Noi Giovani - n. 6 - giugno 1917

6 NOI CIOVANI mi se.robrav.a quasi di esser ip V~ fflfrv~!~ ?ella sua di– sgrazia e mi parev~ che quegli occhi stanchi e dolci, 1he non vedevano pii1, mi guardassero di sopra agli occtiia– loni neri con un'aria di rimprovero e quasi di accusa. - . E la leggevo, si, l'accusa muta, nel sorriso stanco del cieco, che si contraeva con una piega sarcastica e acre sulle labbra strette, quando leggevo Un comunicato di qualche vittoria, o un discorso, pienQ di parole solenni e patriottiche. È che egli sapeva bene quanto costava quella vittoria ; quanti morti, quanti feriti, quanti ciechi. SI, quel discorso era bello, ma chi l'aveva pronunziato .non era cieco come lui, non aveva perduto gli occhi per sempre ! Un sorriso acre gli contraeva le labbra ; ed io mi sentivo quasi pungere da un rimorso. « Che cosa orribile, la guerra 11, pensavo. ~ l\fa s.e era giusta e necessaria? Bisogna difendere la Patria, a· marla .... si, la Patria; è vero; ma che è la Patria? Io non lo so, ma lo sento. Ma questo cieco lo sa ? Chi ha par– lato d,i Patria a lui, che è sempre stato in terra straniera? Se egli lo domandasse ora a me, che cosa è questa Patria per la quale egli è stato preso alla sua famiglia e accie– cato, io gli saprei rispondere ? gli saprei spiegare ?·• E mi pareva proprio di leggere nel sorriso sarcastico che gli increspava le labbra, la do.manda che temevo: « Che cosa è la Patr.ia, questa Patria nel cui nome ci fate tanto soffrire? ~ il sentimento di un popolo, o non è piutto– sto l'egoismo di pochi che sacrificano tanti altri .i.i loro interessi ? • Ed io mi sentivo oppresso, confuso di non saper rispondere alla domanda muta, turbato fin nel profondo dell'anima. Poi, quando ero solo, ci ripensavo; il dubbio cessava di tonnentanni e rivedevo con sicurezza la verità ra– diosa ; capivo tutto, mHle ragionamenti persuasivi mi convincevano~ Ma il giorno d'opo, quando tornavo. a sedermi col mio compagno taciturno e cupo sotto i vecchi alberi del giardino, tutti i ragionamenti cadevano e un rimorso incosciente mi pungeva davanti a quella contrazione ironica ed amara delle sue labbra. Del resto si capiva be,ne, povero Giovannino ! Era stata una gran disgrazia la sua. Diventare cieco ! Tante .volte io avevo pensato che è meglio morire piuttosto che perdere gli .occhi ! E poi, come poteva sentire la Patria lui, che era seri)– pre stato a lavorare fuori in un altro paese, che parlava un'altra lingua, a cui mai nessuno aveva detto nulla della Patria ? Era già stato grande il suo sacrificio, di aver lasciato il lavoro sicuro per venire ad esporsi ai pericoli di un guerra; ma non aveva esitato; aveva compiutO il Suo d<>;veresenza dubbi, ·senza inutili rimpianti. · Ed il suo sacrificio era stato eroico : si, più eroico e più grande del sacrificio di un volontario esaltato dal patriottismo, che offre la vita. al suo ideale; sì, più grande e più eroico perché il volontario ha l'ebbrezza di poter morire per-mn' ideale che sa nobile e fulgido ; sa per chi combatte e per chi muore. Lui, no. Si sacrificava a qualche cosa che non conosceva, che non c~m.prendeva ; ce~eva a_un impulso del suo cuore,,., a un istinto confuso, 111cosc1ente.E aveva combattuto da valoroso,. da forte: non sapeva per chi, né contro chi. Era stato un sacrificio eroico, e non si poteva ora, dopo la disgrazia, rimproverargli quel sentimento amaro e sarcastico. Non era colpa sua I Come avrebbe potuto rassegnarsi tranquillamente e senza ribellioni ? Com.e avrebbe potuto dire a sò stesso di esse·rsi sa.crificafo a un ideale· che non comprendeva, a una Patria che non conosceva ? Bisognerebbe che tutti gli uomini conoscessero la Patria ; bisognerebbe c 1 ho 9ualcu~o ne .parlasse ~ lo~o sempre., e ne raccontasse la stona gloriosa, le v1ttone i martiri; se no, non potremo mai rimproverare a nes– suno di non amarla. Del resto Giovannino era abbastanza rassegnato ; non gli usci mai di bocca una parola cattiva, e forse anche quel sorriso amaro che mi pareva di veder compa– rire di tratto in tratto sul suo· viso stinco, non era an– ch'esso che· un effetto dcli'!, mia imaginazione turbata. ... Seduto davanti a un tavolo, Giovannino si esercitava a leggere e a scrivere col metòdo dei ciechi : stava in– tento e raccolto, col capo chino verso il tavolo, come aguz– zando· gli occhi, quasi facesse uno sforzo ·per riuscire a vedere. Passava leggermente i polpastrelli delle dita sulla carta bucherellata, e sillabava ad alta voce. Accanto a lui, in piedi, stava il maestro. Era un cieco nato; un volto pallido con due baffi spioventi e due occhi bianchi, · morti, inespressivi, che davano un'aspetto di morte e di desolazione a tutta la faccia;· due poveri occhi ·spenti, con le pupille quasi immobili ; due cechi strani, che non vedevano, e pure sembravano guardare fissi in basso, ;verso di me. Era stato istruito ed educato fin da piccolo in un Isti– tuto di ciechi : era diventato maestro e bravo musicista. Lavorava per sè e per gli altri: stampava, mediante una macchina speciale dei libri e dei giornali per i ciechi. Era contento della sua vita attiv.a ; quasi felice. Gi~v:aÒnino seguitava a leggere: a un tratto si arre• stò, chinò il céipo,appoggiò il gomito alla tavola e la fronte sbiancata sulla mano; e pia1.1se.sen~a singhiozzi, senza lacrime quasi. Forse gli era venuto di colpo alla mente il ricordo dei suoi primi anni, quando andava a scuola e imparava a leggere. Ci vedeva allora! E una visione di sole e di cielo, .una fantasmagoria di colori smaglianti gli turbinò davanti agli occhi, che non avrebbero mai, mai più potuto vedere. Lo assali un'ondata di ricordi e di rimpianti, di perlsieri desolati e tristi : ripensò le risate argentine di una volta, le corse pazze, i giuochi, i fiori variopinti e i prati verdi delle sue montagne. Ed ora ? Per un momento il dubbio atroce lo prese, il dub- • bio di essere cieco per sempre: lo scorsi dall'espressione disperata del suo volto pallido; e anch'io sentii un nodo di pianto alla gola, sentii qualchecosa salirm·i sul dal petto ed opprimermi come soffocandomi, ed ebbi voglia di piangere. Il maestro cercò di calmarlo e di consolarlo con pa– role affettuose: gli parlava del dovere, di una vitéi tran– quilla, se non felice, rallegrata dalla soddisfazione del lavoro operoso e del sacrificio compiuto; di una vita utile a sè e alla società. Parlava. dei veggenti come di esseri sconosciuti e privilegiati, abitanti un mondo ignoto, che godevano di sensaziorti speciali.e per lui inimagin~bili. Non pensava di essere inferiore ad essi, credeva piuttosto di essere differente da tutti ·gli altri, con una vita diversa e con delle sensazioni diverse; non poteva neanche lontanamente figurarsi che cosa fossero la luce e i colori perché non aveva mai v~duto,

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