partito del Sud, che si erano progressivamente riconosciuti uni– ti a difendere le posizioni conservatri– ci, mentre roccaforte del partito de– mocratico divenivano sempre più chia– ramente le organizzazioni sindacali, che anche se in concorrenza fra loro, si univano sempre più nell'indirizzo po– litico. elle ultime elezioni la chiarifica– zione politica ebbe luogo e le forze conservatrici del Sud votarono per Eisenhower. Fu questo lo spostamento decisivo che portò alla vittoria dei repubblicani. Ma l'antico equivoco sto– rico è ormai superato e da ora in poi 1 due partiti si affronteranno senza <.ontraddizioni interne. li giorno delle elezioni io mi tro– ,·avo come visitatore alla Ford a De– troit. Ero nel grande salone di mon– taggio delle automobili, dove lavo– ravano forse dodicimila uomini, bian– chi e neri, a poca distanza uno dal– l'altro formando come un tutto unico con l'immenso impianto di attrezzatu– re e trasportatori. Tutti gli uomini a,•evano un berretto di carta con su scritto «Vote straight democratic» (Vo. tate rigidamente democratico). Ovunque io guardassi, migliaia di quei berretti di uomini al lavoro mi suggerivano un imperativo di azione, più impressio– nante che le grandi folle operaie dei r.ostri paesi. Nessun segno del partito C<'ntrario; soltanto sulle pareti del grande salone, dei comunicati della Di– rezione che consigliavano di votare per i repubblicani quali difensori del va– lore della moneta. Le grandi città, New York, Chicago, Detroit, Philadelfia 1 votarono democra– tico. Le piccole città e il Sud repub– blicano. lllffAllDO u;n 3 I PUNTO CONTRO PUNTO I ELOGIO Zulù Se guurdassin10 a questa ca1n• pagna elettorale con1e al più sen• sibile registratore del nostro grado di 1naturità civile, non v'è ulcun dubbio che le conseguenze da ti• rarne sarebbero disastrose. E, in effetti, basta un non ac• curato est.une delle forine e dei n1etodi con cui si vuol giw1gere al traguardo del 7 giugno per ave– re l'in1pressione che... gli Zulù sono più civili di noi italiani. Per ese,npio, fra le costun1anze di quel popolo, è che una ragazza discuta con assoluta franchezza sul nu,ncro dei capi bestiame offerli dal suo pretendente per convolare a nozze (e dice: io sono bella, esigo più bestie: quelle che mi of– frite sono un insulto). In Italia Ro1nita vuole a ogni costo una poltrona di n1inistro, nm intanto gira per le piazze urlando - al• meno così ha fatto in Toscana - che lui e il fino partito << socialista democratico» chiederanno delle nazionalizzazioni e poi questo e poi quest'altro (ma al suo preten– dente ha detto: io sono piccolo pic– rnlo, mi basta appena un postice1- to: chiederti un briciolo di sociali– •mo sarebbe un insulto). Si ag– iiungn cb"egli tern1ina esprimendo, con un groppo alla gola, un pate– tico desiderio: non maledizioni sul– la mia tomba, bensì garofani rossi; f>videntemente senza badare u ~pese. Per esempio, gli Zulù maschi e feo1n1ine, non conoscendo la scrit• tura, usano espri1ncre il scntimen• lo dell'amore - o dell'indìfferen– za o del dispetto - attraverso col– lane n1ulticolori. Qui l'amore ( cri• stiano) si ntanifesta per inezzo di caldi e palpitanti abbracci con i crin1inali di guerra, mentre il di• spetto si sfoga con l'accusa di « tradimento della de,nocrazia » ai Ferruccio Parri, che rischiavano le torture dei banditi di Graziani. L'ese1nplificazione e i confron• ti potrebbero durare a lungo. Che dire della propaganda dei Con1i• tali civici, sempre in chiave Cero• cemente anticomunista (sorpresa della battaglia su due fronli, a In– tere dell' Azìone Canolicn), che fra l'altro riproduce un enorme piede intento a segnare con la penna il coni rassegno del P.C.I. "? Che dire dei falsi della Mostra dell'aldilà'! Bisognerebbe chiedere a Ignazio Silone se valeva la pena di restare nel P.S.0.1., insieme a s-;.ragal (ltltonorno da tutto fuorché dallfl propria imniaginazione (così egli ebbe a dire, se non andian10 er– rati), per raccogliere i bei frutti di una lotta così stupida da con1• proinettere certe verità indiscuti• bili. Ma in Ungheria si è ,•otato per una sola lista, con l'esito poco edificante del 98,2 dei voti alla lista medesima! Sapeyanìolo. Nes– suno di noi ha così perso la te– sta, di fronte alla n1inac(,ia del totalitarisn10 clericale, da diinen• ticnrc la realtà dei paesi d'oltre cortina. Ma in Italia ci si offre la possibilità di una alternativa'? Se prima si cantava vittoria per una legge che attribuisce seggi per mi– lioni di voti inesistenti, e poi, in• timorili dall'ondata di sdegno del paese, si alzano grandi lmnenti per l'eventualità in cui la legge, al responso delle urne, non fun• zioni: sarebbe in pericolo, unnun• eia la stan1pa d. c. e dei tre un• torelli, sen1pre più rincarando la dose, nientemeno che la den1ocra• zia europea! Egregi signori e punto rispetta– bili dame: andate per <1ualche anno fra gli Zu.lù e forse iinpare• rete j modi di un vivere meno in– civile. O forse gli insegnereste l'alfabeto dei vostri pennaioli e a una ragazza l'uso del paravento dei valori sacri della famiglia per un certo numero di vacche? MEIICVZIO

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