La Fiera Letteraria - anno XVI - n. 50 - 17 dicembre

ì. Domenica 17 dicembre.,1961 LA FIERA LETTERARIA UN CUNTRADDITTORIO ED EQUIVOCO SACERDOTE LJ,;J 1'ERARLU * Gide e il peccato contro lospirito F RA i non molti scdttori che durnnte il periodo dei miei studi in Francia ritenevo Ìm maeslro d'eccc1.ionc figura\'a And1·éGide che ebbi la ventura di conoscere e d'incontrare piu. \:olle. nel 1915a Parigi. Così, comin'uando a seguire la sua attn'1tà d1 .scri11ore, divenni co'llezionista delle edizioni più rare dei suoi libri che per molti anni del festa - come forse non tutti sanno - restarono invenduti ·perìino, sulle bancal'el\c del· lµn~osé.nna,· Ricordo che in QllCl'pcriodo Gide si era lascialo as!iorbit'c ·da 1,.maattività extra-letter.'.lrìa delle pili meritorie: guc(la dell'assistenza e Mila sistemazione dei profughi del noi-d della Francia e del Belgio• iuvasi dai tedeschi, assumendo la direzione del Foye.r. franco-beige .a Parigi. Rientrato in Italia seguii ancora per molto tempo con inte– resse e cudosità. la sua a1tivit'1\ letteraria. Ma la ·mia ammira– zione per-.1\.Uandò calando dal giorno in cui cominciai a ren– dermi con·to delle sue molte contraddizioni e deviazioni sul piano spirituale e rcl'igioso che intaccavano, non solo a mio parere, \'armonia della sua stessa pers011alità letteraria e artistica. A distanza di molti anni dalla mia esperienza parigina sono tentato di esclamare: 11overo Gide! non· tanlo per compian– gei-lo, ma come per sinteJizzare fra me e mc il disorientamento e \"amarezza che mi cagiona il suo dramma E mi ,ridomi\ndo: come una bella intelligenza può ingan– nare, tradjre se stessa nelle proporzioni veramente diaboliche in cui cgli)lo ha fatto? C_omcuna intelligenza vig!le'. atrre7.'-a!a, annata come la sua, - (anche se pc-r no,1e dec1m1 pervertila o si di,,cniva a parer tale) - può avei· voluto affondare, naufragare·icon tanta lucida e fredda coscienza nella ncga- !t~~;?u1~!\i~odi~a~i~~~~i~~i~~~ p~-~~si,i c~~~isi. i:-e~tcl~~~àd! una altera e tagliente serenità. Dove è dunque andata a finire, ci si chiede, la preziosa inquietudine gidiana - che fummo in molti a considerare c;ome un fruttuoso fermento - fatta di pensòse incertezze sul margine di certi abissi, di soste e di attese rischiose, inebrianti e angosciose in una selva di medi– tazioni, di richiami, di riferimenti vitali attinti all'universo del– le idee, dètl'arte,. della poesia, della religion~? Di quale inquietudine si può oggi parlare che non sia quella della sua carne cogita11te ammorbata di letteratura e di ambizioni e manie, - ormai più che poetiche, - mondane e terrene, olìre che di un vizio (o dege'nerazione) di cui nessun uomo, per spregiudicato ·che sia, p_uò gloriarsi? Io che non posso appa– garmi dei soli giochi prestigiosi dell'arte e della rettorica, resto impietrito davanti alla iperbolica duplit::ità e alla tenace incoerenza di qu.esto te11111era111ento d'eccezione nato e cre– sciuto ricco e morto povero: tanto povero da determinare nella maggior parte dei suoi fedeli e ammiratori un senso di amaro disagio o di' dolorosa incomprensione non nccessaria– ·~ente e n·on sempre accompaçnato, ahimè, di indulgenza ... L'abito del protestante * ,li GEROLAll!IQ COiJII e acuta, dalla cultura ricca e varia, che prediligeva Virgilio, che amava e invidiava l'armonioso equilibrio di Goethe - al quale ambiva di somigliare - questo artis(a che ha giocato e teniato di misurarsi coi grandi miti e le figure della mitologia, della storia, della Bibbia, della tragedia, del }'angelo, ha chiuso la sua vita naufragando in un gelido Nl a se stesso, cioé all'uomo, che adorava, alla bellezza che lo ~veva cpstantementc nutrito ed i~pirato, a Dio cbe egli cercò .sec,qndo' i) suo variabile estro, deciso, pcra/lro, - paurosa cont'radizione ... - a 11011 i11co11trarto. E' para– 'dossale e 'tragico olfrc ogni dire che proprio lui, per j\ quale il genio ci-a il sentimento della risorsa, abbia smar• rito, - attraverso l'esercizfo e l'uso sempre più sfrenato delle tiso1:se del suo tempei:amento, - il senso, la nozione, il riconosèimento', - [per acquisire i quali sembrava aver combattuto, amato e creato,) - di Dio e dell'uomo eterno. La discendenza e /'educazione _ La discendenza e l'educazione protestanti, di cui si glo– riava come di un'aimatura atta a rendere più disinvolta la sua linea di condotta e più liber.a e genèrosa la sua per– sonalità mornle e spirituale rispetto a quella dei suoi amici convertiti - Claudel, Jammes - non è stata certo estran~a al consolidamento pi·ogressivo e finalmente irreparabile del suo peccato capìtale, l'orgoglio che, pur essendo il peccato di tutti, assume negli intellelluali particolarmente refrattari e ostili all'osservanza di una fede specifica e concreta, pro– po1~1.ionied espressioni spesso paurose. « Essi (Claudel e Jammes) mi hanno creduto un ribelle, - egli nota nel suo Jounrnt sin dal J914 - perchè non ho potuto ottenere, o voluto esigere, da me, qu~lla passiva remissione che mi avrebbe garantito la tranquil!i"tà » - s ca m bi a Il do e confondendo in modo assai grossolano - a dispetto della sua finezza - il consapevole e illtiminante stato di umiltà del convertito con uno stato di cieca e passiva so!tomis– sione. E Jammes, che conosceva la sorgente del dramma di Gide, in una lettera che porta anch'essa la data del 1914, gli ricorda a un cerlo punto: «Tll mi hai qualche volta parlato del peccato co11rro lo s11ìrito. G11ardati dal co111- 111etterlo "· E pili oltre « ... è dw1qt1e l'orgoglio, questo \!ec– chio peccato, che ci ha reso p11trulo tulio il mondo, a di– struggei-e te stesso, poichè 111riponi la 111.a fiducia i11 11ess1m altro che in te... •- E' l'orgoglio, niente altro che l'orgoglio, « questo vecchio vecaato» da cui discende precisamente il peccato contro lo spidto, di cui Gide aveva intuito la gravità, che Jia roso, corroso e consumato quest'anima decisa a giocare fino a l'ultimo con le cose supreme ... Del protestante, che si vant<wa di essere, t:gli aveva solo dic~~~ ~-: 1 e;:c 0 01~ nuon~, i~~1~do~o~é,p~srittri~~e(ìi~~re~h}iY; l'abito mentale: non la fede. - (• Il proteslo.nte 11er liii è mia amarezza e la mia delusione confinino con un mot-o di !'{;{;g 0 ;{{ 0 h! i~s~;~c~fi aR~~~~~f~~~ einl1,-à~~~r/:;'t~~\~~i~; rabbiosa incomprensione, e di drammatica perplessità in- di Cl'isto secondo una visione tutta sua e che è quella di un sieme, davanti alla figura morale che fa tutt'uno - checché lc\terat.o. e non di un credente: così che il Vangelo non è si elica - colla personalità letteraria e artistica di And1é st.'.llOaltro per lui ohe un pretesto, e una palestra nella quale Gide. Vt1do ripetendomi, net· considerare in profondità il si è esercitata la sua fantasia di artista e di immoralista nelle suo caso, la sut1 opera, la sua vita, la sua fine, che diventerà forme e nei modi più svariati e srrenati, defoi·mando e disin- sempre pili vero quel che è vero cl~ tempo: che la perso1ia- tegrando il principio e la sost.'.lnZa' st<;;ssa della fede e 'della fill:' clel\'artista, per ,quànto gljande, non _può vivere di ,•,ita prassi crfatiane. E" così eh<. un'altra specie di vangelo sboccia propri.a, non può essere disgitlnta dd/l'ilmanità dell'artista e fiorisce con variazioni e varianti infinite nella sua opera: è stesso. Ribadiamo che l'a1·te è l'umo, insomma, e guai <;e il vangelo etico-esteticO·J?Oetico di Gide, nel quale - nuovo l'al'lista non ne sia pienamente persuaso: non è dubbio Narciso - egli si compiace nella contemplazione della sua che anthe la .sua opera andrà deperendo fino a perire. cangiante immagine. Gide non è che un innamorato fedelissimo Le ultime parole di Gide su letto di morte sembra che di se stesso che ricerca, scopre, identifica incessantemente distruggnno o bast,ino a rendere nulla tulta la sua sapiente nelle opern:d'arte, negli atteggìamentL dei grandi artisti, negli scrittura di poeta, di esteta, di esegeta. Questa opera resta e,,enti stodci, ':mo·rali,r c. rrèli&ios'i più significativi dell'umanità, come uccisa dal suo slesSo autore che sul le.tto. di morte. ancora e sémpre• Qualche aspetto,--·qualche riflesso e una giu- 'confida, con un.a serenità che· è ancora un diaboJico auo stilicazione originale della sua personalità contradilloria, del gratuito portato alle sue estreme conseguenze, all'amico suo arbitrio morale nOI;Jmeno che dei suoi umori d'invertito Rober Martin du Gard: « ... né la vecchiaia, né la malattia, irriducibile 11é l 1 inm1i11e11z.a della mol'te han110 effetto s11 111e ..• lo 11011 Quel eh; accade a tutti i grandi scredcnti, è accaduto a sog110_al_c1111~ sopravviv~1,1za ..: r_1l confrnrio: q~1m1~<?µiì~ Gide· non 3:otere (drammatica impotenza ...) ad onta di una avanti 1111 spmgo, tanto p111 1111 diventa maccettab,Ie l 1potes1 Gerolamo Comi, visto da Grazioso Davlcl avere scelto la morte eterna: cosicchè anche la sua opera non è più che uno sterile documento di vita e d'a1·te man– C<lle, spoglio di qualsiasi cittadinanza spirituale. A due ore dalla fine il povero, poverissimo Gide gonfio di solo orgoglio letterario ·e filologico non si preoccupa, non è angustiato di altro che della possibile perdita della parola ... Dice, ansimando, al dottore Delay: « Temo che le 111ie frasi dive11ti110 gra111111aticalmeute inesatte ... •· Ci si chiede: forse teneva alla parola, alla grammatica, alla sintassi in quanto" segni e strumenti magici della meravigliosa gestione. della vita dello spirito, dell'anima, di questa vi1a che sen– tiva decrescere ... Senonchè si ripensa alle parole di prima, lucide, categoriche: « Non sogno ,1essu11asopravviveuw ... ». E non si può a meno di ricordarsi ancora delle parole di Jammes, del lontano, e ora tanto vicino 1914: "T11 mi hai q11alche volta 11ru·la10 tic! 11eccato co11tro lo s11irito. A11e11to a 11011 commetterlo ... • e non par dubbio, ahimé, che egli lo abbia [orse ininterrottamente commesso. E lui. che durante tulla l'esistenz.i non a,,eva fatto, come si è accenn<'ltO in plincipio, che battersi con tutti i p1·oblemi attinenti alla virn dello spirito ,sia sul piano morale, sia su quello letterario, sia su quello religioso, e che conosce,·a i testi sacri non meno dei testi letterari non poteva ignorare in che cosa consistesse il peccalo contro lo spidto, né avei· dimenticato le chiare parole del Vangelo di Giovanni: « Che Dio 11011 ha 11umdato il Figlio s110al 111011(10 per co11dm111are il mondo, 111aaffincltil il mondo si salvi ver opera di lui. Chi crede in lui, 11011 è conda1111ato, ma. chi HO/! crede, è già giudicato». E' giudicato s'intende, ili q11mHo ha scelto, libe1;a111e111e. e consapevolmente scelto ... Non è, insistiamo e precisiamo, che egli, Gide, abbia detto: Non posso, o, non so (credere) - che è diverso, ma: 11011 vogfio, 11011 mi i11- teressa, 11011 m'importa ... Non si dirà che non si.'.l grave. Non si dirà che questo scriuore preoccupato a pochi minuti dalla morte di perdere ~lta~~n~j~:-1~ u~~~la cJf i•~;~:siiifj~1c1~}~';,a q~c~~~-o~~11;n;_~~~is~n ;~~ lui e per chiunque sia caduto nell'incanto del suo contra– dittorio cd equivoco ·sacerdozio letterario. Non si dirà che ~~l~ ujp!~l~n;ee ~fl 11 ~is~hfo~! tt1~~t:~~:~rv~~ ~~~~~t~~d~1l~~~i~~ r, ~~~~~~1it 4 {~-~~' 1 !Jj'3~r:f q[i~J:0~ 0 at'~i~ 1 ~f !t1;,-,. ~7,~~ d~ggi~~~~~ 'f~ht n6~t~~/Je ::~e1?2:;~ili;J~~~hé :~~~e~~ ~r~e~e 0 P~i~~ ~j~~a :;:~~:~o 111 ;;~e~ 1 ;~en~,c~h: 1 a~::~:.;tsdi cr,~~~;~t':~~1f g/:::1~11~1,~: ~~r~f.,!"~f:=S~~~-~g°0 s~i~~e;d~~emfncia~~~f~{nc~~ri;pc~•~f°;~~-~ir~: svztt~~i; f~ :~n~e,~~~ j'.~~-ti~~a,' 11 ~~~~~ 1 ~c,g~~---q"~este parole ~~a~~. 1 aacfd1~ttdr'~'I;:~ (~ì';i~e ~1~~~1e~ 1 ; 1 d~1~~te;i~ ~61~1p~~~~~ personalità, uno dei dt:ammi spitiltlali più impressionanti e sconcer1anti di questa nostra già drammatica età. Sf!Ìfit11a1111ente, dc'lla i11tellige11ta stessa. 'Così, né Claudel, né Pa,;. 5 DOPO L'USCITA DEL PRIMO VOLUME DELLE ,t POESIE» * Solitudine di Sbarharo * di PIE'l'RO Cl!JIATTI L La stampa,. ali'., Insegna del pesce d'oro•, (~chei– wiUer, Mi.lana) di tutte Je • Opere di Camilla Sbar– baro ., ora al numero 1 con un r.osso elegante volumf?:ttO di Poesie, sollecita a ordina: re e fissare qualcuno degli appunti mentali nati, vo_lta a volta, dall'inconti;-o e rem– contro · con questo schivo poeta, come pochi altri cer– to un poeta da amare sve– gliando egli quasi un (em– mineo sentimen10 di prote– zione, non importa se reso poi il}lpotente dalla distanza ~~e~s~ac ~f 1 ~~nJ;r~n l~~nt~~ mento di protezione, l'ami– cizia più trepida, più pre– murosa: pcrchC Sbarbaro ù solo, scelto dalla solitudine, come Don Giovanni dall'av– ,,en1ura amorosa, da una fa. talità. qata èon lui come un mitico dop-pione in\'isibilc, un tirannico geloso interlo– cutore. Una sua giovanile poesia delle pili _semplici, da anto– logia scolastica: ., Padre, se anche tu rnon fossi il mio ,,, già è viva e commossa del solita,;o silenzio d'un ra– ga1.zo recuperato intatto dal fondo clclla memoria da chi potè sempre essere, della , 1 ita, solo l'iinpaurito acca· rato spettatore, l'uomo del– l'altra sPonda. Un poeta che scelse la notte (•La notte, io ,•.ivo la mia vita più pro– fonda•) delle prostitute de– gli .ubriachi carne l:,Cen.'.l d'un dramma senza (estimoni, per personaggi eccentrici' come lui, condan.nati alla differen– za, ìncapati di scioglirrsi nel tepido destino comune. Orgogliosa civiltà E' fa solitudine che crea i personaggi, e pe1· disperazio– ne di solitudine li persuade all'orgogliosa umiltà della loro differenza, insieme ama– ta e odiata, subita e goduta. Per questi abitatori del sot– tosuolo la risalita è comun– que impossibile, onde in Sbarbaro la •Voluttà di scen– dere più basso! », o in un estremo slancio la ruga dal mondo, il ritorno alla natu– ra com·e infanzia, all'infan– zia come innocenza, a godere i miracolosi riti:ovamenli ç l'irrimediabile perdita. « Son confinato fuOfi 'clella~ Yita io, riconosce. La porta s'è chiu– sa alle sue spalle quand'è entrato nel mondo: ora, vi- vere è cercare un'altra usci– ta, un'altra porta che scam– pi dal labirinto delle ,.citta sorde», dei vicoli di case impenetrabili dietro i cui muri sente • le generazioni respirare»; e lui veglia e vaga, cammina cammina co– me in una favola d'incubo. • Oh mia liberazion~ - la Follia!• sospira, solo nella notte: ma la- tenace struuu• ra fisica C sorda alle invoca– zioni dell'anima malata; e l'unico rifogio immaginato s'allontana con l'alba e il ritorno degli uomini. rien– tra nel cuore come una nuo– \'a delusione. La vita conti– nua, negata con impulso sui– cida e amata con slancio im– potente, disperato; continua una vita impossibile e posJ sibile, vera e falsa. La poesia di Sbarbaro na– sce nell'urto delle contrad– dizioni, contraddicendo a sua volla la \'ita che sareQbe umano vivere, contraddicen– dosi, tra grido e pianto di– rotto, tra colpa e compia– cimento. Nella solitudine i problemi diventano carne, nervo: l'uo– mo completamente distinto, addirittura marchiato d'una dolorosa divcrsiià, entra in contatto col cuore segreto del mondo, assente e centrale vive in sé il destino gene– rale: la sua carne, il suo nervo sono simboli. Quanto più è solo e ne soffre, tanto più testimonia. Lo vediamo in Sbarbaro. Il suo dolore e il dolore del mondo sono diven1a1i a sua insaputa un solo dolore. La sua solitudine e la so– lirndine d'ogni uomo sono :,tate subito una, irrimedfa– bile solitudine. Puro lirico e umilissima creatura, eppure egli non ha mai preteso e inteso generalizzare, ha par– lato di sé a se- stesso, si è parlato dentro, e quando non era poeta non esis1e,•a per nessuno, chiuso e lontano co– me una stella a sopportare il nero peso della notte. Ma quando era poeta egli dive– niva, nell'attimo stesso, in– consapevole, un testimone. Non ha voluto, ha ottenuto: è qui il segreto, che è il se– greto dei poeti. Non p1·ofeta, non ribelle, ma testimone, con l'antica yjolonza jroposta dal desti– no ai testimoni: c:.traniati dalla· ~fta; Scelti ad un com– pito che li distrugge come uomini: che sono ciò che glt a/lri non sono e non sono ciò che gli altri sono, o al– meno voa-liono essere e cer– cano ogni giorno di essere, seguendo il sogno e il d~ siderio; simbolj contran; uomini rovesciati come guan– ti, con la carne e i nervi scoperti, palpitanti. I.a poesia mette ogni tanto un punto formo alla sua sto– ria, nel riflesso della stona: sceglie la vittima, fa immola. Ecco Sbarbaro, uno che ha pagato. Che non e nel tempo perché il rempo è andato ol– tre di lui senza trascinarlo e quasi neppure lambirlo; che è il grande assente del 900, un poeta sulla cui esistenza fisica sin dai tempi della • Voce• si sapeva poco o nulla e pochi sanno tuttora, e ne'.ssuno dice, quasi s'in– tuisse che essa non conta: éppure sta là, renna, all'al-:: tra capo del mondo, tra 1 ficheni che testimoniano il naufragio dell'Atlantide, e rappresenta di noi quel che resterà dopo le nebbiate del– l'apparenza. E sembra ns>n abbia mai vissuto, perché la disperazione che precede la esistenza le taglia ogni di– ,,enire storico, eppure ci di– co cose che abbiamo sentito solo vivendo o ricordando )ntensamente, ha tradolto nella lingua piu chiara sen– timenti oscuri, ullimi. L,uomo avvilito Jn lui l'uomo è stato su– bito negalo, trasceso, quasi avvilito. Non era, già all'alba di se s1esso, che poesia, che mortale poesia vivente. Un classico della chiara sempli– cità sull'ultima spiaggia del romanticismo, una lucidita solitaria ai limiti ultimi d\m mondo torbido, malato, as– surdo: Sbarbaro è nato do– po il mondo che .(forse) po– teva vivere, 1estimone di t.:n impossibile, di un mai più e non ancora. Per quant.:> l'uomo italiano è qualcosa di ritardato, una fatale ripei!– zione fisica al di fuori della storia, la continuazione esau– sta d'una vicenda lineare che non ha avu10 curve od acm!, ma puro proseguimento e puro assurdo rimpianto, per tuuo ciò Sbarbaro è poeta ilalianissimo, come Campan.o e Montale, in questo secolo. e Leopardi nell'altro, già eali nato in ritardo, testimone fuori del tempo. Jammes, né alt1i riuscirono a far capire all'intelligentissimo Gidc che )1 cattolicesimo è tanto più arduo da conquistare quanto più lo si affronta armati di argomentazioni e di luoghi comuni G.Ontro la fede, con1ro la Chiesa e contro i fedeli. - ., Ahimé - gli scrive Claudel - se voi attendete per convertirvi, GJLJC SCRJl'Jl~'JfORJl E JLA JL ][ lB E R 'Jl' A ·sono questi i segnali lu– minosi della italiana • ,·ia della disperazione"'• i po~ti della grande crisi, che cor D'Annunzio ha tentato la so– luzione più ribelle e insieme più inutile, perché nel ma– gnifico tentalivo è uscila ad· dirittura di storia e ora è là, perfetta e distante come un sogno. Per i • poeti neri » Ja storia non esiste, e solo la poesia empie il vuoto: la vita è una maledizione e w1a colpa, una decadenza solo consolata dalla compagnia della disperazione: la vita e un male. che og11i cattolico o sedicente cattolico, vi appaia come w1 * ' santo, a he11 l1111ga ttesa dbvete rassegnarvi. Ancora oggi, è :;.otto gli sp111ie le deformazioni più schifose che si nascu11de il vblto del Salvatore». Chi può intendere, intenda: non certo Gidi! poteva intendere questo linguaggio; né in verità lo può inle·ndere veramente chi non fa pane della Chiesa: ché cattolici non si può essere che a questa condizione e in un solo modo; e d'altra varie si è liberissimi di non esserlo ... (Ma forse questa terribile libertà è un altro .dramma, in particolare pe1_– chi intende - e sono i più - la libertà come strn111c1110 d1 comodità, di co11fort temporale politico e intelle1tuale e non di conquista spiiituale e trascendentale). Ora Gide non ha mai capito nulla del ca1tolicesimo e Claudel ha impiegato molti 'anni a capire che Gide non voleva e non poteva com 1 ertirsi: eoco il mistero o il dramma, lo si chiami come si vuole. Cede pecore - si è fatalmente indoltì a pensare, illuminati dal caso Gide - bisogna rassegnarsi a lasciarle smarrirsi perché lo smarrimento sembra essere la loro vera vocazione e fa pai;te delle loro maggiori e quotidiane delizie Albert Luthuli, Nobel per la pace Si comprende tutta, 1 ia che Claudel non rinunciasse alla conversione d.i Gide sol che si rifletta che nessun cattolico integrale può disinteressarsi delle sorti e della salvezza dei propri simili e tanto meno dei propri amici. Claudc\, cattolico per costituzione oltre che per educazione, esperienza e sa– pienza, non' poteva non freme,·e e sof(1;re seguendo il corso delle sconibande e acrobazie di Gide: il quale, era tanto pili vicino all'a.bisso, quanto più granqi apparl\ 1 ano ed erano le sue po~sibilità di muoversi con diabolica agilità nel mondo dei, miti e delle idee. Ripeto: a nessun vero cattolico può essere indiffei:ente la sorte del prossimo; quasi che a• salvarsi soli,, - (secondo la felice espressione di Rops) - « non ci sin gusto »•• Ed è in virtù dì questo alto e attivo spirito di frater– nità e di volon1à•di amore e di armonia che Claudel sembra aver assistito, accompagnai-o e anche maltraltato Gide nel– l'ansia e nella speranza di vederlo rientrare all'ovile. Certo Gide non era tipo da tollerare mollo a lungo di essere assi- stilo e amato a quel modo: ma se Claudel a,•eva torto da una parte. aveva il didlla. di speraré d.:lll'altrn, perché se è vero che Gidc era un· insofferente e un ribelle ad ogni specie di disciplina e di costrizione che non fosse di suo gusto, è anche vero che non si difendeva da una certa disposizione, 'anzi I da una passione quilsi morbosa a tr,lltare e a manipolare - (come assillato da segrete e autentiche inquietudini e solle– ciiazioni d'o,·dine religioso-e morale) - soggetti e temi di natura sacra. Nessuno sc1·iftore moderno ha. infatti, pili di lui - (tocchiamo qui il centro del suo dramma di uomo e di artista) - trattQ più spunti e pretesti dai testi sacri per imbastir'e à!'thilCttare e organare drammi, apologhi, romanz.i e saggi. Nessuno più di Giàe ha saccheggiato il campo biblico, scegliendo i passi. gli episodi. le parabole che più solleticavano ed t...>ccita,,ano le sue vedute di esteta e di esegeta prima che le sue aspirazioni di mistico. Nessuno scrittore laico si è servito ed Irn attinto con !anta avidità ed insistenza alla fonte dei lesti sacri conferendo quasi a tutti \leste ed espressione. ere– ticali, ..(rutto .della sua. Pi\ttiçolare çd jl"),'.incibile tendenza a de'natarare e: in'torbida"re· anche ·q'ucl ·che è puro e lineare. Nessuno, infine, degli scritttori moderni ha nominalo con maggiore frequenza ·c in tanti modi diversi il nome di Dio invano, e ncssuno•più"di-lui se n'è tenuto - come si è andato vedendo - più decisamen1e ed orgogliosamente lontano. Gide eralontano e Un poeta come voi• - gli scrive Claudel nel 1908 - « è farro per intendere il mistero della libertà nella grazia, che e tutta la tesi dell'arte e dilla reologia insieme•· Ma' Gide era lontano e ne. r.es.ierà per tutta la vita, a dispetto di certe apparenze ·e di certi atteggiamenti pseudomistici e romantici, da una concezione, da una visione così spaziosa, ariosa e spil"ituale della libertà. Si è vistq che a lui non intcrcSsti.va in: fo}1do ctie la licenza - nell'azione nel pcn– sjerp _e •ncllç opere - sapienlcmente acconciata e trasfigu– rala dalle preziose ed ingannevoli vesti della sua scrittura di artista ,alla quale lo stesso Claudel non esitò a rendere omaggio scrivendogli: • .. .le prestig~ d'11n style admirable q11i s'insinue en vous comme 1111a liq11e11remvrante et cha- leureuse • (1909). . . ~· proprio e pcecisamel)Je ne! prest1g10 ._del __suo • style admirable • che si nasconde non solo la vanab1htà estrema e, più che sosp<:tta - eq,~ivoca --:-- deU'.-itin.~ralio interiore di_ Gide ma addmttura la msurnc,enza e I mcoerenza - pe1 grande che tosse il suo ingegno - del suo organismo svi– rituale e morale. Dopo avere scoperto segnalato e cele,brato in quasi tutti i suoi• scritti con il fervore e l'originalità che gli erano consuete, Ja bellezza e la c_e~tezza del seguo dello spirito,· il baaliore, l'immaa-ine_ del d1vmo che _ l'~?'!lO porta in s~.--Q~~S(l!.o_~_-?._~~-aus_.!.~ ~IC_ll;?,dalla sens1bilita attenta L a notizia dell'assegnazione del Premio Nobel per la pace ad Albert Luthuli è stata accolta con grande soddisfazione in quasi tutti i paesi del mondo'; •ma nel Su<I Africa, terra natale di Luthuli, i fautori dell'avar– theid sono rimasti quanto mai sorpresi del fatto che egli sia state- insignito di questa onorificenza. La cosa, se da un lato costituisce un sintomo della fama sempre piì.t estesa di cui· Luthuli gode, dall'altro consente di rendersi pienamente conto cli quanto il Governo nazionalista e i su6i sostenitori manchino di sensibilità e di ogni vero contatto con l'opinione pubblica mondiale. li mutamento d'atteggiamento dell'opinione pubblica rn:;i cònfronti 'dì Luthuli si è prodotto a ritmo rapido. , Quando egli. ch'era stato fino a poco prima Presidente - genernk del soppresso Congresso Nazionale Africano, ,,en– ne assegnato al confino nel suo villaggio natale per im periodo di due anni, al tempo del provvedimento noto col nome di • Legge per la soppressione del comunismo )I (S11ppressio11 of Co111m1mism 1tct), la stampa europea del Suci Africa relegò la notizia in un angolino in fondo ad una qualunqtie pagina dei giornali. Due anni più tardi, quando Luthuli venne diffidato dal frequentare, per un pc- Albert Luthull >Vi.sto da Draguteacu di llONAf.,D SF,GAT.1 riodo di due anni, qualsiasi riunione o manifestazionepub– blica, gli stessi giornali non dellero all'avvenimento più spazio di quello da essi generalmente riservato 3ll'arrivo nel paese di un qualunque maggiore o colonnello inglese. ~c_l 195$ Luthuli ricevette· un'altra visita della polizia po– lit1ca, che gli recava un decreto del Ministro della Giu– stizia con il quale gli vcnivt1 riconfermato il confino e la proibizione di partecipare a pubbliche riunioni per un periodo di cinque anni. Allora la stampa europea esplose: titoli cubitali e migliaia di articoli di fondo vennero de– dicati• all'avvenimento. La cosa ru in parte dovuta al cambiamento che si era nel (rattempo verificato nell'immagine che i bianchi si fa– cevano del Congresso Nazionale Africano. Negli anni pas– sati, a partire dal 1952, il Congresso a,,eva promosso una « Campagna di sfida• la quale aveva costretto i bianchi a farsi allenti a quanto accadeva sulla scena politica; aveva inoltre organi1.zato una serie di scioperi a catena che erano riuscili a paralizzare la vita di larghi settori dell'industria e raccolto i frùtti élei riusoito boicottaggio degli anni '56 e '57, quando più di 60.000 africani avevano pi;efcrito farsi a piedi venti miglia al giorno per raggiun– gere i pos1i di lavoro piuttosto che accettare l'aumento di un penny a corsa sulle tariffo dei pullman, costringendo così il Governo ad assumersi lui l'onere dell'aumentato costo dei trasporti. Infine, fattore più importante di tutti gli altri, gli arre– sti e i processi per tradimento del dicembre 1956 avevano consentito di valutare la for1.:a rapidamente crescente 'del pensiero politico africano organizzato. 11 Sud Africa « bian– cò • si senliva molto meno sicuro di se ste&so nel 1959 di quanto non lo fosse nel '52 o nel '54. Le arterie dell'apar– lheid si ispessivano di giorno in giorno, c'era da temere che una trombosi avrebbe prima o poi stroncato l'esisten– za della supremazia bianca, e il movimento di massa dei ~~s~i~i~ 0 di ~~~c~~p~~:i~~~~a umci;y;_se.,~~l~~~a 1 ·1~sp~;6°na~z~ che la cosa ebbe sulla stampa bianca fu dovuta, oltre che a queste elencate, anche ad altre cause. Il personaggio Luthuli non aveva fatto, in quegli arini, che crescere nella considerazione dei bianchi del Sud-Africa, tranquillamente ma risolutamehte, tanto che ora l'esilio e la segregazione che lo avevano colpito appalivano come l'atto di una ti– rannide in preda al terrore conu·o una tendenza moderata, come la condanna all'esilio e la messa al bando dell'intera vita democratica, poichè l'eccezionale personalità di Lu– thuli aveva decisamente superato la barriera del colore. E quando, due anni fa, Luthuli cominciò per la prima vol– ta a parlare in pubblico, a Cape Town, gli apatici bianchi della penisola si riscossero per andare ad ascoltare e ad applaudire i suoi discorsi. Erano un nubvo c1;stianesimo e una nuo'va Africa quelli che sentivano vivere nelle sue parole. In una riunione tenuta recentemente, dopo il con• ferimento del Premio Nobel, egli è stato salutato come ., il futuro Primo Ministro del Sud Africa». Luthuli è nato in un centro di Cristianesimo: la sua tribù, uno dei tanti dispersi residui dell'un tempo invin– cibile impero Zulu, fu conquistata alla fede da una mis– sione Congregazionalista stabilitasi in quel tenitorio; e Luthuli, nipote del capo allora al potere, ricevette fin da fanciullo quell'educazione che gli sarebbe stata più tardi tanto preziosa per assolvere alle responsal:Hlità assunte in seno alla tribù. Dalla scuola della missione egli passò in seguito al Collegio Adams, Ja scuola secondaria della mis– sione americana, dove compì gli studi, divenendo egli stes– so insegnante. Fermatosi, dopo il diploma, presso il Collegio Adams per insegnarvi storia e letteratura, egli era fermamente deciso a proseguire la sua carriera accademica quando quindici anni dopo la sua nomina a professore, gli venn~ richiesto dagli anziani del suo popolo di assumere la ca– rica vacante di capo tribù. La cosa dovette sembrargli, sul momento un'abdicazione a tutte le sue più audaci am– bizioni - un soffocante rinchiudersi nell'angusto modo trì- baie, con le sue piccole beghe, le prediche domenicali e la disperata e interminabile lotta per accaparrarsi i frutti di una terra ormai sfruttata. Per due anni egli esitò poi decise. La sua religione, non meno che l'attaccamento al suo popolo, lo convinsero di accettare. Per diciassette anni go>•ernò a Groulville, presiedendo alle assemblee degli anziani ed alle interminabili discus– sioni di fronte ai bicchie1; colmi di birra e cercando con infinita pazienza ,di rinfrancare gli animi 1disorientati della sua semidistrutta tribù. Nel frauempo, l'ascesa politica del popolo atricano con– tinuava, finchè finì col travolgere anche il piccolo mondo tribale di Goutvillc. Dopo aver fatto parte per alcuni anni di diversi comitati per le relazioni interrazziali, nel 1946 Luthuh divenne membro del Congresso Nazionale Afri– cano, assurgendo ben presto alla carica di presidente della Dhrisione provinciale del Nata!. Fu una decisione deter– minata sia dal suo cristianesimo sia dall'attaccamento alla propda gente. Nel 1952 il Congresso Nazionale Africano lanciò la • Cam– pagna di sfida», un'offensiva organizzata contro le leggi discriminatorie, sferrata in segno di protesta contro la odiosa tirannia dell'avarll,eid. Luthuli .non fu personal– mente arrestato nè imprigionato, ma dette il suo appog– gio incondizionato sia alla campagna sia a coloro che vi presero parte attiva. Come cristiano, sentiva di, non poter obbedire a leggi che costituivano un oltraggio per la sua dignità di uomo; e come a(ricano, non aveva mai pensato, neanche per un momento, di poter vivere lontano dal suo popolo, estraniato da esso ed indifferente alle sue soffe– renze e alle sue lolle. Come Gandhi, di cui ha ripetuto in parte le vicende, specialmente quelle giovanili, Luthuli crede nella resistenza non violenta, non solo come tattica d'opposizione politica, ma I ancora pili come fon.a spiri– tuale in sè. La reazione del Governo non si fece attendere a lungo. Condannando la resistenza attiva a qualsiasi legge come un gravissimo criniine, punibile con parecchi anni di pri– gione, con forti multe e perfino con la tortura, smorzò l'impeto della • Campagna di sfida» e Ìn ottobre, quattro mesi dopo che essa era stata lanciala, inviò a Luthuli l'or– dine di recarsi immediatamente a Pretoria, dove gli ,,enne ingiunto di dimettersi immediatamente dal Congresso e di abdicare al proprio titolo di capo. Luthuli non fece né l'una né l'altra cosa, e alla metà di novembre, il governo tranquill{lmente annunciava alla tribù che A!bert John Lu– thuli era stato deposto. Larisposta di Luthuli In r_isposta Lu1huli scrisse quanto segue: • Chi potrebbe negare che trent'anni della mia vita sono stati• spesi b~ttendo invano, con pazienza, con discrezione e con modestia ad una porta chiusa e spietatamente sbar– rata? Quali sono stati i frutti di questa mia moderatez.za? In questi ultimi trent'anni abbiamo visto varare un nu– mero enorme di leggi restrittive dei nostri diritti e con– trarie al nos_tro progresso, tanto che, oggi, si può affer– mare che noi non godiamo pili di diritto alcuno. E' alla luc~ _di questi fatti e per un_a_lto senso delle mie respon– sab_1htà c_he, sotto gh ausp1c1 del Congresso Nazionale !',fricano. !O_ho fatto c~ttsa co1:1une con il ~~o popolo nel nuovo spinto che oggi lo amma, uno spinto di aperta e coraggiosa rivolta contro l'ing"iustizia, che sa ·esp1;mersi in modo deciso e al tempo stesso non violento. Che cosa il_ futur? mi riservi,_ io non lo so. Forse il ridicolo, o la pri– gione, JI campo d1 concentramento, le torture l'esilio o perfino, la morte. Prego soltanto l'Onnipotente' di rinsal~ dare la mia determinazione affinché nessuna di queste tre– mende possibilità possa distogliermi dal lottare per il destino del nostro amato paese, l'Unione, iI;J senso sostan– ziale e non soltanto fo1ma1e; di tutte te comunità del paese». Poco tempo dopo, egli ,,eniva eletto Presidente gene– rale del Congressp Nazionale Africano, posto che tenne fino a· quando il Congresso stesso non fù disciolto. Quel che l'uomo senza no– me vh 1 e ogni giorno, che .;i dice distratto o non si dice impaurito, che una religione gli ha iniettato, un costume gli ha imposto, l'esperieroa infine ha dimostrato essen– ziale al di là delle apparen– ze e delle velleità, tutto ciò il • poeta italiano» esprime, e vòlto a se stesso comunica anche con chi non l'intendt, lo testimonia anzi davanti al– la storia. I poeti più grandi son quelli che fanno gridar~: lo sapevo! a chi nulla sa, che conquistano dentro al :r:! 0 ~ec 1 in:~ie,~~~~~J'J~c~~~ le conferme, si può dire, d'una intuizione collettiva. La personalissima esperienza di Camilla Sbarbare e Io spec– chio d"una maledizione esi– sten1Jale che la nostra cul– tura è forse venuta ultima a capire e definire, che già apparieneva alla coscien7..a comune, eredità fallimentare. Il &uo linguaggio )I suo linguaggio è nudo, elementare, popolare; non suggerisce altri significati che quelli dichiarati, altre solu– zioni che quelle definite con lucido scoramento. La for- ~~n11p~~Ì~o~a~l 0 ~:pfto?~rt~~ ciato in sillabe d'una vicenda ~enza scampo, ossessiva, che m se stessa esaurisce e un infantile disperarsi e un vi– rile acconsentire. Nulla può essere aggiunto da fuori, tut• 'to vi è già consumato e sof– f~rto_. Non occorre al poeta nsahre alle cause, che si fon– dono con la sua esistenza: l'impegno è sulla più sincera ~~~~~~~~~~ d:itl!u~f;:tti~uU~ più sconfortala autodefini- zione. ' Il blocco in lui preceO.e la vocazione, affonda nell'infan– zia, fa tutt'uno con l'esistere. Con Primiiie si è già definito oell'acerbo di quella -prima~ vera sono già present.i e le-' ganti la maturità e la ,•ec– chiaia, la. vita.. Non poteva esserci che decadenza da al– lora, sentimento di decaden– za. Come se nell'attesa della vita la vi1a si fosse bruciata: ~~s~: e~~e: 1 ~1!~ ~~~. ~i tft~: li testimoniano esemplar– mente. Pianissimo è il ,,ero ti1olo ctavvi<;>, tutto un program– ma d1 . m_odesto, timido ap– parra:s1_ I? quel tempo di ., for11ss1m1•. tonanti da tca– lri a trincee, ~piazze a par- contlnua a pa1, 6

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